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Tra sport ed economia, come cambia il continente che si sta giocando la Coppa d'Africa

Francesco Caremani

Non solo nuovi sponsor, investimenti stranieri e un vivaio che continua a sfornare talenti. Perché ora l'Africa inizia a puntare il calcio europeo

Solo un quarto dei commissari tecnici che guideranno le rispettive rappresentative nella trentunesima edizione della Coppa d’Africa sono africani. Una condizione che negli anni è rimasta sempre uguale a se stessa. Considerando, poi, che il premio come migliore giocatore africano, istituito dalla CAF, dal 1992 a oggi è stato sempre e solo appannaggio di calciatori che giocavano e giocano in Europa (ed ‘europei’ erano pure i secondi e i terzi classificati) il cerchio si chiude. L’Africa del pallone si guarda allo specchio ma continua a vedersi riflessa su una superficie che non gli appartiene, senza essere veramente padrona del proprio destino. Eppure qualcosa si muove, se non propriamente sotto il profilo sportivo almeno su quello economico.

 

Sul primo va detto che esiste un premio per i calciatori che giocano nei campionati africani che se da una parte certifica il gap con l’Europa dall’altra assume una presa di coscienza fuori dal mainstream.

 

Per spiegare il secondo invece si deve partire dal Gabon, che già nel 2012 aveva diviso l’organizzazione con la Guinea Equatoriale, dove è iniziata il 14 gennaio la Coppa d’Africa. Il torneo si concluderà il 5 febbraio e verrà giocato in quattro città: Libreville, la capitale, Franceville, Oyem e Port-Gentil. Un Paese che nell’ultimo decennio è cresciuto molto grazie al petrolio, con i successivi contraccolpi dovuti al ribasso del prezzo del greggio. Con una fragile stabilità politica ma con uno sviluppo economico e sociale senza precedenti, anche se l’inclusione non va alla stessa velocità della crescita.

 

Secondo i think tank economici il rischio dello sviluppo economico dell’Africa è rappresentato da modelli basati su monoculture, petrolio o prodotti agricoli. Luc Oyoubi, ministro gabonese dell’Economia ne è consapevole e conta sugli investimenti stranieri per trasformare il proprio Paese, cosciente che la crescita del 5 per cento non basta per sradicare la povertà. La Banca africana di sviluppo prevede che entro il 2030 la spesa della classe media del continente, già più numerosa di quella indiana, passerà da 680 a 2.200 miliardi di dollari.

 

Ma organizzare la Coppa d’Africa 2017 porterà ulteriori benefici? Oramai è chiaro che le grandi manifestazioni sportive e gli stadi non portano i ricavi economici spesso fantasticati. C’è un effetto immediato sui posti di lavoro per la costruzione delle infrastrutture, ma alla fine i soldi finiscono nelle tasche delle multinazionali e delle aziende appaltatrici. Alla federazione sudafricana sono rimasti solamente 360.000 dollari dall’organizzazione del torneo vinto dalla Nigeria nel 2013, con il turismo che ha fatto registrare un più 3,9 per cento. Insomma, la maggior parte dei Paesi organizzatori non trae benefici economici, senza contare i sospetti di corruzione che gonfierebbero le spese.

 

“L’Africa non è quella che si vede in televisione o su Internet, è un’altra cosa, bellissima, complicata ma con risorse incredibili, economiche e umane” ha detto al Foglio Miriam Peruzzi, toscana di trentatré anni, presidente e direttore scouting di una società con sedi in Gambia e Benin: “Questo è il continente del futuro e presto gli imprenditori locali investiranno nel calcio europeo”. In verità lo hanno già fatto o ci hanno provato. Il West Ham United ha stipulato un accordo con la Capital Oil and Gas Ind. Ltd, società petrolifera nigeriana proprietaria dell’FC Ifeanyi Ubah, club locale di prima divisione. Un accordo che prevede l’utilizzo dello stadio Olimpico per incontri di rappresentanza e l’esportazione delle pratiche d’allenamento di quello che è ancora oggi considerato uno dei migliori vivai d’Inghilterra.

