Sayfullo Saipov

Chi è Sayfullo Saipov, il killer che viene dall'Uzbekistan

Ha 29 anni e ha vinto la carta verde alla lotteria per la diversity entrando legalmente negli Stati Uniti nel 2010. Abitava a Peterson, New Jersey, un luogo rimasto per anni negli archivi delle fake news a uso di complottisti sull'11 settembre

New York. L’attentatore di New York che ieri ha ucciso otto persone – fra le vittime ci sono cinque argentini e un belga – investendole con un furgone su una pista ciclabile, si chiama Sayfullo Saipov, ha 29 anni ed è originario dell’Uzbekistan. E’ emigrato legalmente negli Stati Uniti nel 2010, ha vinto la carta verde alla lotteria per la diversity e vive nel New Jersey (ha legami anche in Florida e Ohio: gli investigatori stanno seguendo anche quella pista). Ha la patente per guidare i camion in due stati e ha lavorato anche come autista per Uber.

 

Le prime impressioni che si trattasse di un atto terroristico, basate su elementi ricorrenti immediatamente riconoscibili, sono state poi corroborate da molti altri dettagli. Saipov è sceso dal veicolo gridando “Allahu Akbar”, aveva due pistole ad aria compressa per essere certo che la polizia lo abbattesse, garantendogli lo stato di martire. Nel pick up a noleggio che ha usato per l’attentato hanno trovato un foglio in cui presta il giuramento di fedeltà allo Stato islamico, passaggio necessario nella logica dell’affiliazione al Califfato per i combattenti che non sono stati addestrati e inviati direttamente dalla Siria o dall’Iraq, ma si sono radicalizzati al punto di commettere attentati in solitaria.

 

Lo Stato islamico non ha pubblicato tempestivamente una rivendicazione, ma con la recente crisi sul piano militare e delle risorse il gruppo che qualche anno fa era meticoloso nel provare la paternità degli attacchi ha finito per esagerare e tradirsi. Sono stati rapidi, ad esempio, nel rivendicare la carneficina di Las Vegas, dove il terrorismo islamico però non c’entrava nulla. Non era il primo tentativo di intestarsi stragi commesse da altri. Nel caso di New York sono stati invece più cauti.

 

Sia la nazionalità sia la residenza di Saipov sono significativi. Secondo un report del Soufan Center pubblicato qualche settimana fa, la maggior parte dei foreign fighter che si sono uniti allo Stato islamico proviene dalle ex repubbliche sovietiche e il movimento islamico uzbeko ha dichiarato il suo sostegno ad al Baghdadi già nel 2014. I giovani che provengono da quelle parti sembrano particolarmente sensibili ai richiami del jihad. L’Uzbekistan non è però nella lista dei paesi inclusi nel “travel ban” di Donald Trump, che ieri ha “ordinato al dipartimento della sicurezza nazionale di inasprire il nostro già estremo programma di vetting” e ha scritto su Twitter che “essere politicamente corretti va bene, ma non per questo!”.

 

Saipov abitava a Peterson, cittadina del New Jersey con la più alta percentuale di musulmani in America, seconda soltanto a Dearborn, sobborgo di Detroit. E’ nata a Paterson la leggenda giornalistica secondo cui un gruppo di musulmani era sceso in strada a festeggiare l’11 settembre del 2001. Sarebbe rimasta negli archivi delle fake news a uso di complottisti e arrabbiati se per anni Trump non l’avesse spacciata per vera.