(Foto di Olycom) 

Antologia di corrispondenze sincere

L'epistolario di scrittori e uomini di spettacolo raccolto da Masolino D'Amico

Mariarosa Mancuso

Le lettere, le cui firme vanno da Swift a Zeffirelli sono spiritose e ben scritte. Il critico teatrale raccoglie con garbo e divertimento una personale selezione pubblicata da Bompiani

Una signora del Settecento poteva trascorrere qualche ora nella giornata sbrigando la corrispondenza. Lettere ben scritte, spiritose quand’era il caso, con la vivacità di chi si impegna a essere brillante e a intrattenere l’interlocutore (le cattive notizie venivano sbrigate con discrezione). Lady Mary Wortley Montagu, per esempio, scrisse molte lettere da Costantinopoli, dove era stata al seguito del marito ambasciatore. Apprezzava l’usanza del velo, che le consentiva di girare indisturbata per la città. E i bagni turchi, piacevole scoperta per chi arrivava da una Londra poco amica dell’acqua (fa fede il poemetto “Lo spogliatoio della signora e altre poesie” di Jonathan Swift: l’innamorato si intrufola là dove la sua bella si fa bella, trova una camiciola “sotto le ascelle ben bene incotechita” con altri indumenti e trucchi che orripilato descrive). 
Dobbiamo a Lady Montagu il vaccino contro il vaiolo, osservato in Turchia e sperimentato sui suoi figli. Finì la sua vita dalle parti di Brescia, descrivendo in una lettera alla figlia la vita degli indigeni: “C’è una nutrita piccola nobiltà, ma siccome ognuno si considera superiore agli altri non si incontrano mai”. Continua raccontando una classica rissa rusticana: il marito torna a casa prima del tempo e trova la moglie a letto con il fittavolo venuto a pagare il dovuto. Calmate le acque, Lady Montagu commenta: “Non era certo la prima volta, non posso credere che una donna vissuta virtuosamente fino a 40 anni seduca un giovanotto a prima vista”.


Questa e altre lettere rubate sono state raccolte da Masolino D’Amico – poi pubblicate da Bompiani con il titolo “Epistolario altrui” – mentre riordinava la sua biblioteca da anglista. Ma troviamo anche Luchino Visconti: una protesta indirizzata al Times di Londra perché avevano recensito la versione del “Gattopardo” rimaneggiata e doppiata a Hollywood (il giovane Masolino D’Amico – figlio della sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico – aiutò il regista con l’inglese). E Franco Zeffirelli, che aveva un problema di colonna sonora per un “Amleto”, e non amava troppo Nino Rota.
Il Settecento batte l’Ottocento, che pure ha tra i suoi momenti migliori la missiva che Charles Dickens scrive al suo amico e avvocato Thomas Mitton dopo il famoso incidente ferroviario di Staplehurst. Era crollato un viadotto: “Mi sono trovato nell’unico vagone che non sia caduto nel fiume. Incastrato su qualche rovina del ponte, in bilico”. Uscì dal finestrino, si fece riconoscere dalle guardie che portavano soccorso, le aiutò a curare i feriti. “Non voglio testimoniare e non voglio scrivere dell’incidente”, scrive. Mentre celebra il proprio sangue freddo: “Avevo con me il manoscritto di una puntata e a tentoni sono tornato a riprenderlo”.


Lewis Carroll scrive a una ragazzina, è andato dal dottore perché gli duole la faccia. Diagnosi: “Ha dato troppi baci, i prossimi li mandi in una scatolina”. Jonathan Swift racconta la sua giornata tumultuosa, è già alla lettera numero 26 e inizia dicendo che non ha molto da dire. E’ il tipo di lettera che riferisce “ho visto il tale, sono andato a pranzo con il talaltro”: lo scrittore era una celebrità a Londra, prima di ritirarsi a Dublino. All’occorrenza, dava consigli in materia giudiziaria: “Ho aiutato a negare la grazia a un uomo condannato per stupro”. Materia anche allora controversa: il segretario di stato sosteneva che “una donna non può essere violentata”. Swift fa notare l’aggravante: “Costui era un violinista, e di conseguenza un farabutto”. Non richiesto, aggiunge i suoi saldi princìpi: “Non sarò certo io a difendere l’onore di una donna”.

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