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La diatriba Di Maio-Calenda e l'affaire Nibali. Di cosa parlare stasera a cena

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Si è capito che il punto era l'ostinazione dei 5 stelle nel reclamare la Cassa depositi e prestiti. Alla fine la avranno, con il loro candidato, Fabrizio Palermo, indicato come amministratore delegato. Tutto bene quindi, ma gli spunti per parlarne non mancano. Prima questione: a quanto risulta a questa newsletter la Lega avrebbe apprezzato, dopo una iniziale resistenza, l'indicazione di un nome fatto dai 5 stelle, perché ora potrà avere peso, a buon diritto, per la nomina del direttore generale del tesoro, ruolo di grande importanza (in passato fu di Mario Draghi, di Vittorio Grilli, di Domenico Siniscalco), solo un po' calato di peso per la scelta di basso profilo da parte dell'attuale direttore Vincenzo La Via. Il nome concordato, su indicazione leghista, e con il consenso di Giovanni Tria, è quello di Alessandro Rivera. E secondo molti l'affare giusto l'avrebbero fatto i leghisti, mentre i 5 stelle starebbero sopravvalutando le capacità operative della Cdp. E qui arriviamo alla seconda questione, oggi i limiti decisionali ai vertici della cassa venivano ben spiegati in un'intervista al Corriere della Sera dell'ex ministro Giulio Tremonti e sembravano in grado di smontare i probabili entusiasmi grillini, anche perché comunque il nome scelto non ha nulla delle caratteristiche di rottura o di cambiamento, provenendo invece dall'interno della struttura, di cui è direttore finanziario.  Mentre la terza questione è nella possibile nascita di un'intesa personale, una comprensione umana, tra il plenipotenziario leghista Giancarlo Giorgetti e Tria che potrebbe stabilizzare il governo e nello stesso tempo dare alla Lega una posizione di maggiore operatività. Cosa che potrebbe preludere a imminenti attribuzioni di deleghe al viceministro Massimo Garavaglia (puntuale e corretto oggi nella difesa del capo di Consob Mario Nava, messo sotto pressione dai 5stelle), accettando che qualcosa venga dato anche, sperando in danni limitati, a Laura Castelli.

  

Perché intanto il governo, con il suo vicepremier Luigi Di Maio, ingaggia la sfida d'acciaio sull'Ilva, rimettendo in discussione la gara di assegnazione, definita un pasticcio. Si usa insomma un linguaggio furbo, non tipicamente giuridico, e si lanciano allusioni. Bisogna capire fino a che punto Di Maio possa gestire questa fase. E' il ministro, spalleggiato dal presidente pugliese Michele Emiliano, a sollevare il polverone, a lanciare vaghe accuse, a generare dubbi e sospetti. Ma poi dovrà essere il ministro a chiudere in qualche modo la partita. Rientrerà in scena la cordata sconfitta? Accettando di aumentare l'offerta economica? Oppure sarà la cordata attualmente vincente a integrare la sua offerta? In entrambi i casi non si arriverebbe comunque a risultati definitivi, perché una volta aperto il vaso dei ricorsi e di quelle che la stessa Anac ha definito criticità, poi diventa tutto più imprevedibile e le stesse scelte di investimento potrebbero essere riviste e messe in discussione (nessuno dei due gruppi ha necessità assoluto di acquistare gli impianti italiani). Insomma, le scelte di Di Maio sembrano più azzardate che meditate, mentre da Taranto, dall'interno dell'azienda, dicono che così non si riesce ad andare avanti nel giorno per giorno. Su tutto poi aleggia la polemica diretta tra ministro e ex ministro, con Emiliano sullo sfondo.

 

Reati strani, inchieste che coinvolgono sempre i vertici delle grandi banche e sempre però si specifica che è atto dovuto. Questa volta la notizia arriva da Campobasso, con l'iscrizione tra gli indagati del ministro Paolo Savona, e poi di Alessandro Profumo (AD di Leonardo) e di Fabio Gallia (uscente da Cdp). Per tutti e tre si indaga per usura bancaria, e vengono chiamati in causa per i ruoli ricoperti, tempo addietro, ai vertici di Unicredit. L'indagine non ha grandi possibilità di successo, ma se ne parlerà almeno per un paio di giorni. Voi tenetevi pronti a cena, e ovviamente siate sempre garantisti. Magari potreste portare all'attenzione di tutti la buffa traiettoria linguistica che ha portato l'espressione "atto dovuto", cioè qualcosa che si deve fare per ottemperare a regole preesistenti, a trasformarsi in sinonimo di sciocchezza di poco conto che non produrrà effetti. E allora contano solo gli atti non dovuti ma arbitrari? provateci, con questa domandina...Ah Di Maio, improvvido esaltatore del primo governo senza indagati e custode delle regole grilline sull'onestà dentro al governo, se la cava proprio dicendo che per Savona non ci sono problemi ad andare avanti perché ciò che lo ha colpito era un....atto dovuto. Mentre Matteo Renzi fa un po' di caso personale.

 

Cos'altro può interessare? Donald Trump alza ulteriormente il conto commerciale con la Cina. Ma lo attaccano anche su Fox.

 

Un po' di rabbia per Nibali, e a tavola, anche tra non appassionati, si può riflettere su come lo sport, malgrado tutti i milioni che muove, sia suscettibile di influenze esterne, volute o casuali, in grado di stravolgere risultati verso i quali si lavora e si investe per anni.

 

Mentre per ciò che non è irreparabile la giustizia sportiva sempre trova un rimedio. E quindi bentornato al Milan in Europa.