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La risurrezione di McDonald's passa per la lotta agli hipster: meno avocado e più Big Mac

Eugenio Cau

Il Financial Times racconta che il nuovo ceo è riuscito a risollevare l’azienda con una strategia semplice: fare quel che la catena sa fare meglio

Roma. Era parso per un momento che McDonald’s, la più grande catena di ristoranti del mondo, sarebbe stata seppellita da hipster e fighetti. Da noi ci sono gli pseudo gourmet con la puzza sotto il naso per cui il fast food è cattivo, unto e politicamente scorretto, e se l’hamburger non è di Fassona con il panino di grani antichi macinati a mano e le cipolle di Tropea caramellate con zucchero di canna bio allora io non lo mangio. In America invece c’è il “fast casual”, vale a dire le catene che costano poco più di McDonald’s, come per esempio Chipotle, ma che danno al cliente l’impressione, spesso l’illusione, di mangiare meglio e più sano. Un po’ dappertutto, questa combinazione di hipsterismo e neosalutismo ha incrinato il dominio di McDonald’s. Il ristorante per famiglie per eccellenza è stato trasformato agli occhi di molti in una fabbrica di ciccioni e cardiopatici, e poi vuoi mettere la differenza tra quella sottiletta di carne che ti rifilano al Mac e l’opulenza degli hamburger gourmet da 30 euro?

 

Da anni le vendite di McDonald’s risentono di questo attacco su due fronti. Negli ultimi cinque anni, a partire dal 2012, McDonald’s ha perso cinquecento milioni di clienti solo negli Stati Uniti, e a partire dal 2014 il crollo delle vendite è diventato così serio che si è iniziato a pensare che forse davvero l’èra degli archi dorati fosse arrivata alla fine. McDonald’s ha risposto alla crisi con soluzioni contrastanti, ma in gran parte ha cercato di imitare il modello del “fast casual”: ha reso i suoi menù personalizzabili, riempito le insalate di avocado, aggiunto spremute, centrifugati e panini con il Parmigiano Reggiano, e soprattutto ha alzato i prezzi, in special modo riducendo la combinazioni e i menù promozionali. Non è servito a niente.

 

Poi, nel 2015, è arrivato alla guida della società Steve Easterbrook, dopo che il suo predecessore aveva fallito nel raddrizzare l’azienda, nonostante l’avocado. Dopo un periodo di assestamento, ieri il Financial Times ha raccontato in un lungo articolo a firma di Anna Nicolaou che Easterbrook è riuscito nell’impresa. Negli ultimi due trimestri le vendite sono tornate a crescere, sotto il suo mandato le azioni della compagnia hanno aumentato il loro valore del 70 per cento e gli analisti fanno tutti previsioni molto positive sul futuro. La cosa interessante, racconta il Ft, è come Easterbrook sia riuscito a ribaltare la situazione. Non con più insalate di quinoa per hipster a dieta, ma chiedendo a McDonald’s di fare ciò che McDonald’s fa meglio: pasti popolari e gustosi a prezzi bassi.

 

Dopo lunghissime ricerche di mercato, Easterbrook ha scoperto che i consumatori che fuggivano da McDonald’s non andavano a mangiare biodinamico: semplicemente andavano da Burger King o da Wendy’s. Non era sparita la voglia di fast food, stava solo venendo meno la voglia di McDonald’s. E dunque: meno avocado e più patatine fritte, più opzioni a buon prezzo, e gli adorati McMuffin, i panini all’uovo che erano serviti solo per la colazione, resi disponibili tutto il giorno. E poi megaschermi per fare le ordinazioni più facilmente, locali più accoglienti, e così via. Ovviamente l’attenzione per il salutismo rimane, ché purtroppo è inevitabile, e al tempo stesso McDonald’s ha sviluppato tutta una linea di prodotti più sofisticati per chi vuole spendere di più. Ma l’intuizione geniale alla fine rimane sempre quella: basta fighettismi, McDonald’s deve fare McDonald’s.

 

Per capirlo, sarebbe bastato che i dirigenti della società guardassero un vecchio video della tv americana, in cui Jamie Oliver, odioso cuoco televisivo salutista, mostra a un gruppo di bambini com’è fatto il famigerato “pink slime”, il frullato di scarti di pollo che la catena usava per riempire le sue crocchette fritte. Alla fine del procedimento, con la poltiglia rosa davanti, Oliver dice ai bimbi americani: alzi la mano chi mangerebbe crocchette fatte con questa schifezza. I piccoli alzano la mano. Tutti, nessuno escluso.

 

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.