Foto di Luca Zennaro, via Ansa 

Cattivi Scienziati

L'odio per la scienza dell'anarchico Cospito non piacerebbe ai padri dell'anarchismo

Enrico Bucci

Per Pëtr Kropotkin senza il sapere scientifico non c'è rivoluzione. Ed Errico Malatesta metteva in guardia dalla "rivolta contro 'le verità' ammesse". Per questo le posizioni oscurantiste del detenuto al 41 bis possono restare separate dal pensiero a cui dicono di rifarsi

Quando il 30 Ottobre 2013 si tenne la prima udienza del processo contro gli autori del ferimento a pistolettate dell’amministratore delegato di Ansaldo nucleare, il principale imputato, ideatore e autore dell’azione, Alfredo Cospito, tentò di leggere una dichiarazione in aula; la stessa, come ha ricostruito in un suo articolo Stefano Feltri, è ancora oggi reperibile in rete e, per quanto possa sembrare strano, è di particolare interesse per il sottoscritto.

 

In quella dichiarazione, oltre alle solite deliranti e superomistiche dichiarazioni che possiamo attenderci, vi è di più: vi è un lucido e radicale odio nei confronti della ricerca scientifica, della tecnologia e degli stessi scienziati, che sono nel complesso identificati come una delle colonne portanti della civilizzazione; civilizzazione contro cui ci si scaglia in maniera chiara ed evidente.

  
Leggiamo infatti: “Come pecore che cercano protezione nel pastore che le macellerà, così noi civilizzati ci affidiamo ai sacerdoti laici della scienza, gli stessi che ci stanno lentamente scavando la fossa”.

 
E ancora, il documento si conclude così: “Morte alla civilizzazione” e “Morte alla società tecnologica”.

 

Ora, sarebbe fin troppo facile attaccare come ricercatore e come scienziato le posizioni retrive e dichiaratamente nichiliste di Cospito e dei suoi numerosi seguaci, che risuonano ampiamente anche al di fuori dell’ambito anarchico – l’immagine dei “sacerdoti della scienza” è infatti una di quella presa a prestito da ogni movimento antiscientista e rivolo antirazionalista degli ultimi due secoli almeno. Le fonti torrenziali di parole accattivanti, come gli alunni dell’ultimo banco che tirano palline di carta contro compagni e insegnanti, così i cattivi maestri di ogni colore rivolgono spesso i loro strali contro la scienza, oltretutto identificandola con la tecnologia o con la crasi tanto di moda delle tecnoscienze che sottende ogni attacco al sapere e alla cultura derivanti dall’applicazione del miglior metodo di indagine della realtà sin qui a disposizione.

 

Vorrei invece abbandonare il mio punto di vista, e considerare quello di qualche maestro del pensiero anarchico, un pensiero il cui studio non mi è estraneo perché, paradossalmente, è stato espresso anche da autori che ritenevano la scienza naturale quale suo fondamento e il metodo scientifico quale esempio da seguire.

 

Pëtr Alekseevič Kropotkin, il celebre militante e maestro russo del pensiero anarchico, è uno di questi autori. L’anarchia, per Kropotkin, e la rivoluzione comunista anarchica che egli auspicava, non si dà senza la scienza: nella sua opera “la conquista del pane”, scriveva infatti che “la rivoluzione è più che la demolizione di un regime. È il risveglio dell'intelligenza umana, lo spirito inventivo decuplicato, centuplicato; è l'alba di una nuova scienza – la scienza di Laplace, di Lamarck, di Lavoisier.”

 

E quanto la scienza e l’educazione scientifica fossero al centro dei suoi pensieri, lo si può dedurre da innumerevoli passaggi, nessuno forse così chiaramente formulato come questo tratto dal suo scritto “Fields, Factories and Workshops”: “Detto chiaramente, gli obiettivi della scuola secondo questo sistema dovrebbero essere i seguenti: dare un'istruzione tale che, dopo aver lasciato la scuola all'età di diciotto o vent'anni, ogni ragazzo e ogni ragazza siano dotati di una conoscenza approfondita della scienza - una tale conoscenza che potrebbe consentire loro di essere utili lavoratori nella scienza - e, allo stesso tempo, dare loro una conoscenza generale di ciò che costituisce le basi della formazione tecnica”. 

 

Ancora, in “Scienza moderna e anarchismo”, così scrive Kropotkin: “L'anarchismo è una concezione del mondo basata su una spiegazione meccanica di tutti i fenomeni, che abbraccia l'intera natura, cioè include in essa la vita delle società umane e i loro problemi economici, politici e morali. Il suo metodo di indagine è quello delle scienze naturali esatte, mediante le quali ogni conclusione scientifica deve essere verificata”.

 

Non solo per Kropotkin l’anarchismo si fonda su un’analisi scientifica dell’uomo e della società, ma anche dal punto di vista pratico il suo scopo, ovvero la creazione di istituzioni sociali più adatte alla felicità umana, non può raggiungersi senza l’utilizzo del metodo scientifico e delle conoscenze tecniche necessarie. Nel citato “Scienza moderna e anarchismo” il nostro scrive infatti: “Per mezzo della stessa forza creativa e attività costruttiva popolari, basate sulla scienza e sulla tecnica moderne, l'anarchismo cerca di sviluppare istituzioni che assicurino una libera evoluzione della società.”

 

Uno dei padri del pensiero anarchico moderno, cioè, non solo considerava irrinunciabile il metodo e la conoscenza scientifica e tecnica per la formulazione del pensiero anarchico, ma soprattutto aveva ben chiaro che senza di quelli non sarebbe stato possibile progredire verso una società più felice e più libera. 

 

Nulla di più lontano dall’ottuso odio di scienza e tecnologia e dalle invettive contro la civilizzazione ottenuta dall’applicazione della conoscenza scientifica; senza per questo voler qui giudicare del pensiero e dell’azione di certi anarchici di cui oggi ci troviamo a discutere, e pure senza implicare che scienza e tecnologia non possano essere utilizzate per l’oppressione e la distruzione invece che per il bene e il progresso, pur riconoscendo con Feltri che nella contingente situazione “lo stato ha l’occasione di dimostrarsi migliore di Cospito”, vorrei qui ricordare che certi deliri oscurantisti possono essere ben separati dal pensiero politico a cui dichiarano di rifarsi, e che non è affatto necessario attaccare la scienza e la tecnologia nel nome di un auspicato progresso della società.

 

E forse a chi ha scelto l’anarchia vale la pena di ricordare le parole di un altro grande anarchico, Errico Malatesta, che scrisse: “Vi è tra noi la tendenza a trovare vero, bello e buono tutto ciò che si presenta sotto il simpatico manto della rivolta contro 'le verità' ammesse, specie se è sostenuto da chi è, o si dice, anarchico. Il che dimostra una deficienza di quello spirito di esame e di critica che dovrebbe essere sviluppatissimo negli anarchici.”