Controlli di sicurezza per l'Angelus di papa Francesco in piazza san Pietro (foto LaPresse)

Ma di cosa avete paura, insomma?

Redazione

Cresce l’insicurezza ma non si sa il perché, certifica l’Istat. C’entra la politica

Gli italiani si sentono insicuri e hanno paura, lo testimonia un’inchiesta dell’Istat che sottolinea come il timore sia particolarmente accentuato tra le donne e le persone di età più avanzata. Il fatto sorprendente è che questi stessi italiani che si dicono preoccupati, poi non sanno dire perché. Il timore di subire uno scippo o di essere derubati dell’auto è calato di più del 6 per cento, quello di essere rapinati cala del 7 per cento, quello di subire violenza sessuale addirittura decresce del 14 per cento. Anche i dati oggettivi sui reati denunciati dimostrano una diminuzione sostanziale, come aveva già spiegato Marco Minniti nella sua conferenza stampa dal Viminale del Ferragosto scorso. C’è dunque, oltre alla differenza consistente tra la realtà e la percezione dell’insicurezza, già riscontrata in passato, un dato in un certo senso nuovo: il carattere generico della paura, che non è causata dalla percezione di pericoli specifici, che gli stessi intervistati considerano in riduzione.

  

Si tratta dunque di un fenomeno, si direbbe di una (quasi) psicosi collettiva, di quelli studiati dalla psicologia sociale. Una spiegazione si può cercare nella caduta di una concezione che vedeva nella modernizzazione solo aspetti positivi e gratificanti, mentre a questi, nella percezione comune, si associano ora aspetti di complicazione dei rapporti, di esaurimento di certezze tradizionali. Con conseguenze ansiogene. C’è anche una sicurezza “ontologica”, cioè l’atteggiamento delle persone che confidano nella continuità della propria identità e nella costanza dell’ambiente in cui vivono. Si tratta di una prevedibilità della routine quotidiana che spesso viene turbata, anche se non da fenomeni criminali, ma semplicemente da cambiamenti ambientali o famigliari. In sostanza si diffonde l’insicurezza di sé di fronte ai mutamenti sociali e di contesto e a questa si cerca di dare una spiegazione specifica, indicando la causa in fenomeni criminali, migratori o di scarsa organizzazione dei sistemi di difesa istituzionali.

     

La paura, come dicevano le nostre nonne, “è una brutta bestia”, che non risponde sempre a motivazioni reali ma soprattutto alla incertezza della propria collocazione in un contesto sociale, civile o famigliare che subisce mutamenti. Proprio perché si tratta di un fenomeno in gran parte spontaneo e che semina infelicità e insoddisfazione, richiederebbe da parte di chi ha la responsabilità politica di organizzare la convivenza civile e anche quella informativa, di descriverne i caratteri, con un atteggiamento di prudenza che punti a far prevalere i tratti razionali di un esame realistico dei dati sulle percezioni personali e ansiogene. Purtroppo basta sfogliare un giornale, o sentire un comizio, per verificare che invece molti puntano a sfruttare la paura per i propri scopi, innestando così la spirale perversa di cui siamo tutti vittime.