Gustav Klimt, "Malcesine sul lago di Garda", 1913 

scrittori in vacanza

Wunderbar Garda. Il turismo tedesco sul lago negli anni della Belle Époque

Marco Archetti

Goethe fece entrare nella cultura tedesca la passione per la costa che gli sfilò davanti agli occhi durante una traversata da Torbole a Malcesine. Forte del binomio sole & salute, fiorisce Gardone Riviera, che ospiterà poi anche Nabokov e Lawrence. Cartoline dai Mann e da Rilke

Il 15 marzo del 1900 il servizio telegrafico di Gardone Riviera chiuse per ventiquattro ore a tutti gli utenti. Il responsabile della sospensione fu il poeta e scrittore tedesco Paul Heyse. In quei giorni, mentre lavorava alla raccolta “Novelle dal lago di Garda” e ad alcune poesie – “come il lago posa ridente / leggero respira il tuo cuore…” –, paralizzò le comunicazioni a causa dei duecento telegrammi di auguri che ricevette da Monaco per i suoi settant’anni. 

Propaggine della Baviera, città parco, terrazza-giardino ex villaggio di pescatori e carbonai e prima località turistica di tutto il lago di Garda (in quell’anno il Comune registrò 4.575 ospiti, nuove normative contro i facchini abusivi e l’amplimento della strada con la Kuperpromenade Barbarano-Fasano), Gardone Riviera fu la scelta di vita invernale dello scrittore. “Vi sono momenti”, annotava nel diario, “in cui la nostra vita sembra sciogliersi nell’universo: io non l’ho mai sentito tanto come su questo lago”. Si era trasferito a Gardone su consiglio del pittore Bernhard Fries e ci resterà per un decennio, fino alla soglia dell’assegnazione del premio Nobel per la Letteratura, quando vendette l’amata villa Annina, di proprietà della seconda moglie, per tornarsene in Germania in frantumi, tradito dal clima antitedesco che, garantiva, si cominciava  a respirare in Italia.

Heinrich Mann, fratello di Thomas, scrive: “Non ci si può fare un’idea di questa quiete, di questa bellezza”

In ogni caso, tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e i primi quindici del Novecento, a respirare sul Garda ci andarono in molti: dalla Germania provenivano flussi tanto massicci di “forestieri” che la cittadina si trasformò irreversibilmente, registrando, dai quattrocento ospiti censiti nel 1887, un picco di nuovi residenti quasi tutti germanofoni e diventando un centro di richiamo a livello europeo, microcosmo-specchio degli ambienti borghesi monacensi e berlinesi, forte del binomio sole & salute. Al giro di boa del secolo, prossima ormai alle diecimila presenze stagionali, il dottor Leonhard Kretz pubblicava le rilevazioni sistemiche del clima della Riviera e le cosiddette “farmacie internazionali” spuntavano come funghi. Fondato da Ottomar Piltz, nasceva il periodico di lingua tedesca Der bote vom Gardasee, il Messaggero del lago di Garda, “il primo e unico foglio tedesco in Italia”, che verrà distribuito anche nel Tirolo, sulle Alpi bavaresi, in Svizzera e in Francia: uscirà regolarmente per quindici anni, a cadenza settimanale d’inverno, mensile in estate – il turismo tedesco sul lago era, in questa prima fase, essenzialmente invernale –, e intratterrà i suoi lettori con rubriche di barzellette, feuilletton, pagine di itinerari consigliati, del gossip ante litteram (gli elenchi delle personalità presenti di volta in volta sul lago, e cosa facevano, e cosa mangiavano, e con chi) e intere paginate di letteratura firmate Mann, Hauptmann, Hesse.

Il professor Henry Thode, docente dell’Università di Heidelberg e personaggio chiave della critica d’arte tedesca che, in seconde nozze, aveva sposato Daniela Sent von Bülow, figlia di Cosima Liszt, vivrà nella splendida villa Cragnacco in compagnia dei manoscritti di Richard Wagner (che Cosima aveva sposato nel 1870 nonostante una differenza d’età di ventiquattro anni, dopo avere a lungo imbrogliato il marito in combutta col compositore, che approfittò della sua fiducia e lo riempì di menzogne e, almeno, una figlia che credette sua) e di oltre seimila volumi in lingua tedesca, tesoretto che il governo italiano sequestrerà con la villa a titolo di risarcimento per i danni di guerra. A partire da questa struttura originale, nel 1921 Gabriele d’Annunzio edificherà poi il Vittoriale, lanciando la seconda fase della notorietà europea di Gardone Riviera, improntata a una più iridescente mondanità – intanto era già nata l’Azienda di soggiorno ed era tutto un tripudio di stabilimenti e lidi, minigolf e pattinaggi, mostre canine e gare sportive, raduni motonautici e tornei di prestigio come “la Coppa dell’Oltranza”, insomma, l’epoca d’oro in cui le sponde gardesane furono frequentate anche da Vladimir Nabokov, Gerhart Hauptmann, William Somerset Maugham, D.H. Lawrence; la Callas arriverà dopo, vivrà a Sirmione dal 1952 al 1958 (“telefoni e rose per la villa della Callas: la famosa cantante cura personalmente i lavori di restauro e l’arredamento dell’ex villa Giannantoni, che troverà pronta al suo ritorno da Londra, dove in giugno canterà dinnanzi alla Regine per il centenario del Covent Garden”, scriveva un rotocalco).

