facce dispari

Olena Kurkina, la musicista che sognava l'Italia a Kyiv

Francesco Palmieri

Oggi è una virtuosa di mandolino, e non ha smesso di studiare. L’angoscia della famiglia in Ucraina. Intervista

Potenza dei libri: fu una biografia di Niccolò Paganini a destare la passione per l’Italia nel cuore di una liceale ucraina. Perseguì da allora il sogno di una vita per la musica in un paese che non aveva mai visto e nella lingua conosciuta solo per le arie d’opera che sentiva cantare. Olena Kurkina c’è riuscita ma anche oggi, che è reputata tra le migliori virtuose di mandolino in Italia, non ha smesso di studiare. Con la stessa caparbietà manifestata dal suo popolo nei tragici accadimenti attuali, si è dedicata con successo anche al liuto e alla tiorba mentre insegna al liceo musicale di Viterbo. Ora che l’Italia non è un sogno ma da circa vent’anni casa sua, nei sogni di Olena è stata soppiantata dai ricordi di certe mattinate sotto il cielo grigio e delicato di Kyiv e dalle armonie che trascorrevano per le finestre del vecchio Conservatorio di Odessa. Memorie di giovinezza sopraffatte da immagini e fragori della guerra, che trasformano in un incubo qualunque sogno di queste meste settimane.

Olena, a quando risale il primo incontro con la musica?
All’infanzia. A mia mamma che suonava il prediletto Chopin al pianoforte.

Dove abitavate?
Sono nata a Dniprodzerzhynsk, una città sul fiume nell’oblast di Dnipropetrovsk, dove s’è sviluppata l’industria metallurgica. C’era ancora l’Unione sovietica. E’ la città natale di Leonid Breznev. Con la decomunistizzazione dell’Ucraina è stata ribattezzata col nome storico di Kam’’jans’ke. Dzerzhinskij, cui era intitolata prima, fu il fondatore della polizia segreta sovietica.

A che età cominciò a suonare?
A sei anni ma non mi applicavo negli esercizi al pianoforte, sicché mia madre mi passò alla domra, uno strumento ucraino simile al mandolino. Al mattino frequentavo le elementari, al pomeriggio la scuola musicale come moltissimi bambini del mio paese. Poi ho continuato al liceo studiando domra e pianoforte con l’obiettivo di diventare musicista per professione, perciò dopo il diploma m’iscrissi al Conservatorio di Odessa.

Molti hanno ricordato, durante questa guerra, che proprio lì Eduardo Di Capua scrisse le note di ‘O sole mio.
Una città stupenda, solare, dove la gente ha una cordialità e un’ironia che ricordano quelle dei napoletani. L’umorismo di Odessa era famoso in tutta l’Unione Sovietica. La lasciai a malincuore per completare gli studi a Kyiv, dove vivevano i nonni paterni e avrei risparmiato sulle spese. Nel 2003 mi diplomai.

Già sognava l’Italia.
Al liceo avevo letto una biografia romanzata di Paganini e mi affascinò la sua figura. Poiché era italiano, per me il paradigma del musicista da allora fu italiano. Poi mia madre mi regalò un vinile di Al Bano e Romina e a Kyiv mi procurai qualche cassetta di musica leggera. Cominciai a studiare la lingua. Mi affascinava qualunque cosa fosse italiana.

Quando venne qui la prima volta?
Ad agosto 2003 per un festival in provincia di Massa Carrara, assieme a un gruppo di ragazze con cui facevo musica popolare ucraina: domra, bandura e fisarmonica. La nostra delegazione fu invitata con altre provenienti da tutto il mondo a suonare dinanzi a Giovanni Paolo II. Arrivammo la sera prima a Roma e passammo la notte a camminare. Tornai in Italia l’anno dopo e a Roma conobbi il mio compagno, artista di musica elettronica. Così, rimasi.

Il primo gruppo con cui ha suonato?
Il Circolo mandolinistico Bertucci. Mi riconvertii dalla domra al mandolino. Poi formai un duo col chitarrista Emiliano Gentili e uno con la pianista Valentina Baldassarre.

Con chi lavora adesso?
Con vari gruppi: L’usignola e Le galline pensierose, ispirato al noto libro di Luigi Malerba. Suono la tiorba nell’orchestra romana Furiosi Affetti, mentre nell’Orchestra Notturna Clandestina sono mandolinista, e col mandolino ho accompagnato Ermal Meta a Sanremo 2021 quando ha cantato “Caruso” di Lucio Dalla. Il liuto, lo strumento più bello che ci sia, lo pratico a casa per me.

Cosa pensa dell’ostracismo alla cultura russa in seguito alla guerra?
Mentre le sanzioni sono uno strumento di pressione su Putin, i veti alla cultura non aiutano nessuno. Né ucraini né russi. Non so come si fermerà questa atrocità e la mia famiglia in Ucraina vive l’angoscia peggiore: essere riportati nella Russia di Putin, sotto un regime peggiore di quello sovietico.

Perché peggiore?
Negli ultimi anni quello sovietico non era così ferreo. Putin ha riportato la Russia all’epoca di Stalin.

Qual è la sua prima lingua?
Il russo, prevalente nella mia città. La famiglia di mio padre veniva dal Donbas, i suoi genitori avevano lavorato nelle miniere.

Crede che l’occidente abbia sbagliato?
L’errore è stato non intervenire nel 2014, perché tutto è cominciato allora e non è mai finito. Nel Donbas il conflitto continuava: in Ucraina ogni notiziario tv riportava il bilancio degli scontri.

Qualcuno rimpiange l’Urss?
No, neppure quando al suo crollo perdemmo i risparmi. Ricordo lo spavento dei miei genitori e mamma che portò a casa per la prima volta le hrivny, la valuta ucraina, che per l’inflazione non valeva niente. Ma adesso è peggio. Non voglio vivere in Russia, voglio un paese dove posso tornare sempre.

Di più su questi argomenti: