Membri di un'organizzazione nazista, forse la Gioventù Hitleriana, che si rilassano in una sala comune, circa 1935 (foto di FPG/Hulton Archive/Getty Images) 

Non è la regina degli scacchi, è la variante di Lüneburg

Davide Fortuna

Ricordando il primo successo di Paolo Maurensig, lo scrittore di Gorizia morto a 78 anni

Il 29 maggio è morto Paolo Maurensig, per nitore stilistico uno degli ultimi scrittori di quella tradizione novecentesca che univa il centro dell'Europa all'Italia passando per Gorizia e Trieste, città azzurre. Il libro che lo ha lanciato, nel 1993, è stato La variante di Lüneburg”, ispirato alla "Novella degli scacchi” di Stefan Zweig. Alcuni parallelismi con la recente produzione Netflix “La Regina degli Scacchi”: da una parte due maestri già affermati, rivali da prima della guerra, un deportato e un ufficiale delle SS, che giocano per la libertà di alcuni prigionieri del campo di Bergen-Belsen; dall'altra una ragazza che giocando si libera dal senso di vuoto che tende a perseguitare gli orfani riuscendo a battere in casa i venerati maestri sovietici e ottenendo così la sua vecchia, cara, americanissima affermazione individuale (la fiction è ambientata a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta); da una parte una figura difensiva – la variante di Lüneburg, appunto -, che attraverso un sacrificio mira a salvare più persone possibile in delle partite che sono una specie di Schindler's list tracciata sulla scacchiera; dall'altra la più aggressiva delle aperture, il gambetto di donna, da cui il titolo originale della produzione Netflix e dell'omonimo romanzo di Walter Trevis da cui è stata tratta la fiction, "The Queen's Gambit", ispirato, ovviamente, a una storia vera.

 

Quanto alle tecniche di visualizzazione, imprescindibili miti scacchistici che non possono mai mancare in qualsiasi storia eroico-romantica sul gioco – e lasciamo da parte Capablanca, il maestro cubano che sosteneva di "visualizzare" solo una mossa per volta, la migliore -, l'ex deportato "vede" la scacchiera, come una cicatrice, gioca con il suo allievo dando la schiena ai pezzi; la Regina, interpretata da Anya Taylor-Joy, ha bisogno, in ordine, di un rinforzo farmacologico, whiskey per deglutire, e di un soffitto sgombro su cui far muovere i pezzi come gli spunzoni di una trappola stile Indiana Jones dopo che il cocktail è entrato in circolo. D'altra parte come si fa a paragonare una storia in cui la protagonista usa l'antica maledizione degli scacchi, gioco ossessivo per eccellenza, per trovare la felicità, con una in cui la condanna scacchistica viene eseguita fino in fondo, prima sull'orgoglio e sul corpo di un nazista, poi su se stessi? Da rileggere per dire addio.

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