di cosa parlare stasera a cena

L'attacco alla diga mostra la debolezza dell'esercito russo

Giuseppe De Filippi

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La Russia punta sul disastro ambientale con un’alluvione creata distruggendo una diga e allagando una vasta area delle regioni vicine al principale teatro di guerra. È un crimine di guerra, e questo è stato detto da tutti gli osservatori, ed è anche una scelta da cui si ricava l’idea di una speciale debolezza militare dell’esercito russo, forse diviso tra gruppi che fanno capo a diverse figure di potere. Volodymyr Zelensky ha denunciato la gravità del fatto per tutta la giornata e ha chiesto una riunione d’urgenza del consiglio di sicurezza Onu, non tanto per ottenere chissà quale decisione ma per tenere alta la pressione dell’opinione pubblica internazionale contro la Russia. Il presidente ucraino ha anche fatto capire che non ha intenzione di rallentare lo svolgimento della controffensiva

   

Nel clima di disinformazione imperante Zelensky ha dovuto anche rintuzzare chi sosteneva che si sia trattato di un danno causato dagli stessi ucraini. Un’evidente assurdità ma alla quale occorre comunque rispondere, per togliere ogni dubbio.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

L’Istat migliora di nuovo le sue stime sull’economia italiana. E non vede rallentamenti nel 2024 (come indicato, invece, da altri centri di ricerca). La sorpresa positiva è il ritorno della domanda interna e, di conseguenza, la tenuta dei consumi, indifferenti o quasi all’inflazione. Bene anche mercato del lavoro e retribuzioni. Se non fosse l’ufficialissimo istituto di statistica nazionale sembrerebbe l’opinione di un ubriaco al bar. Ma non c’è nessuna ragione per dubitare della qualità delle indagini dell’Istat. E qualche domanda allora dobbiamo farcela sulla qualità del dibattito pubblico italiano, che sembra fuori contesto, costruito su una percezione falsata, non realistico. Anche governo e maggioranza (che poco fa erano opposizione e minoranza) sono impregnati di quella percezione, con il risultato, un po’ strambo, che i buoni risultati economici non hanno chi li rivendica e chi prende l’impegno serio di fare il possibile per continuare a favorirli. È una peculiarità italiana, forse, ma il racconto straccionesco della nostra economia piace e addirittura viene conteso tra le forze politiche, mentre quello realistico e positivo è trattato con distacco.

 

Fatto #2

La Bce pubblica uno studio sulle aspettative di inflazione. E ci si può leggere tra le righe qualcosa sulla politica monetaria in arrivo (e non sembra destinata a un rapido cambio). Ma, forse, la cosa che fa più rumore è il richiamo che la presidente Christine Lagarde fa alle autorità di controllo sulla concorrenza perché vadano a controllare se negli aumenti dei prezzi non ci sono anche casi di cartelli o collusioni tra imprese ai danni dei consumatori finali.

 

Fatto #3

Giorgia Meloni tiene botta sul difficile rapporto privilegiato con il presidente tunisino Kais Saied. È in parte una scelta in parte dettata dalla geografia e in parte è una scommessa. Con il solito sistema autoritario e antidemocratico a caccia di sostegni e di soldi e pronto a offrire stabilità e controllo dei flussi migratori. Non è la prima volta, anzi, si può dire che ogni governo abbia avuto il suo quasi dittatore con cui trattare e avere buoni rapporti. Ma resta una scommessa, con un ruolo importante per istituzioni come il Fondo monetario internazionale e l’Ue, sulle quali l’Italia, ovviamente, non ha pieno controllo. E con una quota di imprevedibilità legata alla condizione sociale del paese. Ma, forse, è una scommessa che non si poteva evitare.

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