Papa Francesco (foto LaPresse)

Così il Papa vuole aprire le porte dell'Europa

Redazione

Sì allo ius soli e ai corridoi umanitari, no alle espulsioni collettive e arbitrarie. E' il contenuto del messaggio di Francesco per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato

Sì allo ius soli e ai corridoi umanitari, no alle espulsioni collettive e arbitrarie. A pochi giorni dagli attentati in Spagna, che hanno reso sempre più urgente il tema dell'integrazione riproponendo i fallimenti del modello di società multiculturale, Papa Francesco ribadisce che le porte dell'Europa devono restare aperte. Il discorso del Pontefice – il cui testo è stato anticipato oggi dalle agenzie di stampa – sarà rivolto in una occasione simbolica per la gestione dei flussi migratori, quella della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato che si terrà il prossimo 14 gennaio.

  

"Nel rispetto del diritto universale a una nazionalità – scrive Francesco – questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita". L'invito del Papa va anche oltre l'introduzione di una legge sullo ius soli: il processo di integrazione va favorito "attraverso l'offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese". Il riferimento è anche allo ius culturae, che il Papa manifesta chiedendo che sia riconosciuto il diritto a completare il percorso formativo. 

  

Oltre all'apertura di corridoi umanitari ai “rifugiati più vulnerabili”, per il Papa "è desiderabile un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare”. Visti che dovrebbero essere estesi anche a chi scappa da conflitti “nei paesi confinanti”. Tutte queste persone dovrebbero essere “accolte e protette” dando loro la possibilità di realizzarsi in tutte le dimensioni “che compongono l'umanità”, compresa quella religiosa, per cui andrà garantita “la libertà di professione e pratica”. Un messaggio di tolleranza che sconfina nella condanna dei rimpatri, quando ritenuti “arbitrari e collettivi”: "Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali".

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