Malcesine importante anche perché era attraversata dal confine tra Regno d’Italia e Regno austroungarico

Ma andiamo con ordine. Prima della Prima guerra mondiale, la personalità simbolo della Gardone metà italiana e metà tedesca – in stupefacente sviluppo al punto che nel 1902 aprì perfino una Deutscheschule (sette alunni) – fu l’ingegner Angelo Fuchs. Architetto di Conegliano Veneto nato austroungarico da famiglia ebrea, figlio di un mercante della Moravia e da un’esponente della piccola comunità cenedense – quanto involontario Joseph Roth si fa carne, dalle pagine, in certe vite a cavallo di secoli e culture – fu così intimamente amico di Luigi Wimmer, altro personaggio saliente conosciuto come compagno d’armi nella Terza guerra d’Indipendenza contro gli austriaci (la sua camicia rossa è custodita nel Museo del Risorgimento di Brescia), che la vedova gli commissionò la prosecuzione dei lavori di ampliamento della piccola pensione “Pizzoccolo”, la prima in assoluto, aperta nel 1883, lavori che il marito aveva lasciato in sospeso a causa della malattia renale che a quarantun anni lo stroncò. Fuchs se ne fece carico e ne venne fuori un paese nel paese. “Contiene circa trecento stanze tutte aperte a mezzodì, sala da pranzo magnifica (la maggiore è capace di 250 persone), sale di conversazione, di lettura, di musica, da giuoco, gallerie a vetrate, giardini con vegetazione tropicale, e splendida passeggiata a lago, tutto illuminato a luce elettrica con lampade ad arco e a incandescenza, ed è riscaldato da caloriferi”. Poi progettò tre sale del Casino di Gardone, villa Koeniger, l’hotel Roma – inaugurato nel 1904 e demolito nel 1980 – e la villa del nobile Ernst Graf von Moy de Sans, fratello del ciambellano del principe reggente di Baviera, nella quale il conte trascorrerà il periodo invernale.

E’ solo l’inizio: nel 1903 i gardonesi accolgono festosamente all’imbarcadero il re Giorgio di Sassonia con la figlia e un seguito di dieci persone cui, qualche giorno dopo, si aggiungerà un nobile codazzo di duchi e arciduchesse; quindi Sua Altezza Reale la principessa del Belgio, e poi pittori, scrittori all’epoca noti come Houston Stewart Chamberlain, personaggi come l’economista Franz Oppenheimer, e altre personalità da francobollo. Rosa Luxembourg, dalla pensione Lignet di Maderno, la prediletta di Heinrich Mann, fratello di Thomas, scriveva: “Non ci si può fare un’idea di questa quiete, di questa bellezza. La pensione è eccellente, direttamente a lago. L’acqua davanti alla finestra gorgoglia dolce e instancabile, e questo chiacchiericcio delle onde ti incanta i sensi. Il tempo è magnifico. Rose, lauri, caprifoglio, eliotropi fioriscono in gran quantità. Nei monti tutt’intorno, uliveti e gruppi di cipressi. Il mondo è bello,” concludeva, “solo noi siamo brutti”. 

Ma Gardone fioriva: dal 1908 il lungolago prenderà a chiamarsi Promenade des Allemands, apriranno case di cura gestite dalle suore grigie di Breslavia, si inaugurerà il Grand Hotel Savoy e si srotoleranno siepi e giardini e rigogliose spalliere di rose, si costruirà un nuovo acquedotto, apparirà il club “Mandolinisti veneziani” e la stampa dibatterà con fervore intorno alla germanizzazione del lago già gagliardamente al galoppo – “questa comunità non è per noi qualcosa di estraneo”, la celebrava Giuseppe Zanardelli nell’occasione di una festa nel 1901 – e intanto cominciavano ad arrivare i primi russi, i danesi, gli inglesi.

