“Betty”, Gerhard Richter

Voltatevi un po'

Mariarosa Mancuso

Nuche in primo piano, donne fotografate di schiena. L’irritazione c’è tutta, ma ora sappiamo perché

Dire “il libro che aspettavamo” sarebbe presuntuoso, oltre che una bugia. Mai avremmo potuto immaginare che qualcuno avrebbe dato conto della nostra irritazione per le figure che guardano da un’altra parte. Per esempio “Betty”, il quadro di Gerhard Richter che ritrae la figlia undicenne: guarda qualcosa che noi non vediamo, modello per innumerevoli copertine di romanzo che suggeriscono intensità, con un sovrappiù di antipatia. Per esempio, la donna con l’impermeabile rosso, fotografata di schiena da Luigi Ghirri, scelta per la copertina italiana di Storia d’amore e di tenebra dell’incolpevole Amos Oz. O la donna che si mostra di spalle sulla copertina del Tailleur grigio di Andrea Camilleri – non ha neppure un tailleur, l’abito scollato lascia le spalle nude.

   

Per non parlare delle nuche inquadrate in primo piano, di maschi barbuti come Olivier Gourmet, o di leggiadre fanciulle come Marion Cotillard. I belgi fratelli Dardenne ce le infliggono fin dal loro primo film, “Rosetta” (Palma d’oro a Cannes nel 1999, parlando del festival da vivo). I critici hanno gradito, da allora è stato un continuo: in “Due giorni una notte” la disoccupata Cotillard in canottiera rosa, sempre vista di spalle, va di casa in casa, da un collega di lavoro a un altro, per salvare il posto di lavoro.

   

Non lo aspettavamo ma c’è. E ora nulla più ci sfuggirà. Abbiamo anche una manciata di citazioni e riferimenti da esibire all’occorrenza. Viceversa di Eleonora Marangoni (Johan & Levi Editore) racconta le figure viste di schiena. Dall’arte antica al Rinascimento, e più vicino a noi, alle fotografie di Nadar e ai manidesti di Buster Keaton. Passando per il Giappone e la nuca delle geishe, ben più leggiadre dell’umanità dolente cara ai Dardenne (e agli allievi del maestro, per esempio i gemelli registi di “Favolacce”, Fabio e Damiano D’Innocenzo).

   

Eleonora Marangoni fa un altro mestiere, ma ha studiato Letteratura comparata, pubblicato un saggio sulle influenze pittoriche nella Recherche, e indagato le consonanze tra letteratura e colore. Ama le figure viste di spalle almeno quanto noi le odiamo, e inizia il suo illustratissimo libro con qualche pagina autobiografica. Gli scrittori in procinto di gettarsi nell’autofiction prendano nota, non è possibile che la vostra vita sia così desolatamente sprovvista di libri e film (fa eccezione Francesco Piccolo che in L’animale che mi porto dentro racconta “Malizia”). Dopo un trasloco, aveva attorno solo fotografie e copertine che mostravano gente di spalle.

    

Il disastro, come tanti altri, si deve al Romanticismo che eleva le figure viste da dietro a icona – si può dire, Goethe con I dolori del giovane Werther causò suicidi e lanciò la moda dei pantaloni gialli. E via con la contemplazione, per scoprire cosa si cela sotto la superficie, o lasciarsi ispirare dalle cime sublimi, come il “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich (aggiornato sulla copertina di “Heimat”, la graphic novel di Nora Krug). Continueremo a irritarci per chi guarda da un’altra parte, ma ora sappiamo perché.

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