Franco Zeffirelli (Ansa)

il documentario

La benefica immersione nel mondo di quel "Conformista ribelle" che fu Zeffirelli

Andrea Minuz

Presentato a Venezia, e ora al cinema come evento per tre giorni, il lavoro di Dell'Olio è un concerto a più voci che intreccia film, materiale di repertorio, archivi fotografici, ricordi e interviste, per addentrarsi nell’enigma dell'artista: amante delle polemiche e grande irregolare

E’ un riscatto tardivo. Magari l’inizio di una riscoperta. E’ un ritratto, un omaggio, una scorribanda a più voci dentro un pezzo di storia dello spettacolo italiano. Di sicuro, è qualcosa che Zeffirelli meritava da tempo. Prodotto da La Casa Rossa, presentato a Venezia, e ora al cinema come evento per tre giorni, il documentario di Anselma Dell’Olio, “Conformista ribelle” è un’immersione nel mondo, nell’opera e nella vita di quel personaggio inclassificabile che fu Franco Zeffirelli.

 

Artista di fama internazionale, “uomo del rinascimento” prestato al cinema, al teatro, alla televisione, incarnazione di quel “maestro” che nel mondo è sinonimo d’italianità, Zeffirelli fu infatti sistematicamente ignorato, denigrato o apertamente odiato in patria. Fischiato a Venezia. Sbeffeggiato nelle recensioni. Ridimensionato anche di fronte ai trenta milioni di spettatori del suo “Gesù di Nazareth” su Rai 1 nel 1977. Ancora tre anni fa, infastidito dall’omaggio che gli rese Firenze in occasione dei funerali, Tomaso Montanari non perse occasione per definirlo “un insopportabile mediocre”.  Zeffirelli, del resto, era un grande amante delle polemiche. Prima quelle nel campo dell’arte, sulla messa in scena dei classici, che lui rovesciò da cima a fondo (fu l’unico italiano a trionfare all’Old Vic di Londra; diresse in modo superbo Richard Burton e Liz Taylor all’apice della loro fama; aprì una nuova era negli adattamenti shakespeariani).

 

Poi le dichiarazioni che facevano scandalo su qualsiasi tema: dall’aborto a un’omosessualità sganciata dall’orgoglio gay, fino ai rigori concessi alla Juve, con furibonde litigate televisive nelle trasmissioni di Maurizio Mosca. Fu quindi senatore con Forza Italia, quando il Cav. era praticamente il demonio. Tutto troppo difficile da accettare in un paese come il nostro. “Conformista ribelle” è allora un concerto a più voci che intreccia film, materiale di repertorio, archivi fotografici, ricordi e interviste, per addentrarsi nell’enigma Zeffirelli.  Rivive soprattutto questa sua incredibile capacità di mettere insieme gli opposti e farli convivere. Non possono che esserci tanti Zeffirelli. E il film di Dell’Olio li intreccia uno dopo l’altro, a partire dall’infanzia difficile, l’abbandono del padre, l’iniziazione all’arte delle vecchie zie. C’è il polemista, il bastian contrario, l’ex partigiano poi fervente anticomunista, l’omosessuale cattolico e liberale che si forma prima con La Pira, poi con Visconti negli anni furiosi del neorealismo e del marxismo all’italiana. C’è l’artista che rivisita l’Opera lirica e reinventa Shakespeare.

 

C’è il regista per nulla ansioso di essere considerato “auteur”, preoccupato più di raccontare e dirigere bene gli attori che di posizionare la macchina da presa. C’è “l’Agenda Zeffirelli”. Una rete di contatti e amicizie impressionante, da Cher a Liz Taylor e Richard Burton, da Bernstein a Laurence Olivier, da Lady Diana a Judi Dench: non c’erano artisti e personaggi dello show-business che Zeffirelli non fosse in grado di chiamare al telefono, anche all’ultimo minuto, per coinvolgerli in qualche progetto. C’è, infine, l’uomo isolato, inviso alla cultura italiana che diventa senatore non per amore del Cav., ma per il gusto della contrapposizione e della libertà di poter scegliere l’opposto di quel che ci si aspetta da un artista. Perché più di ogni cosa Zeffirelli detestò il conformismo come scorciatoia e annichilimento della libertà. Fu insomma un grande irregolare, bravissimo a litigare con tutti, innamorato dell’arte e della vita, incapace di venire a patti con la tetraggine di un’arte al servizio del popolo o della rivoluzione.
 

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