Gianluca Vacchi (foto Olycom)

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Come imparare qualcosa sui libri dal tiktoker dei balletti in mutande

Fabiana Giacomotti

Alla presentazione della Biblioteca Universale di Brunello Cucinelli, l'influencer Gianluca Vacchi fa un sorprendente elogio della lettura. Se riuscisse a educare i suoi follower seguiremmo tutti i suoi balletti per i prossimi dieci anni

Cinquecentomila libri disponibili entro il 2024. Brunello Cucinelli annuncia la nascita di una Biblioteca Universale nella Villa Settecentesca di Solomeo dal suo luogo delle fortune milanesi, il Piccolo teatro Strehler dove presenta da decenni qualunque cosa a cui tenga anche solo un po’. A questa, nonostante la vaghezza sull’idea che è ancora alla fase progettuale (non è chiaro, per esempio, come sarà formato il comitato scientifico e chi saranno i curatori delle sezioni programmate, segnatamente architettura, filosofia, letteratura, artigianato: contiamo verranno scelte figure di alta riconoscibilità perché in giro ci sono troppi personaggi alla De Caro pronti a rifilare cinquecentine ma anche seconde edizioni contemporanee di dubbia provenienza o qualità boh), Cucinelli tiene moltissimo, per cui in platea c’erano molti amici, molta stampa, tutti gli investitori finanziari che contano e quello che definiremmo il suo gruppo consiliare: l’architetto Massimo de Vico Fallani, il Magnifico Rettore dell’Università di Perugia Maurizio Oliviero, il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia –Città della Pieve, che ha preso la parola per evocare il Ventiseiesimo Canto dell’inferno e portare la platea ai moniti del maggior corno de la fiamma antica sul valore della conoscenza.

Una volta abbassata la fiamma di Ulisse e quando ormai ci si aspettava di passare alle chiacchiere, è arrivato sul palco a rialzare la temperatura Gianluca Vacchi, che non sapevamo fosse stato l’investor relator di Cucinelli all’epoca della quotazione, dieci anni fa, e che, una volta messo in chiaro che non si sarebbe esibito in uno dei balletti in slippino e tartaruga a vista grazie ai quali vanta quarantuno milioni di follower fra Instagram e TikTok, ha fornito tre informazioni sui libri niente male, nonché davvero inaspettate per uno che tre giorni fa ha lanciato una catena di kebab. Ce le siamo segnate, al netto della citazione di Umberto Eco (“l’uomo che legge vive mille vite, quello che non legge ne vive una sola”) spacciata come propria.

La prima: “I libri sono un patrimonio pubblico”. Lo diceva già Coluccio Salutati, gran politico fiorentino e padre nobile dell’Umanesimo, citato correttamente ancorché ci sembri che l’invettiva evocata da Vacchi sia del 1403 e non del 1386. La seconda: “Ascolto molto quel che si dice in rete, e online ci si domanda se il libro sarà ancora centrale nella storia dell’umanità”. La notizia sarebbe di per sé già piuttosto folgorante, non fosse che Vacchi ne offre un’interessante chiave di lettura al punto tre: “Come provato dalla linguista Naomi Baron della American University of Washington grazie a una recente ricerca, i giovani preferiscono studiare sui supporti cartacei e non sugli e-book mentre, secondo un’analisi condotta dalla Washington Post tra i nativi digitali, cioè la Generazione Z, solo il 9 per cento studia su e book, mentre il 25 per cento preferisce spendere per libri nuovi o usati anche quando sono disponibili in rete gratuitamente. E’ in atto un percorso di ri-mediazione del libro che, come è accaduto per la radio con la televisione e con il teatro grazie al cinema, sta imparando a convivere con il media evoluto”. Vedi a spogliarsi dei pregiudizi come Vacchi si spoglia dei pantaloni, quante cose interessanti si apprendono. Se mai riuscisse a ripetere tutto questo ai suoi follower italiani che smettono di leggere verso i tredici anni per non aprire un libro mai più, apporremmo un like a tutti i balletti per i prossimi dieci anni.

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