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Dai piani di Salvini al futuro di Deutsche Bank. Di cosa parlare stasera a cena

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati da Giuseppe De Filippi

Un tema per mandare avanti una cena non è intrigante se non contiene almeno una contraddizione da segnalare. Per stasera il consiglio è provare un parallelo tra la vicenda Tim e le lotte per la leadership politica. Nel mondo telefonico è in corso un bello scontro che chiama in causa gli azionisti, anche magari finora silenti. Il tono inedito, di chiamata alle armi, si è percepito con l'appello di vari importanti proxy advisor a favore del voto per la lista Elliott. Niente Opa però, la sfida si gioca su un terreno diverso e regolato da norme basiche su teste e voti più che dalle leggi a tutela degli azionisti minori. Mentre il fondo Elliott non sta fermo in attesa di queste scelte e sale, con un colpo di scena, fino al 13,73 per cento potenziale (cioè esercitando opzioni già acquistate). Un livello che sommato a Cdp e, appunto, ai soci che seguiranno le indicazioni dei proxy advisor, sembra mettere i nuovi arrivati nella condizione di superare in assemblea i francesi di Vivendi. Il proposito evidente e dichiarato è la fusione dei progetti di sviluppo della rete a banda larga assieme a Open Fiber, con economie di scala e maggior valore. Secondo il fondo Elliott nei bilanci di Tim si potrebbero ridestare ben 41 miliardi da attività non abbastanza valorizzate. E vabbè, ci si consola invece con un diluvio di Opa, amichevoli ma più spesso ostili, che spuntano, grazie a un nuovo tic giornalistico, nelle strategie politiche. C'è quella, ostile, di Salvini del centrodestra, c'è quella dei 5 stelle sul Pd o direttamente sulla sinistra. Un divertente trasferimento di significato, con l'Opa esclusa dal suo posto naturale, cioè le aziende contendibili, e sfruttata invece per colmare il vuoto di elaborazione e a volte proprio di comprensione dei fatti politici.

  

Raccontandole, seguendole, così come si vede dalle dichiarazioni pubbliche queste manovre per formare il governo non sembrano in grado di arrivare al traguardo. Prendiamo il Salvini di oggi, dice sostanzialmente tre cose, e nessuna di essere porta a formare un governo. La prima è uno sgarbo alla coalizione, quando con fastidio respinge l'idea di altri vertici del centrodestra perché non servirebbero più. La seconda é o una bugia o un'insensatezza, perché sostiene che non esistono nomi terzi per Palazzo Chigi (cioè fuori da lui o Di Maio ma fidati per entrambi) e che comunque non li voterebbe nessuno, la terza è una intemerata, di cui potrebbe pentirsi, quando dice di essere pronto a condurre in proprio trattative con Di Maio. Parlatene, magari estendendo l'analisi ad altri campi, per ragionare o della dissimulazione (ma cosa starebbe poi nascondendo?) oppure delle situazioni in cui ci si va da soli a chiudere in situazioni poi non gestibili, succede spesso, in tanti campi, ed è un tema a suo modo affascinante. Intanto Di Maio si toglie spazi di manovra in nome dell'antiberlusconismo d'antan.

 

Insomma sembra, anche dai nervi di Salvini, la pressione di Di Maio sul Pd stia crescendo e stia uscendo dal retroscenismo o dal sospetto di doppio gioco per diventare invece una strategia autentica. Il tutto al prezzo di una specie di stalking politico. Con una candidatura del Lazio a nuovo laboratorio politico.

 


   

Eternata nientemeno che dalla procura di Trani e da Renato Brunetta l'attività di intensa vendita sui Btp della Deutsche Bank nel 2011 resta nella storia del complottismo, perché con quella immissione di titoli italiani sul mercato funzionò da segnale di partenza per la corsa dello spread. I complottisti nel frattempo sono stati rintuzzati nelle aule di tribunale ma non sulle pagine dei giornali o nella convegnistica, in cui invece imperversano. Oggi, tra i temi di chiacchierata a cena, si impone quindi, e proprio mentre l'Italia annaspa nelle divisioni politiche e il suo debito resta osservato con preoccupazione, qualche considerazione sulla banca tedesca. Perché mentre lo spread è tornato a una quasi normalità, e l'Italia riesce (ma non vorremmo essere quelli che ogni mese devono farlo) a vendere i suoi titoli al ritmo di più di 30 miliardi di euro al mese senza eccessivi scossoni, e gli elettori allegramente hanno votato per chi rivendicava più deficit e quindi più debito come una medaglia al valore, beh mentre succedono tutte queste cose a passarsela male è proprio la Deutsche Bank, che tra conti in rosso e business di cui non trova il bandolo, si affida ora nuovamente a un tedesco dall'aria energica e determinata. Vedremo, ma per favore evitiamo passaggi a Trani se non per vacanze.

 


  

Parlare di Siria, della (mancata) indignazione mondiale per gli attacchi con gas alla popolazione civile e anche, però, delle possibili conseguenze a breve di contrapposizioni mondiali che si fanno sempre più dure.

 


 

Il Foglio lancia una meravigliosa riforma costituzionale per avere la quinta repubblica (francese) e così i commentatori italiani in cerca di polemiche potranno scaricare addosso al giornale che tra l'altro edita anche questa newsletter la colpa degli scioperi in Francia, che, però, a quanto pare stanno già perdendo di intensità, mentre per tutt'altre ragioni intanto si fermano anche gli aerei Lufthansa.