Dalle testimonianze coeve risulta che il Patriarca dell’Illuminismo non amasse i giochi, ma facesse decisamente eccezione per gli scacchi. "Li amo, mi appassionano, mi divertono e quella testa di rapa di padre Adam continua a battermi senza alcuna pietà! A tutto c’è un limite!”
Alla metà del Settecento il primato europeo in campo scacchistico era indiscutibilmente detenuto dalla Francia, potenza egemone, del resto, anche dal punto di vista politico, militare, culturale ed economico. L’inizio dell’ascesa della borghesia, l’urbanizzazione, l’incremento dei luoghi e delle occasioni di socializzazione, gli influssi dell’Illuminismo erano tutti fattori che convergevano nel determinare o accelerare, in Francia più che nel resto d’Europa, e a Parigi più che nel resto della Francia, significativi cambiamenti nella pratica del gioco. Gli scacchi erano sempre meno circoscritti al tradizionale recinto delle mura di corti e castelli, e sempre più diffusi nella nuova realtà delle taverne e dei caffè cittadini; accanto alla storica funzione di elegante passatempo mondano per oziosi aristocratici si andava affermando una nuova dimensione del gioco quale vera e propria attività agonistica, esercitata da un crescente numero di giocatori professionisti, con rituale contorno di scommesse, sfide a pagamento, partite con handicap.
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