Jérôme Fenoglio, direttore del Monde

In redazione a Parigi

Tutto è “inedito” nel voto in Francia, ci dice il poco macroniano dir. del Monde

Paola Peduzzi

Fenoglio ci racconta i “mai visti prima” della campagna e quel centro di cui tutti parlano su cui lui è “scettico”

Parigi, dalla nostra inviata. “Mai visto nulla di simile”, dice il direttore del Monde, Jérôme Fenoglio, confermando questo senso di prima volta un po’ spaventosa e un po’ promettente che qui in Francia aleggia ovunque. Le sorprese, da ultimo, non sono state rassicuranti, oggi c’è la prima volta della Brexit, da settimane ci occupiamo della prima volta con Donald Trump, show darwiniano di qualità scarsa: ora tocca ai francesi, e Fenoglio non ha l’aria di divertirsi più di tanto. “Ci sono alcuni fenomeni che si sono consolidati – dice – il primo è ovviamente l’ascesa di Marine Le Pen: nel 2002 la vittoria del Front è stata una sorpresa, uno choc, una vittoria con uno scarto minimo, oggi invece siamo qui a cercare di capire quanto grande è il potere della Le Pen”.

 

Secondo il direttore del Monde, la Francia “è diventata un paese molto più di destra, più conservatore”, e pensare che il 2012, soltanto cinque anni fa, non un secolo, con la vittoria di François Hollande debuttava la Francia rosa della sinistra. “Anche Hollande ha contribuito a questo spostamento a destra – dice Fenoglio – introducendo un approccio economico liberale, che ha spostato il centro più in là, verso destra: Manuel Valls, ex premier, non si può definire del tutto socialista. E invece l’attuale leader del Partito socialista candidato all’Eliseo, Benoît Hamon, viene percepito come estrema sinistra, un radicale: è soltanto un socialista, è quel che è intorno a lui a essere cambiato”. Se a questo “dérapage” si sommano gli attentati terroristici e lo stato d’emergenza, “si comprende perché parlo di un paese di destra: la richiesta di ordine e di sicurezza è aumentata”. Era parecchio tempo che non si parlava di destra e sinistra, siamo abituati a dire che sono sono categorie del passato, e in effetti collocare in due estremi opposti, almeno dal punto di vista economico, Marine Le Pen o il candidato di ultrasinistra Jean-Luc Mélenchon sembra molto complicato.

 

  

Ma Fenoglio alle distinzioni politiche ci tiene, e molto, e anzi dice che “al centro in questo paese non ha mai vinto nessuno”, che è come dire che Emmanuel Macron, leader di En Marche! con l’obiettivo unico di occupare e animare quel centro, ha poche chance. Ma come? Si dice in giro, e con una certa insistenza, che il Monde è macroniano, che anzi proprio il posizionamento del giornale della gauche intellettuale francese contribuisca a creare consenso attorno a Macron: “Ma perché tutti pensate questa cosa? – chiede Fenoglio, ora sì un pochino divertito – Noi non siamo macroniani, anzi io sono davvero molto scettico nei confronti del leader di En Marche!. E’ stato sorprendente, ha avuto un’ascesa che non ci aspettavamo, ma ecco mi sembra che ancora sia evanescente”, dice Fenoglio, muovendo le mani come quando tieni un palloncino che poi ti scappa via, e non sei un bambino: non piangi.

 

L’argomentazione Macron-non-sa-di-niente ripetuta al Monde suona invero un po’ lontana dalle attese, ché si favoleggia parecchio sulla tentazione macroniana di molti giornali, e c’è in più un posizionamento pesante: Pierre Bergé, coproprietario del quotidiano, ha fatto un tweet a gennaio per “dare sostegno senza alcun limite a Emmanuel Macron perché sia il presidente che ci condurrà verso una socialdemocrazia”. “Non basta un tweet di uno degli editori per posizionare il giornale”, dice Fenoglio, il quale racconta che proprio in questi giorni sta parlando con la redazione dell’eventuale endorsement. La decisione definitiva si prenderà domani, ma il direttore è già molto convinto: “Penso che non sia utile fare un endorsement al primo turno: probabilmente scriveremo che sulla base dei nostri valori quello che meno ci rappresenta è il Front national e così racconteremo chi siamo e in cosa crediamo, ma indicazioni di voto non credo”. E il voto utile, l’emergenza, l’Europa che s’affida alla Francia per non crollare, disperazione massima? “Se già al primo turno facciamo calcoli, quando votiamo davvero per quel che crediamo?”, dice Fenoglio.

