Papa Francesco con Benedetto XVI (foto LaPresse)

I super guai di Facebook e del Vaticano. Di cosa parlare a cena

Giuseppe De Filippi

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Il super guaio di Facebook, per quanto non sorprendente, cresce quotidianamente e sembra avviato verso uno di quegli effetti a catena da cui poi un'organizzazione non si riprende. Perché il business è tremendamente esposto (i clienti/utenti sono noti e visibili) ed è palesemente basato sulla compravendita di dati personali. Se l'uso che se ne fa è distorto, come nel caso di Cambridge Analytica, si arriva a gravissime rotture del patto di fiducia e a configurare gravi reati. Ma allo stesso tempo, anche senza i cattivi uffici della società di ricerca, il core business di Facebook potrebbe essere attaccabile. E infatti negli Stati Uniti è stata sottoscritta una prima class action basata proprio sull'uso dei dati personali e con le immancabili super richieste di indennizzo. E' come se gli utenti che finora hanno regalato (loro dicono inconsapevolmente) i loro dati improvvisamente volessero indietro i soldi fatti da Facebook proprio utilizzando quelle informazioni. Mentre l'altra stretta arriva sul piano fiscale, con l'Europa che va avanti nel progetto (discutibile, ma pesantemente minaccioso per società come Facebook) di introduzione di una tassa fissa sul fatturato delle imprese che realizzano proventi sul Web. E il buon Soros aveva intuito il problema.

 

Vabbè ma Casaleggio e associati allora? Ah, intanto #deletefacebook è partito,mentre la stessa Cambridge Analytica non crede a quello che, visto con altri occhi, sembrerebbe anche uno straordinario successo dei suoi metodi.

   

Ci sono i vertici, le candidature, le impuntature. Provate a parlarne a cena usando come bussola il progetto lineare immaginato sul Foglio da Giuliano Ferrara, riassumibile nella candidatura Flick (anche se il professore se ne chiama fuori, ma quello che conta è il Flick-archetipo, lo Ur-costituzionalista non anti-grillino e amico del parlamento). Intanto oggi occhi sul centro-destra, anche per seguire gli sviluppi del caso che riguarda la candidatura di Paolo Romani al Senato.

   

Il casino vaticano è buono per chiacchierate con una spruzzata di intrigo. Il Foglio era stato accorto e premonitore nell'individuare le manomissioni o perlomeno le mutilazioni della famosa lettera del Papa emerito. E ora la catena delle responsabilità ha colpito l'ormai ex prefetto alla segreteria per le comunicazioni.

  

La rassicurante continuità di sapere che, governo o non governo, chiunque presieda le camere, chiunque guidi i comuni, quali che siano le scelte sindacali e lo stato della contrattazione nazionale, domani ci sarà uno sciopero dei dipendenti del trasporto pubblico locale. Pochi sindacati di base e un numero strategico di adesioni riusciranno a creare problemi ed effetti molto più che proporzionali rispetto alle energie e alla rappresentatività degli organizzatori. In un dialogo senza interlocutori, in un confronto senza parti, dai quali, ovviamente, non può uscir fuori nulla. Oggi è toccato intanto a Trenord, ma con motivi specifici.

  

Intanto ecco un'altra decisione che può essere presa solo in una fase di limbo come questa, tra un governo uscente ma permanente e un governo non entrante. Tutto deciso, i tecnici hanno fatto il loro lavoro, ecco che i siti di stoccaggio per il materiale nucleare si devono solo comunicare.

 

Ovviamente il maltempo, preparatevi sul tema perché un po' di inefficienza (ma che volete inventarvi quando c'è la bufera?) altrui serve anche a inquadrare meglio la nostra. Fatto sta che sulla costa est degli Stati Uniti ci si prepara a qualche altro giorno di blocco semi-totale, e il sindaco di New York è già lì a prepararsi a tamponare i danni. Intanto da noi c'è un freddo cane, fuori dalle medie e per nulla primaverile (poi al primo caldino usciranno le statistiche con l'anno del caldo record...).