Confusioni

Essere russo non è una colpa

  Paolo Nori

Dalle grida alla stadio alle copertine dei giornali, il grande rischio che si cela dietro il conflitto in Ucraina è quello di demonizzare un popolo, una cultura e una lingua che non hanno fatto niente

Quello che succede in Ucraina è terribile, quello che succede in Russia è drammatico, quello che succede in Italia è strano. L’altro giorno, ero allo stadio Tardini di Parma, la signora dietro di me ha gridato, all’ arbitro, ai due guardalinee e al quarto uomo: “Ma da dove venite? Dalla Russia? Siete dei delinquenti come loro!”. Ho messo questa cosa sui social e, su Instagram, un tifoso del Parma ha commentato: “Su una cosa sono d’accordo, è stato un delinquente, c’era un rigore su Tutino”. Una donna invece ha scritto che non dovevo raccontarla, questa cosa: “Io – ha scritto – credo che gli idioti siano ovunque! Temo che dar loro tutta questa eco possa solo esacerbare gli animi”. Le ho risposto che non ero d’accordo con lei. Che non mi sentivo di dare a nessuno la patente di idiota; che allo stadio non si riflette, prima di parlare, e si dà voce a dei sentimenti che esistono, dentro di noi. E che credevo che conoscerli fosse meglio che ignorarli. Quella signora che era dietro di me allo stadio, poi abbiamo parlato, mi è molto simpatica. E mi sembra anche una persona intelligente. Anch’io allo stadio delle volte dico delle cose imbarazzanti, e per fortuna non c'è – un gradino sotto – uno che scrive sui giornali che ne prende nota e le pubblica il giorno dopo. Ma la cosa che mi preme è che questa signora un mese fa avrebbe dato all’arbitro del disonesto, o del venduto, o del cornuto, o del delinquente, adesso gli ha dato del russo. Come se essere russo fosse una colpa. 

Domenica mattina ho poi trovato su profilo Twitter di uno che dice di essere un giornalista una foto in bianco e nero di una città distrutta accompagnata da queste parole: “Ecco come è stata ridotta la città di Drezdja dopo i bombardamenti russi, #NoFlyZone subito”.  Ho scaricato la foto, l’ho messa su Google immagini, è una foto del bombardamento di Dresda, dal 13 al 15 febbraio del 1945. Ho retwittato l’immagine e ho scritto: “Nella foto c’è Dresda bombardata dagli inglesi nella Seconda guerra mondiale. Kurt Vonnegut ci ha scritto un grande romanzo, sopra. I russi mi sembra non c’entrino niente”.  Il sedicente giornalista ha retwittato il mio tweet. Sembra che sia un tipo strano, ammesso che esista. Sicuramente è esistito il bombardamento di Dresda, ed esiste sicuramente il grande romanzo che ne ha tratto Kurt Vonnegut, Mattatoio numero cinque. Vonnegut era a Dresda prigioniero dei tedeschi ed è uno dei pochi che sono sopravvissuti a quel terribile bombardamento. Nell’introduzione scrive: “Non vi dirò quanto mi è costato, in soldi, tempo e ansietà, questo schifoso libretto”. Che è una frase (tradotta da Luigi Brioschi) che ogni volta che la leggo mi commuove. 

Poi domenica un mio conoscente mi ha mandato un’immagine che è comparsa sulla copertina della Lettura del Corriere della Sera del 13 marzo. E’ Puškin con gli occhi bucati e grondanti sangue e sopra la scritta “Rossija” con le due esse scritte come le “S” delle S.S. E mi è venuto in mente il discorso che il poeta Aleksandr Blok ha tenuto alla casa del letterato di Pietrogrado l’11 febbraio del 1921, in occasione dell’ottantaquattresimo anniversario della morte di Puškin, ucciso in duello dal francese D’Anthès. 

 

All’inizio Blok dice: “Ci sono tetri nomi d’imperatori, di condottieri, di inventori di strumenti di morte, di torturatori e torturati. E, accanto ai loro, un nome lieve: Puškin”. E, più avanti, dice: “non fu affatto la pallottola di D’Anthès a ucciderlo. L’ha ucciso la mancanza d’aria”. I presenti raccontano che, a sentire quel discorso memorabile, si era reduci dagli anni terribili del comunismo di guerra, e stavano per arrivare gli anni terribili delle purghe staliniane, i presenti si chiesero: “E noi? Moriremo per mancanza d’aria?”. E io, a vedere l’immagine di Puškin collegata al nazismo ho pensato “E noi?  Che aria tira da noi?”. 

E’ una questione complicata, e ci sono tante istituzioni, università, scuole, teatri che, anche in questo periodo, soprattutto in questo periodo, hanno confermato gli inviti a ospiti russi, programmano conferenze, spettacoli teatrali e mostre di autori russi. 

Possiamo fare pochissimo per influenzare le cose terribili, drammatiche che succedono in Ucraina e in Russia. Possiamo fare molto per cambiare quel che succede in Italia. Essere russi non è una colpa. I russi e le russe sono esseri umani, anche se sono russi. Io non ho nessuna simpatia per Putin, come non avevo nessuna simpatia per Eltsin, e nessuna simpatia per Gorbaciov, né per Chernenko, né per Andropov, e mi sembra che questo, per me, sia il momento più adatto per ribadire, e ribadire, e ribadire, il mio infinito amore per la cultura russa, per la lingua russa e per lo straordinario popolo russo che abita il  paese più grande e più bello del mondo che, secondo me, si chiama Russia.

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