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DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Calenda e Renzi chiudono l'accordo. Motivi per frenare l'entusiasmo

Giuseppe De Filippi

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Se ne è parlato fin troppo, ora cerchiamo, anche a cena, di stare buoni con l’enfasi sull’accordo tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Insomma, l’area politica è quella nota e già sperimentatissima del centro pragmatico e liberale. A favorire l’intesa è poi chiaramente la legge elettorale, perché sotto il 3% si sparisce e ciascuno dei due, da solo e in concorrenza con l’altro, avrebbe rischiato di non raggiungere quella soglia. L’incubo del doppio 2,9% alle prime luci del 26 settembre era troppo terribile e i due si sono adoperati, con le capacità negoziali e le attitudini umane che hanno. Al centro, viene da dire, la loro proposta politica si fa un po’ più scialba. Una cosa era il Renzi che da dentro il Pd cercava di portare il partito su una linea meno ortodossa, verso una specie di blairismo. Era un politico interessante proprio perché spiazzante, perché predicava, e vinceva pure, dalle parti degli infedeli.

Lo stesso valeva per il Calenda ministro in governi di centrosinistra e, ancora di più, nella sua brevissima esperienza di parlamentare europeo del Pd. C’è una rendita di posizione per chi innesta altre culture politiche in un corpo a esse non omogeneo, e c’è, invece, uno svantaggio per chi porta esattamente un’esperienza sovrapponibile a quella in cui va a militare. La prova della disarmante fruibilità del calendismo con il renzismo, e viceversa, sta nella veloce scelta da parte di Renzi di lasciare il passo alla leadership di Calenda, con tanto di nome unico nel simbolo. Se il congresso, diciamo così, consiste nel guardarsi in faccia e chiedersi chi fa il capo e la risposta è “vabbè, fallo tu” vuol dire che quel congresso, diciamo così, non è un granché. Accende qualche interesse la presenza del loro Renew Europe, perché è il movimento trasversale e paneuropeo in sostegno alla linea della nuova Ue, per una maggiore integrazione e maggiore operatività politica. Comunque vedremo, i sondaggi più recenti li danno intorno al 6%.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

E si uniscono, tra cerchi incastrati in altri cerchi, anche i centristi non forzisti del centrodestra. Anche per loro vale l’attrazione fatale al 3% (altrimenti niente ripartizione dei seggi) e, almeno in questo, la legge elettorale mostra qualche utilità

Fatto #2

In Sicilia c’è ancora (finché scriviamo) un rifiuto ad accogliere la candidatura di Stefania Prestigiacomo, di Forza Italia, da parte del resto della coalizione di centrodestra, segnatamente da FdI, con un certo attivismo da parte di Ignazio La Russa. La ragione dichiarata è la sua partecipazione a un’iniziativa di solidarietà con una Ong la cui nave era stata bloccata, impedendo lo sbarco dei migranti. Una delle cose più giuste fatte da Prestigiacomo diventa la ragione per bocciarla. È una vicenda che lascerà qualche attrito e che va vista nel merito, perché non si tratta di una semplice controversia su una candidatura, cioè di una sfida per il potere, ma c’è di mezzo l’identità simbolica e ideologica

Fatto #3

Mosse non strategiche, ma apparentemente disperate, quello dell’esercito russo, con la continua pressione di artiglieria sulla centrale atomica di Zaporizhzhia. Sembra un modo per bloccare il sostegno internazionale all’Ucraina attraverso la paura nucleare. Domani se ne occupa il consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma non si vede cosa possa fare. I generali russi non fanno i generali, perché sparano quasi solo contro i civili. E i diplomatici non fanno più i diplomatici, perché servono solo a coprire le falle logiche e le colpe morali del pensiero e dell’azione putiniani. A Kyiv torna McDonald’s

Ogi in pillole