DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Altro che riaperture, la vera sfida è intestarsi il Recovery

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Forse a cena dovremmo riprovare a sollecitare una riflessione politica appena appena più approfondita di quella abituale sul grande piano europeo di ripresa per l’economia. Anche per uscire dalla partitella a chi si intesta per primo le riaperture, se l’affrettato, l’abolitore precoce, o il campione dell’attesa in surplace. Quella è roba abbastanza noiosa e comunque dipende terribilmente dai gusti, cioè dalle precedenti simpatie politiche, e perciò non smuove le cose. Mentre candidarsi a essere il partito o lo schieramento che intende tener fede e realizzare il Pnrr, anche arricchendolo, e comunque gestendolo come cosa politicamente viva fino al 2026 avrebbe un senso e un fascino maggiori. E questo vale sotto due profili, entrambi ambiziosi. Quello delle riforme (sì, proprio le riforme che danno ai nervi a Matteo Salvini) che dovrebbero creare le condizioni per la realizzabilità della ripresa e che, come è stato notato più volte (più dai critici che dai fautori), costituiscono un programma politico. Inutile girarci intorno, già ai tempi della maggioranza che votò Ursula von der Leyen si era definito il quadro di sostegno a un programma, andando poi a cercare di nascondersi e di nascondere un’iniziativa così impegnativa dietro a un’apparente neutralità delle scelte europee. Forse, invece, sarebbe ora di far uscire le riforme ispirate Pnrr dal limbo europeistico. E lo stesso vale per la stessa operatività del piano e la sua gestione. Fare debito comune, stabilite criteri uguali per tutti, dare sostegni di politica industriali omogenei in Europa, significa fare anche forti politiche nazionali. Salvini si sfila? Be’, altri alzino la mano per dire che invece ci sono.

 

Le tre ''cose'' principali

 

Fatto #1
Si va abbastanza svelti verso le riaperture, usando il criterio che affida alla lettura dei dati sui contagi e a quelli sulle vaccinazioni il compito di stabilire i tempi per la riduzione graduale delle restrizioni. Si passerebbe subito alle 23 come orario di rientro a casa, poi alle 24 per il numero di settimane minimo con cui avere una risposta significativa, quindi si arriverebbe alla rimozione dell’orario obbligato. Il vantaggio è nella prevedibilità e nella fondatezza delle decisioni in base a criteri epidemiologici, medici, economici. Per ora di cena, tenendo un occhio su Palazzo Chigi, si dovrebbe sapere tutto. L’altro punto importante è nel mantenimento, almeno per questo periodo ancora sperimentale, di una capacità di reazione veloce in caso di andamento di nuovo preoccupante. Non sembra questa la tendenza ma, proprio avendo la possibilità di leggere rapidamente i segnali che arriverebbero da un’altra recrudescenza della pandemia, si può tentare il rischio calcolato citato da Mario Draghi nei giorni scorsi. Intanto si viene a sapere che il vaccino Comirnaty (cioè quello che chiamiamo Pfizer) può essere conservato in normale frigorifero per farmaci e non c’è bisogno di temperature bassissime che detto inizialmente. Questi assestamenti dei criteri non avvengono perché prima si volevano fare dispetti, ma perché i principi di prudenza dominano, giustamente, su tutto. E per immettere rapidamente il vaccino nella disponibilità dei sistemi sanitari si è corso talmente tanto da non poter verificare altri criteri di conservazione. Ora, con sufficiente esperienza sul terreno, l’Ema può però dire che va tutto bene anche con qualche grado, non più di 8 magari, sopra allo zero della scala centigrada.

 

Fatto #2
Gli Usa, con il segretario di stato Anthony Blinken, chiedono spiegazioni a Israele per l’abbattimento del palazzo dei media.

 

Fatto #3
Decisione di grande portata sul diritto all’aborto in arrivo nella Corte Suprema degli Usa, la cui composizione è ancora fortemente influenzata dagli anni trumpiani.

 

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