(foto Ap)

di cosa parlare stasera a cena

Chiacchiere informate sulla Super League

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti su quello che succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Qui diamo consigli e ispirazioni per due chiacchiere informate a cena. L’intento non è certo pedagogico o formativo, quindi ci adeguiamo ai temi di conversazione diffusi e parliamo, sì, di calcio (pur sapendo che non mondo succedono tante cose più importanti). Ecco di seguito un po’ di argomenti, un po’ a favore e qualcuno neutrale, messi alla rinfusa, riguardo al clamoroso progetto di superlega, quella roba fatta da una dozzina più qualcun altro che dovrebbe rappresentare il futuro campionato europeo o chiamatelo come vi pare.
Partiamo proprio dal neutro, ma le prossime opinioni (tutte estemporanee e fatte in casa, per una rassegna delle opinioni altrui guardate ovunque, dove vi girate ne trovate) verranno presentate senza appesantirle da qualificazioni. C’è un fatto per l’ottimismo fogliante: ebbene sì, l’Europa c’è ed è sempre più un attrattore economico e un luogo politico. Il gruppo base degli aspiranti fondatori è italo-inglese-spagnolo-francese-tedesco. Insomma, vecchia Europa più brexiteer recuperati. A nessun è venuta un’idea diversa, resistendo a soldi e lusinghe di altri continenti e di altri attrattori. Entrando nel merito. C’è il rischio di rovinare un giochino che andava avanti da più di cento anni e che ha costituito una storia di successo. Se tralasciate le singole vicende e i guai finanziari contingenti vi accorgete che l’industria dello spettacolo calcistico non ha uguali nella creazione di valore. Dire ora, all’improvviso, che di quella storia interessano ai big (o presunti tali) solo i frutti maturi è un po’ irrispettoso verso chi ha arato, zappato, potato, lavorato. Però ci sarà una ricca torta di diritti e di incassi negli stadi da dividere tra chi sa usarla e che potrà remunerare i migliori calciatori, attirandoli in un circuito di eccellenza mondiale. Sì, ma i calciatori, o meglio i campioni, non nascono sotto a un cavolo né la loro nascita viene annunciata da segni celesti. Quindi servono anche i piccoli club e quelli medi per far cominciare i giocatori (e le giocatrici, eh), farli crescere, verificare se reggono a condizioni più difficili di gioco e di pressione psicologica. Poi c’è che fare un circolo ristretto e decidere di esserne gli unici soci non è un bel gesto e forse non è accettabile. Però c’è business, il mercato lo dice facendo salire in Borsa i titoli delle società interessate. Però c’è anche, di nuovo, la storia, l’amore dei tifosi, la tradizione dei club. E ma è anche vero che ormai i grandi club hanno tifoserie sparse nel mondo, neppure fedelissime, un pubblico che ama il gioco e forse ne predilige le fasi spettacolari anziché quelle tattiche o quelle in cui emerge lo spirito di sacrificio e il gioco difensivista. E però ancora le tradizioni, gli albi d’oro, pensate solo alla querelle italiana infinita su quanti scudetti all’Inter e quanti alla Juventus: tutta quella roba lì la buttiamo via? Conviene? Non era più semplice e più efficace allungare e rafforzare ciò che già esiste, cioè la Champions, mantenendone però lo spirito aperto e quindi di competizione accessibile, potenzialmente a tutti. Nella storia dello sport le competizioni di più lunga durata e di maggiore seguito (e quindi maggio valore economico) sono le gare cosiddette open, perché tutti potevano arrivarci, professionisti e dilettanti, cittadini nazionali o stranieri. Chiudere è una mossa pericolosa anche per questa ragione. E poi succede che le squadre, tutte, abbiano un potenziale appeal proprio per chi è nuovo arrivato nel mondo del calcio o non è europeo (lo sappiamo bene). Ma, chiudendo tutto, si toglie ogni senso all’investimento in gran parte delle squadre, mentre le attuali proprietà delle poche big certamente non venderanno ora che hanno la torta da dividere. Insomma, poteva succedere che un emiro infatuato decidesse di comprare, non so, il Frosinone, investire come un pazzo e portarlo in Champions. E qui non si tratta solo di cancellare il sogno dello straricco dal cuore ciociaro ma, più in generale, di togliere valore a tutto ciò che, nel sistema calcio, non fa parte della fotografia degli eletti al giorno 19 aprile 2021. Michele Magno è simpatico e, a proposito, cita Luigi Einaudi. 

 
Intanto, secondo le migliori tradizioni, saltano allenatori sempre accolti come fenomenali e sempre cacciati con motivazioni occasionali (e proprio in uno dei club che si sentono parte degli happy few). Come tutto, anche la superlega ha effetti collaterali, a volte positivi

Le tre "cose" principali 

Fatto #1

Delle opinioni si è detto, ma poi ci sono i capi di governo e allora forse le loro non sono semplici opinioni ma promesse di intervento sul tema. Oggi ne ha parlato anche Mario Draghi, chiedendo di “preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport”. Ma soprattutto ci sono le autorità sportive, nel caso specifico la Uefa, intenzionata ad andare avanti sul suo progetto di rafforzamento della Champions League e a ignorare l’iniziativa degli autoproclamati. 

Fatto #2

I vaccini vanno avanti come avevamo provato a dire qui da giorni e cioè tra qualche ammanco iniziale, come sempre nelle catene logistiche complesse, da cui passa si passa a eccessi di offerta (cioè a troppa disponibilità). Ora, giustamente, non ci sembrano mai troppi, ma si può dire che, con il nuovo ordine accettato da Pfizer, l’Ue ne riceverà a sufficienza per stabilizzare i risultati della campagna vaccinale, mentre altri arrivi, ancora più ravvicinati, permetteranno di cogliere, con buona approssimazione, l’obiettivo della tempestività. Le riaperture seguono da presso. Intanto succedono cose un po’ confuse in Puglia, perché se era criticabile il professore adesso è ancora più criticabile chi lo rimuove. Una curiosità: la distribuzione statistica, nei social, di chi vuole i vaccini, chi esita, chi non li vuole.

Fatto #3

L’indagine di suo sarebbe grave ma da lasciare alla cronaca. È stato però Beppe Grillo a sollevare e politicizzare il caso del rinvio a giudizio per suo figlio in un caso di stupro e da quel momento la vicenda si è trasformata, arrivando a discutibili espressioni di solidarietà palesemente determinate dall’appartenenza partitica.

Oggi in pillole

- Un “fate presto” ci sta sempre bene.

- Gli iraniani non sanno più con chi parlare e ora provano anche con i vecchi nemici.

- Dice che con Harry sono stati freddissimi, ma lui già che c’è resta un altro po’.

- Musica leggerissima.

- L’elicottero che vola su Marte.

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