Anche l’Alto Garda vantava numerose stazioni climatiche. Nella più famosa soggiornarono Mann e Kafka

E se è noto a tutti che il turismo tedesco sul Garda l’abbia inventato Goethe che lo fece entrare nella cultura tedesca raccontando la bellezza della costa che gli sfilò davanti agli occhi durante una traversata da Torbole a Malcesine (“quanto vorrei che i miei amici fossero per un attimo accanto a me e potessero godere dello spettacolo incantevole del lago, una meraviglia della natura!”), meno noto è che esista una testimonianza letteraria precedente: quella del romanzo “Ardinghello e le isole felici” di Wilhelm Heinse, che nel 1787 ne offrì scorci idilliaci. Malcesine è sempre stata importantissima anche perché era attraversata dalla linea di confine tra Regno d’Italia e Regno austroungarico (scemato l’amore per le terme salisburghesi e dopo ben tre soggiorni – nel 1890, nel 1903, nel 1913 – perfino Gustav Klimt la ritrasse in due opere, “Malcesine sul lago di Garda” e “Chiesa a Cassone”, quest’ultima venduta nel 2010 all’asta di Sotheby’s per 26,9 milioni di sterline).

Nel 1927, dopo aver frequentato il Garda, ci ambientò una novella anche Stefan Zweig. Si intitola “Tramonto di un cuore” e comincia così: “Una notte, il vecchio Salmonsohn, nell’albergo di Gardone dove aveva accompagnato la famiglia in occasione dei giorni pasquali, si svegliò per un forte dolore. Il respiro si faceva largo a stento attraverso il petto oppresso. Udì attraverso la finestra spalancata suonare le ore del campanile, quattro rintocchi sonori, seguiti da un leggero tremolio sul lago: le quattro del mattino.” (Povero dottor Salmonsohn, Geheimer Kommissionsrat, consigliere di commissione, ricco ebreo borghese austriaco in vacanza sul Garda per curare la salute ma col destino già segnato, ignaro della fine non più che dell’inizio, ignaro di tutto e di se stesso e per questo consumato dall’odio e dall’afasia, preda di fantasie grottesche e micidiali, che mentre prende aria per reagire a un attacco di calcoli biliari vede la figlia uscire dalla camera di uno sconosciuto…).

Il più esplicito riferimento all’abitudine dei “luoghi di cura” e alla Klimatotherapie, costume ormai radicato presso gli ambienti aristocratici e borghesi di lingua tedesca e influenzato storicamente da una concezione romantica della natura che nelle rappresentazioni letterarie si presterà a condensare quel clima irripetibile della Belle Époque, lo si trova ne “L’incorruttibile” di Hugo von Hoffmansthal, commedia del 1923 ambientata nella bassa Austria. Del resto non è difficile immaginare il barone protagonista passare qualche mese sul lago con le sue amanti, dopotutto in Austria e in Germania erano ormai notissime Villa Primavera del dottor Koeniger, e l’attività del patologo di Monaco Max Brost, della dottoressa Barbara Frenkel di Pietroburgo attiva a Villa Ida e Villa Graziosa, e del dottor Boral, pneumologo viennese che fece progettare la sua villa proprio dall’ingegner Fuchs. “Gli ospiti passeggiano gravi e silenziosi, là si arrampicano su un sentiero, più in là siedono all’ombra di un albero. Tutti hanno il loro cannocchiale a tracolla, e i cappelli carichi di ogni specie d’erbe e fiori. Dopo il tramonto la collina si spopola, la colonia rientra nell’albergo. La cena, la musica, la lettura, la conversazione, il giuoco…”.

Idroterapia, massaggi, ginnastica, ipnosi, diete vegetariane e le rinomate capanne d’aria i metodi di cura 

Anche l’Alto Garda, “terrazza mediterranea dell’impero asburgico” tra Riva, Arco e Torbole, vantava numerose stazioni climatiche. La più famosa era quella del sanatorio von Hartungen. Paul Valéry si avvalse dei suoi servizi e Thomas Mann vi soggiornò nel 1901, nel 1902 e nel 1904. Franz Kafka nel 1909 e nel 1913, la prima volta come turista, la seconda come malato: nel primo caso raggiunse Desenzano col battello e Brescia in treno, allungandosi fino a Montichiari per una manifestazione aviatoria che raccontò ne “Gli aeroplani a Brescia”; durante il secondo soggiorno si curò e trovò ispirazione per “Il cacciatore Gracco” (“Io sono il cacciatore Gracco, la mia patria è la foresta Nera”, ma, morto vivente, va a finire a Riva del Garda). 

Cure dietetiche vegetariane, idroterapia, massaggi, ginnastica, ipnosi: questi i metodi di cura, insieme alle rinomatissime capanne d’aria, costruzioni di legno dotate di porta e ampie finestre senza vetri, costruite perché l’ospite usufruisse dei benefici della poderosa ventilazione e dell’Ora, il vento estivo e pomeridiano del lago. In questo tratto il Garda ha l’aspetto di un fiordo, acque profonde e rive scoscese. Lo ritrasse anche Jean-Baptiste Camille Corot, che nel 1835 scrisse: “Non c’è niente di più simile a un quadro come i colori del paesaggio italiano sul lago di Garda”. Rainer Maria Rilke lo amò così: “Oh valle ricca d’arie profumate / Si fa preghiera il volere selvaggio / e il desiderio, pura gratitudine”.