L'altra faccia del Padrino, ovvero: Totò che morì due volte (salvo sorprese)

I retroscenisti dell'antimafia hanno inaugurato un nuovo gioco di società, la caccia al successore di Riina. Ma tutto lascia prevedere un remake involontario di una commedia del 1973 con Alighiero Noschese

Guido Vitiello

Morto un Capo se ne fa un altro - oppure no? La mafia oggi è diversa, ha scritto ieri sul Mattino lo storico Salvatore Lupo, e "non c’è ragione per credere che il potere politico-finanziario e 'militare' accumulato da Riina debba o possa trasmettersi come per un meccanismo di successione monarchica". Ma il riflesso condizionato dei mafiologi professionisti li porterà a cercare affannosamente il Royal Baby, o magari Il figlioccio del Padrino, titolo di un film dei primi anni Settanta con Franco Franchi - proprio lui, il misterioso signor Franco, per la prima volta in scena senza il signor Ciccio.

"Catturato Riina, i media (e anche qualche inquirente) indicarono come nuovo capo dei capi il suo compaesano e antico sodale, Bernardo Provenzano. Catturato quest’ultimo ben tredici anni più tardi, hanno provato ad attribuire il titolo a qualcun altro, e lo stesso faranno da domani (ne sono certo)".

La profezia di Lupo era così facile che si è avverata il giorno stesso in cui l'ha pronunciata. Due pagine di Attilio Bolzoni su Repubblica hanno già lanciato il Totò-scommesse. "Il nuovo capo dei capi sarà il capo di tutti", una specie di federatore ulivista della Cupola dopo la forzatura maggioritaria di Riina, e questo taglia fuori Matteo (inteso come Messina Denaro) - un boss che "non unisce", insomma un un candidato "divisivo". I nomi che girano di più, dice Bolzoni, sono Guttadauro, Scotto e Grizzaffi, e alle loro spalle c'è tutta una seconda linea di colonnelli, i vari capi mandamento, una galassia litigiosa che potrebbe convergere su qualche mafioso tornato dall'America. Si rischia una guerra per bande più cruenta di quella che infuria a sinistra del Pd. E poi, ricorda il nostro retroscenista dell'antimafia, c'è un altro problema: "Come sceglieranno il capo dei capi?". La Cupola non si riunisce dal 1993, dai tempi del Mattarellum. Che si fa adesso, ci si inventa le Mafiarie in rete?

Nell'attesa, può essere utile rivedere un vecchio film di Franco Prosperi, L'altra faccia del Padrino (1973), una parodia di Coppola dove il boss Vito Monreale ha almeno l'accortezza di lasciare un testamento, un ultimo papello per designare il successore. Che però - ah, prodigiosa potenza profetica della commedia! - è un papello rozzamente contraffatto: la firma è autentica, ma il testo lo ha aggiunto a macchina il suo sosia, il cantante e imitatore italo-americano Nick Buglione (Alighiero Noschese) che don Vito usava per le occasioni in cui temeva di finire ammazzato e che, dopo che un attentato lo ha fatto fuori davvero, alcuni uomini della sua cerchia hanno continuato a usare per nascondere la notizia della morte. Il cadavere del vero Padrino lo hanno messo in una ghiacciaia, e al suo posto c'è un attore.

Ecco, magari il carcere duro non è proprio una cella frigorifera (anche se poco ci manca), e qualcuno potrà obiettare che nella sua seconda vita Riina non era tecnicamente un attore, nonostante gli sforzi per trasformarlo nel riluttante protagonista di un grottesco reality carcerario, per il quale Massimo Bordin ha trovato il titolo impareggiabile Riina-Lorusso Muppet Show. 

Quel che è certo è che il Capo dei Capi viveva congelato ormai da un quarto di secolo, altro che cinque giorni di coma. Ma nel paese in cui Ingroia fa riesumare la salma del bandito Giuliano convinto che si tratti di un sosia (ovviamente non lo era), nessuno si può considerare mai definitivamente sepolto. Totò che morì due volte: la prima come 41bis, la seconda in senso letterale. Almeno fino a quando magistrati archeologi, giornalisti ufologi e retroscenisti dell'antimafia non ci diranno, come teme Filippo Facci, "che Riina è vivo e magari nascosto in Argentina assieme a Hitler e Bokassa".