"Game of Thrones", la sfida tra Clinton e Bush

Redazione
Una rassegna delle copertine dei principali magazine internazionali. Time, Wired, Economist, Spectator, New Scientist, Politico, New Yorker

    Nella gran copertina di Time questa settimana Bill Clinton e George W. Bush ammiccano insieme, il titolo è “Game of Thrones”, è ovvio che si pensa a successioni dinastiche, magari meno sanguinose di quelle della serie televisiva di Hbo, perché i due ex presidenti sono amici, tifano per i rispettivi eredi e hanno entrambi grandi progetti per il 2016. Tutti pensano a chi sarà il prossimo a conquistare il trono di spade, nel frattempo i due si fanno intervistare e scherzano insieme sulle malevolenze dei giornali e sui quadri di George W., e c’è chi a vederli così quasi si sente svenire.

     

     

     


    Non bisognerebbe parlare di Donald Trump, prototipo dell’urlatore populista che spadroneggia nei sondaggi per le primarie repubblicane mentre tutti aspettano che la sua bolla si sgonfi. Ma come si fa? Ne combina una al giorno e sui giornali americani c’è solo la sua faccia, e capisci che qualcosa non va quando perfino l’aristocratico New Yorker gli dedica una copertina, in cui come un bambino grassoccio si tuffa a bomba dalla piscina mentre gli altri candidati repubblicani si allontanano per evitare gli schizzi.

     

     

     


    Il jihad si espande in America, e la sua capitale è il Tennessee. Il magazine di Politico, nella sua copertina online, racconta la storia della famiglia Bledsoe, che stava vivendo la “versione afroamericana e cristiano battista del sogno americano”, con una bella casa e due figli al college, una famiglia unita e una comunità amichevole, fino a che uno dei due figli, Carlos, si trasforma all’improvviso nel jihadista Abulhakim Mujahid Mohammed. La sua storia è simile a quella di Mohammad Youssef Abdulazeez, il terrorista dell’attacco a Chattanooga (Tennessee) della settimana scorsa, e ci parla dei tanti luoghi d’America (il Minnesota, per esempio), dove il jihad deforma il sogno americano.

     

     


    Nella copertina dell’Economist di questa settimana, la Silicon Valley è rappresentata come un’unica mente, un cervello per essere precisi, un superorganismo che si muove all’unisono ed è capace di ottenere risultati straordinari. Il magazine inglese racconta che, al contrario della fine degli anni Novanta, oggi non c’è da temere una bolla finanziaria come quella della New Economy. Il problema è la bolla intellettuale: nessuna comunità è mai stata tanto capace di cambiare il mondo e al tempo stesso tanto chiusa e priva di input esterni come la Silicon Valley, il rischio è che i principi del tech perdano di vista la realtà.

     

     


    Un buon esempio di come la tecnologia e la scienza possano andare fuori controllo lo racconta Wired america in un gran pezzo su Crispr, una tecnica rivoluzionaria di manipolazione genetica, la più importante scoperta del secolo in biotecnologia, che già fa temere agli scienziati scenari apocalittici. La giornalista Amy Maxmen la definisce “il motore della Genesi”. “Adesso abbiamo il potere di cambiare il Dna in maniera facile e veloce”, scrive Wired. “Questo potrebbe eliminare le malattie, risolvere la fame nel mondo, generare infinita energia pulita. E potrebbe davvero sfuggirci di mano”.

     

     


    Se l’iPhone si scarica alle cinque del pomeriggio la colpa non è di Apple. Il problema è che mentre gli smartphone si evolvono, le batterie restano sempre le stesse. Da decenni ormai non ci sono scoperte rivoluzionarie su come immagazzinare energia per i mille device che portiamo in tasca, e la ricerca per la “La batteria che ricaricherà il mondo” è il tema della copertina del New Scientist. Qualche buona notizia arriva dalla Cina, dove è appena stata individuata una particella, il fermione di Weyl, che se applicata alle batterie potrebbe far durare i nostri smartphone per un anno intero.

     

     


    Da Anthony Weiner a Jennifer Lawrence ai microscandali digitali che tutti i giorni si vedono sui tabloid, mai come nell’èra di internet è stata tanto alta la possibilità che qualcosa che non dovrebbe essere visto in giro sia reso pubblico e visibile a tutti, che noi lo vogliamo oppure no. L’èra di internet è anche l’èra delle grandi vergogne pubbliche, delle foto pubblicate a tradimento, dei video osè caricati da ex fidanzati, delle scappatelle scoperte online. Sulla copertina del magazine britannico Spectator ci sono un uomo e una donna nudi e imbarazzati, che si coprono con tablet e smartphone. La grande vergogna digitale non si può evitare, ma almeno possiamo imparare a gestirla.