Una politica economica veramente liberale

Carlo Torino

il trentesimo congresso del Partito liberale segna il principio di un mutamento non solo di pensiero economico, ma di cambiamento generazionale. Cinzia Bonfrisco e Stefano De Luca lanciano una piattaforma di idee che guarda al ceto produttivo e alle imprese. Innovazione, crescita economica, controllo del debito pubblico: questi i temi principali. 

Al trentesimo congresso del Partito liberale e venuta a tracciarsi una linea di politica economica che riflette in profondità le origini antiche del movimento, e a un tempo le esigenze di una modernità incalzante che impone concretezza. Si elaborano, e vengono superati al tempo stesso, i vecchi paradigmi liberali classici dello stato minimo, esplicantesi nelle linee programmatiche di un manifesto che vorrebbe meno spesa pubblica congiuntamente a una riduzione della pressione fiscale.


Una sana presa di coscienza della realtà congiunturale e del ciclo economico, la quale impone un ripensamento radicale delle politiche fiscali, orientandole verso una maggiore sensibilità ai problemi delle imprese e del tessuto produttivo. Un’enfasi venuta progressivamente ad accrescersi, nei tre giorni di congresso, sui problemi delle categorie produttive, e della congiunta necessità di destinare risorse fiscali allo stimolo della produttività e degli investimenti.


Interprete di questo mutamento profondo - morale prima ancora che politico – la senatrice Anna Cinzia Bonfrisco; inestinguibile forza motrice di un’iniziativa che, rigenerandosi nelle idee, non poteva non sospingere verso un necessario ricambio generazionale. La senatrice, insieme al Presidente nazionale Stefano De Luca, viene a rendersi promotrice di un’apertura partecipativa verso volti nuovi di giovani, i quali inevitabilmente hanno visto svanire uno dopo l’altro i sogni di rivoluzione liberale che, da Gobetti in poi, passando per Forza Italia, non altro hanno fatto se non alternarsi senza trovare mai una concreta attuazione nelle politiche economiche.


Questa volta forse le cose stanno diversamente; un’esigenza, fortemente sentita, non solo di occupazione stabile, ma di iniziativa: di slancio imprenditoriale. E di un governo, dunque, che favorisca attraverso le sue politiche una liberazione di quell’immenso patrimonio di innovazione e crescita. Innovazione tecnologica appunto, investimenti, riduzione del carico fiscale complessivo sulle imprese, rilancio della produttività e riforme strutturali. E, soprattutto, privatizzazioni e più Europa. A partire dalle radici profondamente europee di un Partito liberale che vuole tornare ad essere la principale forza politica di mediazione, e laboratorio inestinguibile di idee e di pensiero economico.