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Di cosa parlare stasera a cena

L'acredine della Cina nei confronti di Di Maio e il Papa in Africa

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Qui non si era capito niente, ma d'altra parte le chiacchiere a cena servono a scandagliare la realtà per capirne qualche frammento e mica servono a squadernare i fatti e le loro spiegazioni in comodi caratteri tipografici. Quindi non avendo capito poco prima del momento fatale che c'era una via di uscita dal trucismo al governo ci si era preparati alla dura vita degli oppositori morali di un qualche governo a torso nudo. Adesso quindi il respiro leggero e la soddisfazione sono ancora maggiori. Come nel risveglio da un brutto sogno, quando la banale realtà quotidiana ci sembra improvvisamente qualcosa di meraviglioso. E allora, sempre accompagnati dall'entusiasmo twittante di Giuliano Ferrare e dalla salda direzione del Foglio sempre ispirata dal diritto alla ricerca del buon umore eccoci a celebrare il giuramento di un governo bislacco e potenzialmente diretto verso un po' di tutto (tranne il sovranismo ottuso e violento). La classe dirigente latita? e se ne fa tranquillamente a meno, tanto quella italiana al massimo ha prodotto la retorica dell'anticasta, cioè la guerra a sé stessa (perché ciascuno voleva far fuori in questo modo il vicino o il rivale) e allora meglio non averne, meglio vedere cosa riesce a combinare questa mezza classetta dirigente, questo eccitante intreccio di casualità (il fantastico destino di Giuseppe Conte) e di strategia (la geometrica potenza ministeriale di Dario Franceschini). Oggi han giurato.

  

E han nominato il bravo Paolo Gentiloni per il posto che spetta all'Italia nella commissione europea

 

L'ironia sugli studi e sui percorsi personali qui non si è fatta neppure quanto imperava il governo del populismo sovranista figurialoci se la facciamo ora che c'è il tentativo di romanizzazione dei barbari più strampalati della storia. Quindi non si scherzi invano neppure sul neo titolare della Farnesina (come dicono i cronisti pigri) e si abbia fiducia nella preparazione e competenza dello staff ministeriale. Agli Esteri, anche per effetto dell'obbligo di concorso, sarà quasi impossibile per Di Maio inserire conoscenti personali come avvenuto in qualche caso nei ministeri precedenti, ed è bene per tutti. Più rilevante invece il segnale che arriva dal governo cinese, e non può essere solo un ricordo per la figuraccia del viaggio di Di Maio a Pechino, in cui sbagliò pubblicamente il nome del presidente cinese e arrivò viaggiando in classe economica, cosa che per i cinesi, anziché essere una dimostrazione di sobrietà anticasta è stata considerata uno sgarbo e un segno di poca considerazione per il paese che si visitava. Insomma, ci deve essere di più, anche perché Di Maio, gaffes a parte, era stato il più strenuo fautore della firma italiana alla Belt and Road iniziative, promossa dal governo cinese. E ora perché tanta acredine verso il giovane pomiglianese?

 

C'è subito da fare per il ministero delle gioie (poche) e dei dolori (tanti), e soprattutto c'è da prorogare, sempre fedeli al culto della proroga di cui qui ci siamo già devotamente occupati.

  

Lo spread poi è deliziosamente tiepidino, dopo i calori del governo dei minibot.

 

Pasta al burro per tutti o ci si svegli per intervenire, finora la vicenda della Xylella ha mostrato solo come i vari poteri pubblici siano riusciti a impedire di agire. Il nuovo governo potrebbe provare a dare un segnale.

 

Nel Regno Unito si divertono come matti con questa storia della (impossibile) Brexit, sempre più simile a un gioco in cui bisogna mettere qualcuno, forse succede a palla avvelenata qual cosa di simile, nella condizione di dover realizzare l'uscita dall'UE. E il malcapitato, o la malcapitata come Theresa May, comincia a dibattersi e ad arrovellarsi senza venirne a capo, finché non riesce a passare la mano a qualcun altro (sembra anche un po' lo schiaffo del soldato). Ora è Boris Johnson a divincolarsi, si dovrebbe votare, ma non prestissimo, anzi proprio senza fretta, un po' come da noi, mentre una risoluzione parlamentare impegna il governo a non uscire senza accordo. Johnson vuole fare proprio quello, ma soffre Nigel Farage che lo vuole ancora più di lui e che gli toglierebbe voti preziosi alle elezioni generando il rischio (per entrambi) di un fronte pro Brexit anche esteso, anche al 50 e passa per cento referendario, ma perdente nei collegi del first-past-the-post per la crudeltà della matematica. Immaginate voti al 27 per cento per il Brexit party di Farage, al 27 per conservatori brexiteers, e al 30 per un laburista o un liberaldemocratico (sì anche loro rischiano di dividere i voti e perdere) e il collegio andrebbe al remainer malgrado la maggioranza pro-Brexit. Vabbè, questi sono giochetti per cena, però non trascurateli.

   

Il macronista che potrebbe diventare il primo serio rivale di Macron (altro che gilet gialli e Tg2), come sempre i nemici veri sono quelli che ti sfidano dal'interno del partito.

 

C'è il Papa in Africa.