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Perché l'Europa a più velocità parte già con un passo lento

David Carretta

L'Ue a caccia di unità sceglie una via di sopravvivenza alla Brexit. Ma le cooperazioni rafforzate esistenti non funzionano granché

Bruxelles. I capi di stato e di governo dell’Unione europea venerdì rischiano uno scontro, nel loro primo tentativo di concretizzare la promessa di rilanciare il progetto comunitario dopo la Brexit. L’Europa a più velocità su cui Germania, Francia, Italia e Spagna puntano è percepita come un atto ostile da parte di numerosi partner. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ritiene che l’Europa a più velocità sia “più un avvertimento che un obiettivo”, ha spiegato ieri un responsabile comunitario. La minaccia è diretta soprattutto contro i paesi dell’est, refrattari ad accogliere i rifugiati. Il mini-vertice di Versailles ha segnato “un’accelerazione”, dice al Foglio una fonte diplomatica: “I quattro leader dei quattro grandi non vogliono solo mostrare l’unità, ma hanno espresso un chiaro orientamento a forme più evolute di integrazione attraverso le cooperazioni rafforzate”. Per Angela Merkel, François Hollande, Paolo Gentiloni e Mariano Rajoy, non ci sarebbe “contraddizione tra unità e Europa a più velocità”, spiega la fonte. L’idea è permettere a quelli che vogliono di andare avanti in alcuni settori, evitando che i più lenti frenino. I quattro di Versailles stanno lavorando per farne l’elemento centrale della dichiarazione del Vertice del 25 di marzo a Roma sui 60 anni del Trattato. Ma per Tusk, “se a Roma deve nascere un nuovo bambino, il suo nome deve essere più unità che multi-velocità”.


Mariano Rajoy, Angela Merkel, François Holland e Paolo Gentiloni


Per evitare che la festa di Roma si trasformi in funerale, i leader dei 27 devono trovare un accordo sull’Europa a più velocità nella discussione che avranno venerdì senza Theresa May. I sostenitori dicono che il progetto presenta molti vantaggi. Grazie al ricorso alle cooperazioni rafforzate, non si devono modificare i Trattati; le istituzioni comunitarie ritornerebbero a essere centrali, dopo il moltiplicarsi delle norme emergenziali extra Trattato nate con la crisi dell’euro. A differenza dell’Europa a due velocità, che prevede un blocco centrale di integrazione contrapposto alla cerchia esterna del mercato interno, l’Ue a multivelocità rimane aperta a chi è rimasto indietro. Di fatto – dicono i sostenitori – l’Europa a più velocità si è già concretizzata non solo con la moneta unica e Schengen, ma anche con gli “opt-out” concessi agli stati membri riottosi come Regno Unito, Irlanda o Danimarca.

 

Ma, alla prova dei fatti, le cooperazioni rafforzate già lanciate o su cui si sta lavorando mostrano tutti i limiti della “multi-speed”. Malgrado siano previste dalla firma del trattato di Amsterdam nel 1997, finora l’Ue ha lanciato solo due cooperazioni rafforzate su temi di rilevanza minore: il brevetto europeo (a causa dell’opposizione linguistica di Italia e Spagna) e il divorzio tra coniugi di nazionalità diversa. Un altro tentativo di cooperazione rafforzata, quello sulla Tassa sulle transazioni finanziarie, è in stallo dal 2013: lanciata dall’allora Commissione Barroso, alla Tobin Tax europea hanno aderito solo 11 paesi, ma i negoziati sono bloccati dai veti incrociati su alcune disposizioni specifiche che danneggerebbero i rispettivi sistemi finanziari. Per lanciare l’Europa della Difesa, i leader hanno promesso “cooperazioni strutturate”, ma i settori che vengono evocati – formazione degli ufficiali, ambito sanitario e droni – non lasciano intravedere la nascita di un esercito europeo. Il Consiglio europeo giovedì darà il via libera a una cooperazione rafforzata sul procuratore europeo. Ma un paese fondatore come l’Italia non è tra i 17 che sponsorizzano l’iniziativa. Se gli stati membri non sono d’accordo sulla sostanza – avverte un diplomatico – il risultato dell’Europa a più velocità è “un’Ue à la carte dove ognuno sceglie quel che gli pare accelerando la disintegrazione”.

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