Nei flyer delle discoteche anni '90, il ritratto di una “Summer of love” italiana

Una collezione online di migliaia di inviti, di un trentennio fa, racconta il connubio tra intrattenimento, grafica e arte pop in un mondo fuori dagli schemi, fatto di eventi che partivano all'alba e duravano anche 24 ore

Davide Campione

    Cosa resterà di quel mondo stravagante e fuori da ogni regola che si viveva in certe discoteche degli anni ’90, templi di provincia dove si tenevano riti collettivi dalla libertà assoluta come gli after hour, i 'mezzanotte-mezzogiorno' o gli eventi che di ore ne duravano 24?  La memoria di quel micro universo perduto viene alimentata ogni giorno con un mosaico artistico-promozionale che fa capo al progetto Flyer Collection, nato per raccogliere e pubblicare tutti, o quasi, gli 'inviti' che 'pubblicizzavano' quelle feste. Una modalità, quella degli inviti, o 'flyer', che non dirà niente a Post Millennial e Generazione Z ma che nel decennio 1990-2000 rappresentava il vero biglietto da visita per ogni appuntamento che contava davvero.

      

    Senza Facebook, col primo sito web della storia appena messo online da Berners-Lee, l'unico passaparola per arrivare alla festa giusta nasceva dal flyer. Grazie a un lavoro grafico a metà tra marketing e arte pop, questi biglietti incorniciavano i nomi dei dj che avrebbero suonato, le indicazioni per il locale (praticamente sempre in provincia, molto spesso al centro nord) e l'orario dell'evento: alle 6 di mattina partivano gli after hour, poi c'erano i mezzanotte-mezzogiorno e le feste che duravano fino a 24 ore (o anche di più). Gli invitati si vestivano letteralmente come gli passava per la testa, con trampoli, zeppe, boa piumati, con abiti vintage o futuristici, tendenti al sadomaso oppure semplicemente con un paio di scarpe da ginnastica e una maglietta. Eterosessuali, gay, trans, giovani, vecchi, borghesi e borgatari ballavano insieme per ore senza conoscersi ma in un clima di assoluta libertà e per certi versi di fratellanza, come in una comunità i cui si instaurano legami profondi anche se solo per poche ore. Certo all'epoca non mancava chi 'arricchiva' le esperienze danzerecce con qualche droga sintetica di (allora) nuova fattura, ma ciò aveva poco o nulla a che fare con l'onnipresente spirito da tribù che permeava gran parte di quelle serate.

       

    Insomma, i flyer celebravano una specie di 'summer of love' dello Stivale, officiata da due sonorità elettroniche: la progressive, potente, spaziale, dai bpm più spinti, e la house, ipnotica, con delle celestiali voci che profumavano di afroamerica, tastiere, sax caldi e molte declinazioni, dalla garage alla deep. Alcuni di quei dj hanno fatto storia e la fanno ancora: Ralf, Joe T. Vannelli e Claudio Coccoluto in Italia, Tony Humphries o i Masters At Work all'estero. E poi Ricky Le Roy, Francesco Farfa, Gabry Fasano e i vocalist (categoria pure questa quasi scomparsa, oggi) come Franchino, Tony Bruno e Roberto Francesconi. C'erano poi i locali di culto (l'Insomnia di Pisa, l'Alter Ego di Verona, il Club dei 99 a Riccione e l’Echoes di Rimini, il Red Zone e il Momà in Umbria tanto per citarne alcuni) e gli eventi itineranti. Le liste da fare sarebbero infinite, tanto per i dj quanto per i locali: basti pensare che in quegli anni l'Italia contava qualcosa come 6mila discoteche sparse per tutto il territorio.

     

    Se ci si vuole addentrare nell'âge d'or delle feste dove tutto era permesso suggeriamo di partire sfogliando proprio l'archivio messo online da Flyer Collection, una raccolta sterminata nata dalla passione per i club e per la grafica del collezionista Walter Quagliotti. “La mia raccolta – spiega al Foglio - oggi conta circa 11mila flyer e fotografa in buona parte il mondo delle discoteche, anticipando il periodo d’oro dei club italiani, degli after hour e delle lunghe maratone dance della nostra penisola. Visionandola, quindi, si può seguire l'evoluzione (e l'involuzione) della vita notturna italiana”. Il progetto – che diventerà presto un libro – nasce più di 15 anni fa, prima “sul sito suonodiroma.com, ideato con Manuele Lancia, un punto di riferimento di tutto quel movimento, e successivamente si sposta sui social (oggi lo si trova all'omonima pagina Facebook, ndr). L’85 per cento degli oltre 11mila documenti di quell'epoca li ho raccolti personalmente in tanti anni trascorsi in giro per l’Italia“. Tutte le migliaia di discoteche sparse per il Paese riconoscevano grande importanza agli inviti per le feste che organizzavano: “Quasi tutti i locali davano rilievo ai flyers. Erano graficamente fantastici, curati in ogni aspetto, erano talmente elaborati che, molto spesso, un locale spendeva più per la pubblicità che per la 'special guest' della serata“. 

