Islanda, Finlandia, Fær Øer. Rileggendo l'Isola pianeta, dove il grande scrittore parte per tutti i settentrioni possibili. Un libro perfetto per quest'estate
"Chi fa un viaggio rischia di arrivare”, diceva Giorgio Manganelli che, nel frattempo, partì a più non posso (India, Africa, Cina, da via Nomentana a piazza San Silvestro col 60, fino all’incredibile, esotico Abruzzo “produttore di silenzio”) e arrivò dove doveva, e definì il viaggio come uno “spazio longilineo fatto soprattutto di se stesso”, lui che evitava le città belle e le greggi che certe guide incattivite oberavano di capolavori, lui che preferiva lasciarsi cadere nella fessura della geografia, a piombo, accettandone le gravità e le conseguenze, compresa l’ineluttabilità dell’odio – ricordate cosa diceva del Partenone visto di rientro da un viaggio africano? “Superbia geometrica, ignoranza del magma”, insegnandoci a odiare i capolavori con stile e sottigliezza – speriamo la imparino certi manganelliani, verbosi adepti di un culto che, a conti fatti, rifiutava tutti i culti
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