Nel regno dell'armonia basta un millimetro per perdere la gloria Il giro con il campione del mondo, la belle vie che si stringe le mani ai lati del campo verde, la storia che si respira tra gli ostacoli. L'equitazione come un quadro

Il giro con il campione del mondo, la belle vie che si stringe le mani ai lati del campo verde, la storia che si respira tra gli ostacoli. L'equitazione come un quadro

Luca Gambardella

    Dopo quel largo, vedi? Ecco dopo quello c'è un verticale che ti assicuro, è il più difficile di tutti. Qui molti sbaglieranno. Credo sia meglio tenerlo il cavallo, qui, per evitare di farlo andare lungo”. Lo sguardo del campione del Mondo segue tutto il percorso, interseca le linee immaginarie che tagliano il campo di gara. Con le braccia mima il movimento delle redini. Inarca la schiena e le gambe, a simulare la postura da tenere in quei cinque metri che separano la riviera dal verticale. Allora gli occhi azzurri di Jeroen Dubbeldam seguono il bordo pista, dove i tavolini stanno per riempirsi. Si ferma e dice: “Qui è davvero incredibile... C'è tanta, tanta storia a Piazza di Siena”. E' lì che il campione riconosce il suo pubblico, quello che appartiene al suo mondo. Li guarda, sorride e ripete: “Tanta, tanta storia”. Stare in mezzo al campo gara, a pochi minuti dall'inizio del Gran Premio Rolex di Piazza di Siena, è un po' come ritrovarsi su un'isola fino a quel momento sconosciuta, lontanissima dalla terraferma. Che senso ha oggi questo concorso che ha fatto la storia dell'equitazione internazionale? In quest'angolo di Villa Borghese l'eleganza degli elementi si manifesta a ogni angolo e riporta a uno stato di grazia che Roma, il regno più vasto che la osserva da lontano, sembra avere dimenticato.

    Il cavaliere è già in sella. Va al passo con lo sguardo basso e sembra scrutare davanti a sé, come se volesse mettere a fuoco un punto indefinito lungo il collo del cavallo. Cerca la concentrazione giusta negli ultimi secondi che lo separano dall'ingresso sul campo di gara. E' lì che succede il miracolo. Piero D'Inzeo, il mito che per un tempo troppo lungo ha lasciato orfana di un maestro la nostra equitazione, disse che il salto ostacoli “è una questione psicologica più che altro”. In quei secondi che scorrono concitati e placidi a un tempo, cavallo e cavaliere si cercano, si studiano, come se provassero in quegli ultimi istanti a decifrare le rispettive sensazioni. Infine si parte. La corsa verso ogni ostacolo è fatta di tanta empatia tra uomo e animale. E' la naturale, impareggiabile eleganza del salto a ostacoli. Uno, due, tre, quattro. Il cavaliere tiene, carica, ascolta il cavallo e poi via, si va a saltare, sospesi in aria, con una sensazione che riempie il petto di libertà. Se fosse una forma geometrica, quel volo sarebbe un cerchio perfetto. Questo è il salto a ostacoli. E' Piazza di Siena.

    Ma come si usa fare quando si contempla un quadro, dove ogni dettaglio serve a capire se quella tela ci stia parlando davvero del suo tempo, anche per questo concorso storico vale lo stesso. Giacche e cravatte, tacchi e borsette, tutti tirati a lucido, si incontrano e si stringono la mano, scambiano qualche battuta tra di loro. Si riconoscono, insomma, mentre danno tocchi di colore alla belle vie ai lati del campo verde. Tutto, fuori e dentro il circuito, è armonia. Tanto che l'indulgenza è d'obbligo anche laddove l'eleganza è ostentata. E se poco oltre quegli alberi popolo ed élite si interrogano ciascuno sulla propria natura e si guardano in cagnesco l'un altro, qui la crisi di questi anni disgraziati somiglia piuttosto a un logorio lontano, che lambisce appena la Casina dell'Orologio di Villa Borghese. Tra i tavolini a bordo pista, la scelta su chi appartiene a quale mondo è stata già presa. Tutto questo al campione Jeroen sembra interessare poco. Lui viene dall'Olanda, dove l'equitazione è uno sport per tutti. E allora continua a camminare tra gli ostacoli e la sua attenzione è tutta sul percorso.

    Così, lì in mezzo al campo gara, l'israeliano Daniel Bluman svolazza sugli ostacoli, spinto in alto da Ladriano Z. Nessuno si aspettava un suo successo, e lui sembra rendersi conto dell'impresa mentre termina il barrage con un percorso netto, velocissimo. Sembra quasi che un'aura di allegria lo segua fino alla fine del percorso, con un raggio di sole che decide di farsi largo tra le nuvole per illuminarlo fino all'arrivo. Un sorriso grande, finalmente, e quindi gli applausi. E' vittoria. Gli altri protagonisti del Gran Premio sono Luca Marziani e Tokyo du Soleil. Una storia bella dietro a questo binomio campione italiano, con il cavaliere che ha quasi addestrato da solo il suo cavallo. Un atleta semplice e tenace, tra tanti spacconi che, come nel mondo reale, talvolta spuntano anche nei circoli dell'equitazione. Percorso netto alla prima manche. Gioia ed esultanza perché il traguardo è lì, a portata di mano. Poi, al barrage, ecco che la psicologia di cui parlava D'Inzeo ci mette lo zampino. Marziani vuole vincere, è chiaro. Si vede da come carica Tokyo davanti a un ostacolo prima ancora che inizi il percorso. Parte e va tutto bene, sembra quasi fatta. Poi, al penultimo ostacolo, un'inversione troppo stretta per guadagnare qualche centesimo di secondo e i due non si capiscono più. Quattro penalità, ma anche la consapevolezza che la differenza con Bluman sta nell'ordine del millimetro. Nel regno dell'armonia basta questo a spezzare un sogno.

    Luca Gambardella

    • Luca Gambardella
    • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.