 

Meno bene, invece, è andata all’uomo d’affari ivoriano Charles Kader Gooré, a capo della CKG Holding con 4.000 dipendenti e un giro d’affari milionario, che la scorsa primavera ha tentato di acquistare l’RC Lens, che milita nella Ligue 2 francese. L’ex proprietario, l’uomo d’affari azero Hafiz Mammadov, che aveva favorito la sponsorizzazione dell’Atletico Madrid da parte dell’ente del turismo dell’Azerbaijan, ha iniziato ad avere problemi finanziari e, di conseguenza, a liberarsi di alcune proprietà, tra cui il club francese. La federazione transalpina e il tribunale commerciale di Parigi si sono messi di traverso contestando la scarsa trasparenza relativa alla provenienza dei soldi di Gooré e permettendo che il Lens venisse acquistato dall’Atletico Madrid per il 35 per cento e da una società lussemburghese per il restante 65, la Solferino Sarl, con l’ombra dei fondi d’investimento; senza contare che se un giorno dovessero affrontare la stessa competizione europea l’Atletico ha l’obbligo di vendere le proprie quote alla società del Lussemburgo. Episodio sul quale è stato scritto molto, poiché a tanti è parso evidente che si sia fatto di tutto per impedire all’imprenditore africano, che qualche problema in patria l’ha avuto, di diventare proprietario di una squadra francese. Notizia di questi giorni è che il nigeriano Aliko Dangote, l’uomo più ricco d’Africa, è interessato ad acquistare l’Arsenal.

 

“La CAF ha stipulato un accordo economico con la compagnia petrolifera francese Total (che dà il nome al torneo di quest’anno, ndr): 1 miliardo di dollari per otto anni, riguardante tutte le competizioni, senza contare quello stipulato con l’azienda di telecomunicazioni Orange” ricorda al Foglio Fiifi Anaman, giovane freelance ghanese e tra i giornalisti sportivi più influenti del continente. “Chi vincerà la CAN 2017 porterà a casa 4 milioni di dollari, 2 per la seconda classificata, 750.000 per le semifinaliste e 600.000 dollari per chi raggiunge i quarti”.

 

I padroni di casa possono contare sul centrocampista della Juventus, Mario Lemina, e sull’attaccante del Borussia Dortmund Aubameyang. “Ma la vera sorpresa potrebbe essere l’Uganda, una squadra molto forte guidata da Milutin ‘Micho’ Sredojevic (serbo ed ex Ct del Ruanda, ndr), anche se inserito nel gruppo D, girone di ferro con Ghana, Egitto e Mali”, ricorda Fiifi.

 

Visti con gli occhi di Fiifi l’Africa e il suo calcio hanno un colore diverso dalla straraccontata fucina di talenti per il football europeo: “Il talento dei nostri giovani non si discute, ma dobbiamo investire sull’organizzazione dei club e sull’approccio mentale dei calciatori, solo così possiamo raggiungere risultati pari alle capacità”. La CAF Champions League è sponsorizzata da aziende sudafricane, mentre il campionato ghanese ha venduto i propri diritti televisivi alla cinese STAR TV. In Italia sarà Fox Sports a trasmettere la Coppa d’Africa 2017, nel resto del mondo da beIN Sports a Sky Sports, da Rede Globo a Caracol Television.

 

Due anni fa in Guinea Equatoriale ha vinto, dopo due finali perse negli ultimi dieci, la Costa d’Avorio, ai rigori contro il Ghana. Dal 2000 a oggi cinque volte su nove la finale è stata decisa ai calci di rigore. L’Egitto l’ha vinta sette volte, Ghana e Camerun quattro, Nigeria tre. L’ultima grande sorpresa è stato lo Zambia nel 2012, sulle stesse coste dove nel 1993 un incidente aereo azzerò un’intera generazione zambiana di calciatori. Perché come recita un proverbio africano: “Se noi siamo alti, è perché stiamo sulla schiena di chi è venuto prima di noi”.

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