(foto LaPresse)

Di cosa parlare stasera a cena

Gli stati generali di Mario Draghi (in un solo giorno)

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Ora tutti a dire che è stato il nord produttivo a spingere Matteo Salvini sulla strada del sì a Mario Draghi, dell’europeismo, di un ritrovato moderatismo anche su altri temi. A cena potreste parlarne, ma con qualche intento problematico. Perché queste ricostruzioni fatte un po’ pigramente e un po’ troppo schematicamente vanno sempre contrastate. Intanto la definizione. Di cosa ci parlano i conoscitori dei desideri politici del nord produttivo e come ottengono le loro informazioni? Non è facile che diano una risposta univoca e dettagliata. Sembra invece che si regolino su impressioni personali e su qualche dialogo a tu per tu con uno o l’altro imprenditore di riferimento. Allora, le associazioni imprenditoriali non hanno mai espresso simultaneamente l’appoggio alla Lega e quello all’europeismo. Per essere più chiari, né Confindustria né Confcommercio, e fermiamoci qui, hanno preso partito o hanno dato a Salvini un posto speciale e prevalente tra gli interlocutori politici. Mentre la loro voce si è sentita per sostenere, senza specifica coloritura politica, le politiche europee per il Recovery fund e le scelte della Bce con cui si è puntellato l’euro nei momenti più duri e con cui si è dato respiro ai debiti pubblici nazionali successivamente alla crisi del 2011 e tuttora. Poi c’è da circoscrivere e, parola oggi di moda, trovare il perimetro, anzi i perimetri. Perché il nord produttivo è fatto di tante realtà. Il nuovo triangolo industriale tra Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna non è così salviniano, almeno stando ai dati elettorali. È leghista sì in Veneto, ma lì chi dice Lega dice Zaia. A Brescia e a Bergamo ci sono sindaci del Pd, come a Milano. In Emilia-Romagna Salvini si è esposto nelle elezioni regionali, ha battuto la regione casa per casa e citofono per citofono, e poi ha perso. E gli imprenditori non si sono certo schierati con lui, mostrando invece che, come in altre regioni, l’elettorato leghista sia molto trasversale e sia mosso più da paure (come per il fortissimo tema del contrasto all’immigrazione) che da aspirazioni di crescita o dal desiderio di concorrere alla vita collettiva. Né, va detto, in alcuna elezione della storia italiana hanno pesato le preferenze delle associazioni industriali, se non attraverso tentativi, anche un po’ goffi, di influenzare il dibattito comprando giornali o editandone. Allora non si capisce perché chi non ha appoggiato apertamente Salvini né gli ha portato voti (perché non ne ha) ora dovrebbe e potrebbe pretendere un cambio di linea così pesante. 

 

Le tre "cose" principali 

 

Fatto #1

E oggi, casca a fagiolo, è stata proprio la giornata del dialogo tra Draghi e regioni, autonomia locali, sindacati, associazioni imprenditoriali, altre associazioni di vari tipi, dall’arte all’ambientalismo. Una piccola Villa Pamphili (dove si tennero i non esaltanti stati generali di Giuseppe Conte) riprodotta e compressa in una giornata a Montecitorio. Non arrivano proprio richieste, perché con Draghi non si fa, neppure autentici consigli, per la stessa ragione e perché nessuno se la sente. Diciamo vaghe indicazioni, presentate con garbo e come se riguardassero un paese lontano. Comunque, i punti essenziali sono l’atteggiamento aperto dei sindacati, anche perché è evidente che verrà disinnescata la pericolosa questione della ripresa improvvisa dei licenziamenti. E la piena disponibilità di Confindustria, che si è spinta fino a parlare di “sostegno” al governo, scelta che evidentemente non ha a che fare con i compiti confindustriali (almeno dichiarati). Sono stati più gli altri, più i rappresentanti dei piccoli, a permettersi qualche doléances e ovviamente a proposito dei rimborsi, degli aiuti, per le attività commerciali, artigianali, turistiche. Gli agricoli, per dire, vogliono “semplificazione, infrastrutture e investimenti”. Tutti cercano di essere coinvolti nel piano nazionale di ripresa (quell’altra parola non la scriviamo e a cena non si dice), e lo saranno, ma non per strappare sussidi, stando ai propositi di Draghi.  

 

Fatto #2 

Ma è stata anche la giornata in cui le nostre chiacchiere a cena hanno avuto una interessante conferma. Dicevamo qui che sarebbe nato un subgoverno, lo avevamo definito nocciolo duro, immaginando che le forze politiche che si erano cementate col governo Conte due, Pd, 5 stelle e Leu, avrebbero agito in coordinazione creando una base forte per la maggioranza di Draghi. Oggi abbiamo avuto una conferma, come si dice, a maggior ragione, perché anche nel centrodestra ora c’è un nocciolo duro e un subgoverno, che si è portato avanti arrivando anche a mostrare una specie di prima verifica di subgoverno. Oppure, situazione win al cubo, potrebbe scattare tra i due subgoverni, tra i due noccioli duri o quasi maggioranze, una specie di competizione per far emergere le proprie proposte, ma dopo averle rese draghianamente presentabili, ovvero ripulite dalle scorie del clientelismo e di altri difetti dell’iniziativa politica. Un caso da segnalare arriva dal Pd, ma aspettiamo la replica di centrodestra. 

 

Fatto #3 

Però sulla campagna vaccinale occorre prudenza. Criticare tanto per dire o chiedere un cambiamento solo perché con Draghi tutto deve essere rinnovato non sono scelte auspicabili. C’è anche un coté antieuropeista in tutta questa discussione, perché viene investita direttamente la commissione europea di ogni responsabilità per i ritardi. E ci mette lo zampino l’antieuropeista ora in sonno per l’appoggio a Draghi, dicendo che la commissione ha sbagliato tutto, che bisognava fare come gli inglesi o come Israele. Facendo, quindi, paragoni a capocchia. Perché in Uk semplicemente non si sono rispettate le regole minime di controllo e sicurezza, per correre il più possibile, anche a causa di una diffusione del contagio talmente veloce (e non si può allora non ricordare che Boris Johnson aveva bloccato inizialmente tutti i tentativi di adottare quelle restrizioni applicate invece in Europa) da rendere indispensabile una corsa ai vaccini fatta col paraocchi. Israele invece ha caratteristiche dell’organizzazione sociale non paragonabili all’unione di paesi diversi e con popolazione ben maggiore, e ha scelto (facendo benissimo, ma questo è un altro discorso) di accantonare la privacy e consentire l’accesso a tutti i dati sanitari dei vaccinati da parte delle aziende, per questo è il mondo a dover essere riconoscente ad Israele perché si avrà in tempo reale un test dell’efficacia sul campo dei vaccini, ma in Europa non si sarebbe potuto fare perché le regole sulla riservatezza dei dati non lo avrebbero consentito. E non si fa in tempo a cambiare quelle regole in piena pandemia. Nelle condizioni date la commissione europea ha fatto le scelte giuste e la campagna ha un ritmo accettabile, anche perché, come ricorda spesso la presidente Ursula von der Leyen, si tratta di una maratona e non di uno sprint. Anche in Italia, citata dalla presidente come caso di buona gestione, le cose vanno in modo accettabile e la modifica in arrivo sui criteri di priorità concorrerà a migliorarli. Non è ragionevole, né credibile, che Draghi voglia rigirare questo approccio come un calzino, né che voglia impelagarsi in atteggiamenti miracolistici come quelli di chi invoca Guido Bertolaso, per fare un nome, come se fosse tutto semplicemente risolvibile cambiando approccio. Invece funzionano idee semplici come quella della panchina, cioè di chi è in lista d’attesa per il vaccino ma viene invitato a essere presente e viene subito vaccinato in caso di assenza del titolare del posto in lista. E una mano consistente arriva dal chiarimento definitivo sull’efficacia del vaccino AstraZeneca

 

Oggi in pillole 

- Una prima ammissione della sconfitta, ma non da Donald Trump bensì dai suoi avvocati. Ma l’impeachment resta molto probabile.

- Come vanno le cose con la pandemia, il pesantissimo bilancio e qualche prospettiva di miglioramento.

- Benissimo i btp, tutti li vogliono, i rendimenti calano. Per i bilanci delle banche poi un giorno questo potrebbe diventare problematico, ma intanto godiamoci l’apertura di fiducia dei mercati verso Draghi.

- Una prima disponibilità ma significativa per l’allungamento dell’anno scolastico.

- Lorenzo Cesa ricoverato per Covid.

- Prevista neve in Centro Italia a quote basse e quindi si potrebbe imparare da Parigi.

- Domani tutti a sentire Piersandro Pallavicini che sa parlare di chimica, di bellezza e di letteratura.

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