Libri e premi
Niente mozzarellone, solo gelatino. A Villa Giulia il Premio Strega è più moscio
Tra Cotroneo, la satira di Cucciari, l'ex ministro Franceschini e l'assenza del ministro Sangiuliano: ecco com'è andata l'ultima edizione dello Strega, dove ha trionfato Donatella Di Pierantonio e la sua "Età Fragile"
Una volta qui era tutto un buffet di mozzarellone sbrodolanti, centenarie parioline scongelate che venivano a godersi la vicinanza ai venerati maestri. Adesso le cene al Ninfeo di Villa Giulia sono ristrette alla sestina e per gli amici della domenica serata a base di cocktail con lo Strega, il giallissimo liquore che il vincitore è costretto a sgolarsi alla vittoria. “Qualcuno non si staccava più”, ricorda il presidente della fondazione Bellonci. Al massimo nella serata di luglio agli ospiti si offre un gelatino, pure quello al gusto Strega. Quest’anno tutti obbligati composti nelle sedie – “Non ci vogliono fare alzare”, dice Roberto Cotroneo – tavoli assenti, più una grande platea, tutti al cinema, tutti rivolti verso i due schermi laterali e non verso il palco, dove Geppi Cucciari prova a fare delle battute. Ma non essendoci il ministro Sangiuliano, scottato dall’ultima presenza qui, tutto resta monocorde.
Dario Franceschini invece c’è, ma non vuole dirci se lui i libri li leggeva quand’era al ministero, a differenza del successore. Noioso anche il risultato, aspettatissima la vittoria di Donatella Di Pietrantonio, coi suoi modi da prof. del ginnasio, gentile, mani giunte mentre auspica con la sua erre moscia, dopo la vittoria, “un’alleanza” tra chi ha lottato per “aborto e divorzio e le nuove generazioni, che devono confermare quei diritti”, oltre alla “battaglia importante che fanno i giovani sul linguaggio, il linguaggio è importante perché dà forma ai pensieri”. L’età fragile, storia abruzzese al tempo del Covid. “La vittoria mi riconferma quanto la vita sia imprevedibile, banale e straordinaria allo stesso tempo, mi riconferma che la vita con una mano ti toglie e con l’altra ti dà”, ci dice sul palco, emozionata ma composta, dopotutto scuderia Einaudi. “Una dedica che spesso faccio alle mie lettrici e ai miei lettori è: alla tua forza alla tua fragilità. Che spesso coincidono”.
C’è chi si lamenta, che qui una volta c’erano Elsa Morante, Moravia, Parise. “Certo la qualità complessiva della letteratura italiana non è più quella di una volta, oggi è più moscia, e rispecchia i nostri ministri e la nostra nazionale”, dice Corrado Augias al Foglio, “ma c’è la stessa platea caciarona romana di sempre. Ho votato Di Pietrantonio, una spanna sopra gli altri. E poi mi interessa l’età fragile. Dell’età ma anche del genere, del sesso. Sono vecchio, la fragilità la sento”. Molti notano una differenza con le precedenti edizioni: è molto meno caldo, si suda meno. “Ho messo la canottiera sotto la camicia”, continua Augias, mentre una processione di dipendenti Rai viene a salutarlo. “Ma forse ho sbagliato”, e ride.
Altra differenza: grandi stilisti vestono i finalisti, scicchissima Raffaella Romagnolo in Missoni, ma il più elegante che gira tra le sedie in ferro battuto è il presidente del Maxxi Alessandro Giuli. Tra il pubblico di addetti ai lavori si sentono le solite frasi: “Un insieme di cadaveri notevoli”, “Noi siamo amici di pilates”, “Giusto per sapere, l’hai avuto il mio ultimo libro?”. Qualcuno si chiede: “Ma di solito non è la vincitrice a leggere i voti?”, “Ma è morta”, gli rispondono. Interpellati da Cucciari i volti della Ztl culturale: Cristina Comencini, Piero Dorfles e Vittorio Lingiardi, che cita Freud e Jung. Vittorio Sgarbi, in abito chiaro, dice al Foglio che la diretta Rai “sembra fatta apposta per farti cambiare canale”, e trova ridicole le clip generate con l’AI con Montale o Greta Thunberg che commentano i libri in gara. “La più brava è stata Chiara Valerio”, dice.