Festa grande al ministero della Cultura per i 90 di Liliana Cavani, eterna ragazza

Ginevra Leganza

L'omaggio alla regista è un vero happening. Non ci sono anime in pena ma un’unica anima grande. Da Giovanna Ralli a Pupi Avati, daPaolo Sorrentino a Michele Placido. E tutti quei politici che all’arte danno del tu. Lei intanto è pronta a tornare in sala con "L’ordine del tempo"

L’incantevole strega coi capelli bianchi e mossi e con la sciarpa rossa, Barbara Alberti, pronuncia una verità squillante: “Noi siamo i giovani che per ultimi hanno goduto del diritto di essere giovani”. Ed eccola la giovane tra le giovani. Liliana Cavani festeggia i suoi novant’anni fra i baci, gli abbracci e le fette di torta nella biblioteca del ministero della Cultura. 

  
All’indomani delle cosiddette feste, infatti, il ministero di Gennaro Sangiuliano si trasforma in casa aperta. 

 
È un vero happening. Niente documenti all’ingresso. Solo una parola d’ordine: “Siamo qui per la festa della Cavani”. 

 

  
Ed eccoli qui per la festa, tutti gli altri giovani. Giovanna Ralli, meravigliosamente aduggiata in occhialoni scuri. Il decano Pupi Avati: immancabile. Marco Bellocchio e il cordialmente antipatico Paolo Sorrentino, a gigioneggiare in fondo. E poi Michele Placido con un bellissimo cappello, forse Borsalino. 

 
C’erano tutti, lunedì, a omaggiarla. Con Vittorio Sgarbi psicopompo di un’anima grande a girovagare nella biblioteca di Archeologia e storia dell’arte in via del Collegio Romano. Non si scorgono mascherine né pass. Ci sono giusto un vago invito via WhatsApp e, all’ingresso, un guardaroba. E non ci sono anime in pena ma un’unica anima grande, appunto. Con tutti quei politici che all’arte danno del tu. C’è Fausto Bertinotti che per un attimo rivede I Cannibali nel buio di una sala cinematografica, coi fumi di sigaretta a incensare i corpi nudi dinanzi agli occhi di quella sua Milano. Luciano Violante che – gentiluomo – le chiede scusa per averla nominata membro del CDA della Rai ai tempi della presidenza della Camera: per averla confitta, insomma, in quel che per un’artista è buco nero, Viale Mazzini. E poi Gianni Letta, innamorato delle sue pellicole. E ancora Walter Veltroni che ammoscia un po’ tutto e tuona in ovvi botti di scarsocrazia: “sarà stato difficile essere donna all’epoca…” (ma va anche bene abbassare un po’ il tiro: serve a non prendersi troppo sul serio). 

 

  
E adesso che i geni della commedia la omaggiano, proprio ora che il maestro di Ovosodo prende la parola, già si vede il carretto con cui Friedrich Nietzsche e Paul Ree trasportano Lou Salomé. Paolo Virzì – come in un caleidoscopio di immagini – evoca le bretelle sui capezzoli di Charlotte Rampling, il berretto col teschio di Dirk Bogarde… E infine sé stesso che, adolescente, comprende con l’Antigone “come col cinema si possano fare anche le cose strane”. 


Liliana Cavani ascolta e ricorda di quando i giornali internazionali le sbagliarono il titolo: Il portiere di notte divenne Il portiere “della” notte. E in quell’errore si svelò tutta la poetica di quest’eterna ragazza. Custode di Ecate, madrina del buio e di quella scena in cui “lei fa l’amore di sopra”: mentre in Francia s’apriva una discussione sulla ferita sempre viva del collaborazionismo, in Italia si dibatteva di nudi e censura. 

  
Ma forse quel poco che è cambiato è cambiato in peggio. E di nuovo l’azzecca Barbara Alberti: “È impossibile oggi dire: che bel culo. Impossibile per noi che abbiamo rinnegato la realtà dei sogni”. L’abbiamo rinnegata noi, forse, quella realtà. Ma non lei. Non la Cavani, di nuovo pronta a tornare in sala con L’ordine del tempo, l’ultimo suo film di cui firma la sceneggiatura. Edoardo Leo, nel cast assieme a Alessandro Gassmann, dalla lontananza le manda gli auguri perfetti: “Tu sei una donna senza età”. 

 
E proprio come in un racconto senza età, così come impone quella fabula eterna chiamata Roma, il pomeriggio di festa per Liliana Cavani si chiude nel più consueto dei modi: seguirà buffet.