Parigi, aprile 1957 - Picture Post/Hulton Archive/Getty Images 

Torbido sogno o realtà? Modiano nei dedali contorti della reminiscenza

Giulio Silvano

Un viaggio labirintico nei ricordi fumosi di uomini soli con sé stessi, tra le strade e i caffè e gli androni e gli hotel di una Parigi che non c’è più. "Inchiostro simpatico", l'ultimo romanzo di uno dei più meritati Nobel del nostro tempo

Tutta la letteratura di Patrick Modiano si basa sul ricordo. Forse è anche per questo che la sua elegante e tenera delicatezza rievoca quella di Christian Boltanski, la cui opera si basa tutta sulla memoria. Entrambi ebrei francesi con genitori di origini straniere, nati a Parigi dopo gli anni spaventosi dell’occupazione tedesca, nei mesi successivi alla liberazione, per tutta la vita artistica (cioè la vita) è come se non fossero mai riusciti ad attraversare il presente senza scontrarsi, rincorrere, acchiappare o giocare con i fantasmi del passato privato e collettivo. Nelle opere di entrambi appaiono oggetti fisici, dei memento – fotografie invecchiate, cartoline, pagine ingiallite di giornali, valigie lasciate nei treni, frasi scribacchiate, registri, liste di nomi – che aprono una voragine sentimentale sul tempo andato.

 

Ed è proprio con il ritrovamento di uno di questi memento che comincia Inchiostro simpatico, appena pubblicato da Einaudi con la traduzione di Emanuelle Caillat. Il protagonista ritrova una scheda che riguarda la sparizione di una donna in una “cartellina azzurra sbiadita dal tempo”, souvenir del periodo in cui il giovane lavorava in un’agenzia investigativa, in attesa di darsi alla letteratura. Rileggere quelle parole lo riporta all’inchiesta, alle attese, ai dialoghi con portinaie e attori di serie C, figure a cui si è costretti a dichiarare il falso per scoprire la verità. “Mi era sempre piaciuto introdurmi nelle vite degli altri, per curiosità e anche per il bisogno di capirle meglio e districare i fili ingarbugliati delle loro esistenze”, dice il narratore. Un viaggio labirintico nei ricordi spesso fumosi di uomini soli con sé stessi, tra le strade e i caffè e gli androni e gli hotel di una Parigi che non c’è più. Dov’è la donna? Perché è sparita? Chi si nasconde dietro quei nomi segnati sulla sua agenda? Gli indizi con i decenni sembrano ancora disseminati per gli arrondissement, come se il tempo fosse un’illusione.

  
Il protagonista di Inchiostro simpatico si chiama Jean, che è molto spesso il nome dei protagonisti dei libri di Modiano. Jean è il primo nome di Modiano. Jean Patrick Modiano. Questo è solo uno dei sintomi della risoluzione dei quesiti post-proustiani sull’auto-fiction che troviamo nella sua opera; quello che si racconta è vero, non è vero? E’ successo o no? E’ successo all’autore o a qualcun altro? Ma è lo stesso narratore-protagonista a farsi quelle domande, a non ricordare esattamente cosa sia vero e cosa sia solamente un istante inventato, incastrato nei contorti dedali della reminiscenza, un sogno torbido modificato dagli anni. Ripensando agli scambi avvenuti mentre investigava, Jean vorrebbe ricordare con precisione ogni parola pronunciata o dimenticata, “e altre ancora che ti sono state rivolte e non hai ascoltato con attenzione… E a volte al risveglio, o a notte fonda, ti torna in mente una frase, ma non sai chi te l’abbia sussurrata in passato”. 
Perché tu non ti perda nel quartiere, altro suo splendido libro del 2014 dal titolo perfetto, si apre con un’anticipatoria frase di Stendhal: “Non posso dare la realtà dei fatti, posso presentare soltanto la loro ombra”. L’esergo di questo romanzo è invece di Maurice Blanchot – che potrebbe benissimo essere, nella sua vita eraclitea, un personaggio della Parigi modianesca – “Chi vuole ricordare deve affidarsi all’oblio, al rischio dell’oblio assoluto e a quel felice caso che diventa ancora il ricordo”. 

 
Con questa storia Modiano non solo aggiunge un episodio coerente alla propria avvincente poetica, ma si conferma uno dei più meritati Nobel del nostro tempo, continuando a fare vera letteratura. 
 
 

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