Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Cosa vogliono ottenere Corbyn&Co. quando accusano la May sulla Brexit?

Paola Peduzzi

Non lo sanno nemmeno loro. Dopotutto il Labour ha da sempre un grande problema con il divorzio del Regno Unito dall'Ue

Milano. Il Labour britannico ha da sempre un grande problema con la Brexit. Si è molto parlato del fatto che il leader del partito, Jeremy Corbyn, sia sufficientemente euroscettico da aver votato, nel segreto dell’urna, a favore della Brexit: non ci sono prove che confermano questo chiacchiericcio, ma certo Corbyn, che pure è molto rigido nel rispetto dell’ortodossia della sua visione del Labour (ha epurato più volte i “ribelli”), è molto conciliante sulla questione Brexit. Ha detto di non aver mai chiesto ai suoi più stretti consiglieri che cosa abbiano votato al referendum, è una scelta “personale”, noi qui si fa politica.

 

Ma come si fa, questa politica? I moderati del Labour, gli ex blairiani e gli europeisti, accusano Corbyn di non essere efficace nei confronti del governo di Theresa May: l’opposizione, sulla Brexit in particolare, dovrebbe fornire un’alternativa procedurale ancorché ideologica alla road map e alle linee guida fissati dal governo. Considerata la confusione in cui opera Downing Street, il margine di manovra del Labour sarebbe anche molto ampio, ma Corbyn non ne approfitta, per evidenti questioni elettorali – molte circoscrizioni laburiste votarono nel 2016 a favore della Brexit – e per presunte questioni ideologiche. Corbyn è contro i gruppi di potere di ogni forma, che siano Wall Street, la City londinese o la Nato: è facile immaginare che cosa pensi del gruppo di tecnocrati brussellesi non eletti. Ma le questioni personali non c’entrano, c’entra appunto la politica. Ecco allora qui di seguito alcune dichiarazioni degli scorsi mesi rilasciate da esponenti laburisti: basta leggerle tutte in fila – e l’elenco lo ha compilato Red Box del Times – per capire che anche dal punto di vista politico, il Labour ha perso molte occasioni (sempre che si concordi sul fatto che la sinistra britannica voglia invertire o edulcorare il processo di uscita dall’Unione europea).

 

Jeremy Corbyn, leader del Labour, settembre 2016: “Ci sono direttive e obblighi legati al mercato unico, come le regole sugli aiuti di stato e le condizioni per liberalizzare e privatizzare i servizi pubblici, che non vogliamo che siano parte del rapporto con l’Ue dopo la Brexit”.

John McDonnell, cancelliere dello Scacchiere ombra, giugno 2017: “Penso che la gente considererebbe una permanenza nel mercato unico europeo come la volontà di non rispettare l’esito referendario”.

Carwyn Jones, primo ministro gallese, luglio 2017: “Non c’è bisogno di lasciare il mercato unico, anche se lasciamo l’Unione europea”.

Rebecca Long-Bailey, ministro ombra per il Business, luglio 2017: “Se possiamo negoziare la permanenza nel mercato unico mentre gestiamo la libertà di movimento e le altre questioni, sarebbe grandioso”.

Barry Gardiner, ministro ombra per il Commercio internazionale, luglio 2017: “Durante la fase di transizione, un accordo sull’unione doganale potrebbe essere utile. Pure se, alla fine, non è per nulla una scelta attraente”.

Keir Srarmer, ministro ombra per la Brexit, luglio 2017: “E’ fondamentale che siano mantenuti i benefici del mercato unico e dell’unione doganale”.

Daniel Zeichner, allora sottosegretario ombra, luglio 2017: “Sono un europeista appassionato e un politico molto schietto e ho preso la decisione difficile di dimettermi dal governo ombra per sostenere la permanenza del Regno nel mercato unico”.

Tom Watson, vice di Corbyn, settembre 2017: “Siamo convinti che fare parte del mercato unico e dell’unione doganale sia importante nel periodo transitorio perché così è possibile proteggere i posti di lavoro e l’economia e questo potrebbe essere un esito permanente dei negoziati”.

Keir Starter, ministro ombra per la Brexit, dicembre 2017: “Vogliamo cominciare con alternative fattibili, restando nell’unione doganale e nel mercato unico il che significa una partecipazione completa al mercato unico”.

Emily Thornberry, ministro degli Esteri ombra, dicembre 2017: “Dobbiamo uscire dall’Unione europea, ma non è poi così necessario che si vada troppo lontano”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi