(foto LaPresse)

Di cosa parlare stasera a cena

Dove finisce il buonsenso inizia la complicazione dei dpcm

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Dove finisce il buon senso comincia la complicazione, dove non c’è il primo si scatena (e impazzisce) la seconda. Il Dpcm che conoscerete stare a cena, così di dare spunti alla conversazione si incaricherà direttamente il presidente del Consiglio, deve entrare in una tale ridda di definizioni e sotto-definizioni e nella casistica stellare (vedere sotto quante ce ne sono di stelle nella nostra galassia) che regola le parentele e i ri-congiungimenti natalizi. Non si può fare conto sul buon senso, a quanto pare, e non basta raccomandare che in casa si sia in pochi, ovvero il meno possibile, anche nella sera della vigilia e al pranzo di Natale e nella lunga tirata del capodanno, né si può semplicemente consigliare di tenere una certa distanza tra gli anziani e i ragazzi (sembra facile, ma non lo è) e in quel modo farli stare anche nella stessa casa per qualche ora, entrambi con mascherina e mani pulitissime o addirittura con tampone preventivo. E allora se non si può contare sulla spinta gentile arriva la prescrizione puntuale e si infiammano quei duelli cui assistiamo ancora in queste ore precedenti alla cena e al Dpcm in cui ci si sfida non per la rivoluzione proletaria o per qualche grande riforma ma per stabilire se tra un piccolo comune e un altro ci si possa spostare con giustificato motivo e non essere multati e se si possa fare una tombolata, ma senza strillare, oppure no. Queste norme del tutto inedite avevano debuttato nel primo e totale lockdown, e relativamente semplici da scrivere quando si trattava di chiudere tutto, ora le cose sono un po’ più complicate e quindi forse bisognerebbe comunque concedere, anche se non richiesto, l’uso di un po’ di buon senso e prepararsi ad applicare le norme che tra poco conosceremo nei dettagli senza farla troppo lunga. 

 

Le tre "cose" principali 

Fatto #1 

Niente da fare, dal tavolo delle riforme (che a dispetto del nome pomposo è semplicemente il luogo di incontro tra delegati dei partiti di maggioranza in cui si dovrebbero avviare le modifiche istituzionali e legislative con cui dare seguito al referendum che ha ridotto i parlamentari e consentire anche a questa legislatura di lasciare un segno nell’assetto delle istituzioni) non arrivano notizie di avanzamenti dei lavori. E’ prevedibile che il nervosismo di Nicola Zingaretti, seppure ben occultato, vada a crescere. Il governo e la maggioranza perdono senso se non mostrano alcuna capacità di intervenire sul riassetto istituzionale e sulla legge elettorale. Si finisce per inseguire solo il presente e la crisi sanitaria e per perdersi nelle prescrizioni e tra i gradi di parentela, senza dare il minimo respiro politico all’accordo che tiene in piedi il governo. Fino a legittimare domande sulle reali intenzioni dei 5 stelle. Sì, tutti ora, come dicevamo qualche cena fa, stanno tornando un po’ ai rispettivi ovili, ma i grillini forse ci stanno mettendo più entusiasmo degli altri. E allora a cena divertitevi con un po’ di scenari di fantasia, ma politicamente interessanti. Perché i 5 stelle più baldanzosamente schierati in difesa dei loro miti fondanti danno quasi l’impressione di voler arrivare alle future, anche se lontane, elezioni stando all’opposizione. O almeno, questo vale per la parte casaleggiana, con il capo azienda Davide Casaleggio molto colpito dalle inchieste giornalistiche che cominciano a riguardarlo e dalla ribellione anti-Rousseau di una parte dei parlamentari. Per i casaleggiani e per altri puristi delle origini grilline, evidentemente i firmatari dell’appello anti-Mes ne sono la falange, si potrebbe immaginare un futuro elettorale autonomo rispetto all’altra componente e cioè rispetto al possibile partito di Giuseppe Conte. E Luigi Di Maio che farebbe a quel punto? Non è facile collocarlo e forse non lo sa neanche lui e così si spiegherebbero le sue strane uscite ultimative (ma contro chi?) degli ultimi giorni, come un modo per far vedere che c’è e combatte. 

 

Fatto #2 

Matteo Orfini va avanti, assieme ad alcuni parlamentari di Leu, con la comune iniziativa per introdurre una imposta sui patrimoni, anche mobiliari e finanziari, e che sia sostitutiva di gran parte dell’attuale Imu. Il suo emendamento è stato prima bocciato per ragioni tecniche (aveva indicato un eccesso di gettito, a parere degli uffici di bilancio) e poi riammesso. Ma la questione del gettito, ovvero se il gioco valga la candela, resta, non più tecnica ma politica. In ogni caso anche questa operazione rientra nel generale moto di ritorno alle caratterizzazioni specifiche dei partiti, sia di maggioranza sia di opposizione, e, dopo che Luigi Di Maio (allora subito rimbeccato e di brutto da Orfini) aveva criticato senza pietà la prima versione dell’emendamento, con questo secondo tentativo si realizza una demarcazione politica forte tra proposte del Pd e della sinistra della coalizione e proposte dei 5 stelle. 

 

Fatto #3 

Le più inossidabili resistenze alla concorrenza e al principio della valutazione di mercato delle concessioni, quelle dei balneari, rischiano di mettere l’Italia in grave imbarazzo. Vari governi, pur diversissimi, mai hanno osato toccare queste regole. 

 

Oggi in pillole