DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Enrico Letta frena sul dopo Mattarella. Dietro c'è l'ipotesi Draghi

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

C’è tutta la peculiarità (diciamo pure stranezza) e la fluidità delle regole con cui si elegge il presidente della Repubblica nella dichiarazione di oggi di Enrico Letta, con cui il segretario del Pd chiede di rinviare a gennaio la discussione politica sul nuovo presidente, come se fosse uno di quegli impegni per cui si fissa il notorio e generico “sentiamoci dopo Natale”. È chiaro che Letta intende sgombrare il terreno da una questione troppo grossa per essere affrontata mentre ci si scontra nei comuni e in alcune suppletive di peso (una lo riguarda direttamente). Ma il suono della sua frase ha una certa goffaggine, perché non si può chiedere di fermare, così di botto, un processo politico, appunto, fluido oltre che peculiare. Perché non c’è una campagna elettorale per il Quirinale, non si confrontano programmi, non ci sono maggioranze contro minoranze (almeno non dichiarate) e soprattutto perché la scelta, obbligata, di un nome secco, come esito finale, scompagina tutti i riti di accordo, preaccordo e gestione successiva dell’accordo. Allora, una roba del genere, in cui un po’ il nome giusto avanza da sé e un po’ viene scelto da altri, come puoi fermarla? Ci sono movimenti, prese di posizione, turbamenti di equilibri, di cui non si conosce mai bene l’origine, e, allora, cosa vuoi fermare? In realtà, ciò che dice Letta (sostenuto anche da Goffredo Bettini) è che questa volta la corsa è un po’ meno fluida ma resta molto peculiare, perché c’è un partecipante/non partecipante, Mario Draghi, che ha complete possibilità di vittoria nel giro più vicino. Allora, guardando un po’ più a fondo, e ricordando cosa aveva detto Bettini non più di qualche giorno fa, si potrebbe capire che il time-out lettiano serve a preparare la candidatura Draghi, facendola però emergere quando sarà definito il quadro generale dei mini test elettorali e, cosa ben più importante, saranno avviate le riforme, chiamiamole europee, di fisco, previdenza, giustizia, concorrenza. L’intendimento è sano e anche condivisibile, è il metodo a non essere proprio il migliore. Nell’elezioni al Quirinale non c’è sospensione delle ostilità, semplicemente perché non ci sono ostilità dichiarate, bisogna, e ci vuole forza politica, saper reggere la tensione di una specie di non-campagna elettorale latente, non si può rinviarla come un impegnuccio qualunque.

 

Le tre "cose"principali

Fatto #1

Una graduale estensione del green pass serve a Mario Draghi a confermare che il governo va avanti e a Matteo Salvini a salvare la faccia (nello stesso tempo, però, non risolve il problema di Claudio Borghi, al quale resta confermata la fiducia del leader). I centristi del centrodestra sono contenti dell’avanzamento ulteriore nell’uso del certificato vaccinale, sul quale hanno investito parte della loro credibilità politica e grazie al quale hanno ottenuto uno spazio di azione politica autonoma rispetto al resto dello schieramento. Però è toccato proprio a Borghi dire che la Lega avrebbe votato a favore.

 

Fatto #2

Accelera l’economia europea e lo dice anche la Bce. Tranquilli, però, non ci sono ancora indicazioni forti sui tassi di interesse, anche se comincia a vedersi un pochino di inflazione.

 

Fatto #3

Siamo un po’ fissati con la tutela della libertà di scelta apparentemente compressa ai danni di gruppi specifici e molto rumorosi, come i no vax, e dimentichiamo che, poi, anche i gruppi ben più grandi, come l’insieme di chi sta cercando di proteggersi dalla pandemia e desidera ridurre i rischi, possono far valere il loro diritto di libertà. Interessanti sviluppi dalla giurisprudenza americana.

 

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