      

    Come ogni collezione artistica che si rispetti, anche questa singolare forma di espressione ha le sue opere rare. “Ci sono alcuni pezzi unici, delle vere e proprie rarità grafiche introvabili che rimarranno nella storia del mondo della notte. Ad esempio il flyer di un rave a forma di girandola chiamato 'Andrew' (come l'uragano che colpì negli anni ’90 molti stati U.S.A), oppure quello di un rave svizzero, di formato grandissimo, con delle finestrelle, come fosse un calendario dell’avvento, in ognuna delle quali c'era la foto di un dj che avrebbe partecipato. Oppure un flyer particolarmente raffinato, creato con una stampa vellutata, di una 'one night' nello storico Red Zone Club a Casa del Diavolo, in provincia di Perugia“. E poi ci sono i must, gli eventi nazionali più importanti di quegli anni raccontati da flyer iconici: “Per le location scelte e per il segno indelebile che hanno lasciato sulle persone che li hanno frequentati, tra questi c'erano sicuramente gli after hour 'The West – Riserva Indiana', 'Exogroove' e l'elegante 'Colazione da Tiffany', e con loro i mezzanotte-mezzogiorno dell’Imperiale di Tirrenia e i primi rave capitolini”.

      

    Capita spesso che l'Italia si trovi a inseguire le tendenze musicali internazionali, ma questi flyer, le feste che promuovevano, ci dicono altro. Spiega Quagliotti: "Per certi versi gli imprenditori del settore furono molto più intraprendenti in Italia che all’estero. Già dagli anni '70 in riviera esistevano le balere che ogni sabato sera richiamavano migliaia di persone. La cultura del club, in Italia, riprende e si evolve proprio da quelle radici. Non tutti sanno che a volte da Londra partivano voli charter per venire a ballare da noi, sia sulla riviera romagnola - soprattutto al Cocoricò di Riccione - che nei rave romani". 

     

    L'Italia delle discoteche, in quel periodo, aveva un passo in più anche nella produzione di questi inviti. "Da quando si è cominciato a dare valore agli inviti per i locali, i nostri grafici hanno sempre avuto quella marcia in più rispetto all’estero, dove ad eccezione dei club spagnoli era tutto molto statico e piatto. Abbiamo assistito ad una vivacità artistica che ci invidiavano in tutto il mondo, basata su un connubio discoteche/arte straordinario. Poi però abbiamo lasciato che tutto si spegnesse con la stessa rapidità con la quale quel periodo magico era esploso".

      

    Che l'Italia fosse all'avanguardia in questo settore lo conferma Andrea Foglietta, socio dello Studio Mariotti di Roma, veri pionieri della grafica per flyer. “Ho iniziato a lavorare nello studio nel 1993 ma due anni prima Massimo e Angela Mariotti avevano già iniziato a realizzare gli inviti per i primissimi rave. Essendo tra i precursori per questo tipo di attività diventammo presto il punto di riferimento per molti club italiani ed europei. E nel 1993 dall'Olanda ci chiesero di realizzare le grafiche dei rave che si tenevano vicino Amsterdam”. Come nasceva l'idea per la creazione di un flyer? “C'erano molte visioni che interagivano. Si partiva da un titolo, dalla musica, dall’idea del format. Nel nostro studio ai tempi avevamo una consolle completa: mentre noi grafici lavoravamo, i dj che venivano mettevano dischi”. Quali forme d’arte vi ispiravano? “Avevamo lo studio sommerso di riviste di grafica, di fotografia, di fumetti. Disegnavamo molto. Era una sorta di pop-art che usava per la prima volta il digitale. Dirlo ora che ci sono app su un cellulare che assembrano grafiche sembra buffo, ma allora fare grafica illustrata su un computer non era così scontato. I computer si usavano per lo più per impaginare e fummo tra i primi a usare le tavolette ottiche“. Quand'è che è iniziato il declino di quei biglietti? “Con i social, senza dubbio. Le grafiche ora sono on-line, ma il loro consumo durante lo scroll di una bacheca è di qualche secondo. Se va bene. I flyer negli anni Novanta - conclude Foglietta - erano pieni di testi, le immagini cariche di dettagli. Erano un invito a esplorare con gli occhi il lavoro che c’era dietro“.

      

    Durante quella 'summer of love' tutta italiana anche i protagonisti di quelle notti, i dj, nutrivano una certa passione per quei flyer. Joe T. Vannelli, leggenda italiana della musica house, è stato un’ icona di quegli after hour e in particolare di Exogroove, festa itinerante in cui “sembrava di sognare per l'atmosfera incredibile che c’era“, e dove come ospite più atteso, puntualmente suonava per ultimo. Al Foglio racconta: “Il flyer era l’unico modo per comunicare la serata, quindi era davvero importante trasferire sulla grafica il senso e il mood dell’evento. Personalmente ho conservato quasi tutti quelli delle serate che ho fatto, e con questi ho creato dei quadri enormi, che ora sono esposti nel mio hub musicale milanese, la Sound Faktory“. Gli fa eco Ricky Le Roy, altro mito di quelle feste fuori dal comune, in particolare dei dodici ore all'Imperiale di Tirrenia e all'Insomnia di Pisa, luoghi in cui “sapevi a che ora entravi ma non a che ora saresti uscito, dal clima magico e le vibrazioni positive da parte di tutti, artisti, colleghi, pubblico e staff“. Anche per lui i flyer “erano tutto per la riuscita dell'evento, il mezzo per entrare in contatto col pubblico. Pur avendo un concetto di grafica molto diverso da quella attuale, per ovvi motivi, erano tutti molto interessanti e con un senso ben preciso”.

      

    Quasi contemporaneamente al crepuscolo dei flyer è arrivato quello delle discoteche, gran parte delle quali diventate, nel corso di pochi anni delle decadenti fotocopie delle cattedrali del divertimento che furono. A documentare lo stato attuale quegli (ex) luoghi di culto è da quasi dieci anni Jessica Da Ros, ideatrice della seguitissima comunità online Memories on a Dancefloor, che con foto e descrizioni punta a far rivivere le emozioni di “quei locali che hanno fatto la storia e che oggi sono in stato d'abbandono”. Secondo questa appassionata di architettura industriale applicata alla nightlife “il declino di quel tipo di discoteche è iniziato degli anni 2000, con i mutamenti musicali, delle tendenze e degli stili di vita“. I locali che ha documentato si trovano per “la maggior parte nel nord Italia“, e in alcuni di questi è tornata anche più volte, per mostrare i cambiamenti causati dall’“inesorabile passare del tempo e dal costante degrado“.

       

        

    Ancora più ambizioso in questo senso è Discotex - neologismo che unisce i termini discoteca e urbex, l'esplorazione di strutture urbane abbandonate - creato dalla visual artist Domenica Melillo. “Discotex – racconta al Foglio l’autrice - è un lavoro di ricerca sull’evoluzione dell’intrattenimento musicale in Italia dagli anni ’80 ad oggi, attraverso il fenomeno della chiusura delle grandi discoteche, sia nel nostro paese che e in Europa. Il progetto è nato dall'esigenza di trasformare qualcosa di visuale in qualcosa di udibile. L’idea iniziale, infatti, era di fare una mostra per non-vedenti, con lo scopo di dimostrare come possa essere possibile vedere anche con gli altri sensi. Discotex (che si può vedere/ascoltare sul sito elettroshock.com, ndr) si conclude in un’installazione soundscape dove le fotografie delle discoteche vengono fatte suonare“. In che modo? “Attraverso un software che trasforma i metadati dell’immagine in una frequenza sonora: l’oscillometro del programma è settato in modo da riprodurre un suono che va dal minimo percettibile fino a un massimo di Hz corrispondente alla data di chiusura della discoteca rappresentata“. I suoni prodotti dal software utilizzato da Discotex rievocano quindi il silenzio assordante delle strutture abbandonate e, insieme, danno vita a un concerto disturbante. Dove il “rumore“ sostituisce la musica che una volta rimbombava in quegli spazi e faceva ballare un’intera comunità.