 

Jérôme Fenoglio è parecchio infastidito dalla questione dei calcoli e dei sondaggi. Non sembra scaramantico come la maggior parte della gente qui, sembra proprio stufo: “Votare sulla base dei sondaggi mi pare l’errore che abbiamo fatto a ripetizione in questi ultimi mesi, ma le persone oggi non sono più così credibili quando parlano nelle rilevazioni: prima di tutto ci sono tantissimi sondaggi, è un tormento. Poi le informazioni sono tante e non veicolate in un unico modo: si cambia idea molto facilmente. La gente è molto più nervosa e volubile di quel che i dati riescono a mostrare, e noi dovremmo basare il nostro voto, noi che abbiamo la fortuna di avere un primo e secondo turno, sui sondaggi?”. Il direttore del Monde è convinto poi che il voto per il Front national sia sottostimato, non è facile dirsi frontisti, ma la preoccupazione più grande è l’evanescenza di Macron, la sua cosiddetta volatilità: soltanto il 60 per cento degli elettori che voterebbero per il leader di En Marche! dice di essere sicuro infine di votarlo. Per i frontisti e per i Républicain questa percentuale è molto più grande e solida, come è normale che sia, ma certo questo indebolisce questo “esperimento unico”, concede Fenoglio, di un candidato nuovo ed esterno a tutto come a Macron.

 

Nell’interpretazione del direttore del Monde, toccava alla destra moderata, in un paese tutto a destra, contenere l’estremismo, “ma poi è arrivato François Fillon”. Fenoglio conferma la sorpresa generale, “lo choc”, rispetto a questo politico di lungo corso, che s’è imposto alle primarie dei gollisti, che ha un profilo austero e sobrio e che invece si è mostrato tutto diverso, tutto al contrario. “Non è una questione politica – dice Fenoglio – è una questione prettamente personale. Come Dominique Strauss-Kahn aveva il sesso, Fillon ha il denaro, debolezze personali che non possono essere così prevalenti in un presidente”. Questa debolezza ormai strutturale porta Fenoglio a temere che, se al secondo turno lo scontro dovesse essere tra la Le Pen e Fillon, quest’ultimo potrebbe addirittura non farcela a contenere la Le Pen: “E’ personalmente troppo compromesso, non penso che si possa creare un patto repubblicano attorno a Fillon”. E con Macron, invece, il patto si forma? “Macron ha un progetto unico e inedito”, spiega il direttore del Monde, che azzarda un paragone per così dire spinto: “Mi ricorda un po’ l’esperienza di Trump”.

 

Cielo, Macron e Trump simili, non ci avevamo ancora pensato, e Fenoglio deve capire quanto allarme genera una dichiarazione del genere, soprattutto visto che l’attesa era quella di un elegante, sobrio macronismo, e subito spiega: “Ovviamente Macron non è Trump. Ma presso l’elettorato, Trump rappresentava un miliardario con una propria attività, con una propria professionalità, fuori dal sistema. Macron ugualmente è un banchiere, quindi parte intrinseca dell’oligarchia finanziaria, ma ha una sua identità, un suo mestiere, che lo collocano fuori dall’establishment politico”, il che sembra, in fondo, un punto di forza. Non fate scherzi Lo scetticismo resta nei confronti di Macron, la paura è tutta per Marine Le Pen, il suo programma, “il suo antisemitismo di fondo che non è cambiato nonostante l’operazione di abbellimento fatta dal 2002 a oggi”, la delusione riguarda Fillon, e la sinistra? “Come quindici anni fa, la sinistra si presenta molto divisa, e questo rischia di tenerla fuori del tutto dai giochi”. Gli estremi sono occupati, la destra e la sinistra tradizionali sono collassate, non è che resta davvero e soltanto il centro? Fenoglio sorride, “tutto può succedere”, ma è convinto che al centro non ci sia molto, e che poi si finisca per collocarsi un pochino scentrati, o di qui o di là. Ma importa davvero? Al direttore del Monde sì, queste categorie per lui non sono così antiquate, ma per noi non-francesi che osserviamo quel che accade e cerchiamo di capire se l’ordine tiene, e come, le troppe sfumature sembrano un lusso pericoloso: non fate scherzi. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi