Yanis Varoufakis durante una riunione del Consiglio dell'Unione europea, a Bruxelles (foto LaPresse)

Teoria glamour vs tecnocrazia

Francesco Forte
Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze greco, è una star dell’economia della sinistra impegnata, un po’ come Thomas Piketty, reso popolare dalla sua tesi secondo cui il capitalismo ha accresciuto le diseguaglianze.

Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze greco, è una star dell’economia della sinistra impegnata, un po’ come Thomas Piketty, reso popolare dalla sua tesi secondo cui il capitalismo ha accresciuto le diseguaglianze. Piketty ha poi formulato la proposta di una patrimoniale mondiale ma ha fatto un buco nell’acqua perché per passare dalla teoria glamour ai fatti ci vuole la grigia tecnica, che gli manca. Varoufakis pensava che avere avuto facile successo come star da rotocalco gli avrebbe agevolato il compito di ottenere nuovi sostegni finanziari senza sottostare alla disciplina dei creditori internazionali. Ed è da presumere che l’abbia pensato anche il premier Alexis Tsipras, che lo ha scelto come suo braccio destro. Ma il burbero ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, che spesso raggiunge intese accettabili per entrambe le parti, questa volta, dopo un crescendo di battibecchi, ha dichiarato che Varoufakis è bravo nel comunicare ma tecnicamente ingenuo. In effetti ha presentato proposte astratte, poco credibili, niente di operativo. Gli mancano i “peones” burocratici in grado di individuare i buchi nelle entrate e i bubboni nelle spese. Il ministero delle Finanze è come una grande azienda. Quando fui nominato ministro delle Finanze e mi insediai (1982) chiesi quanti addetti aveva il dicastero, comprese le dogane e la Guardia di Finanza, e mi fu detto 110 mila, cioè più dell’Eni ove per anni avevo lavorato come esperto e poi nel vertice. E immaginai le imposte come il fatturato di un’impresa e le spese del governo come quelle delle aziende tessili che mi consegnavano da ristrutturare, mediante “operativi” (non cattedratici). Il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea, la Commissione Ue, le direzioni centrali delle grandi imprese, sono “conventi” e ogni convento ha i suoi codici scritti e non scritti, le sue divise, i suoi tic umani. Non ci si deve presentare come intellettuale, ciò equivale a fare supporre che loro, invece, non lo sono.

 

Avere la camicia sbottonata ed essere senza cravatta, come piace a Varoufakis, viene poi preso come mancanza di rispetto di un codice non scritto per l’istituzione e le persone a cui ci s’avvicina. Gli esperti del Parlamento e della burocrazia sono disposti a collaborare se s’instaura un rapporto “bilaterale”. Vige, nel popolo del Parlamento, la regola di “rimandare l’ascensore” e quella di spingere il bottone per gli altri, quando loro ne hanno necessità. Quando, da ministro delle Finanze, l’opposizione stabilì l’ostruzionismo a un mio decreto fiscale omnibus, molti del Pci che dovevano fare resistenza mi vennero incontro facendola solo pro forma, perché da presidente della commissione Industria avevo tollerato l’arrivo in ritardo di quelli che dovevano usare il bagno del Parlamento: nell’albergo convenzionato in cui il partito li alloggiava, c’erano servizi inadeguati. E li avevo aiutati nella dichiarazione dei redditi, modesta, perché il partito prelevava una quota elevata della loro indennità. Bisogna sapere trattare.