Bordin, un lettore voracissimo. Lo ritroveremo, raro e disperso in un mare di ritagli

Guido Vitiello

Riscoprire i segreti di bottega di quest’arte di leggere i giornali tra le righe e dietro le righe, di scostare il sipario e squarciare il velario

Chissà se tra i settemila volumi della biblioteca di Massimo Bordin, amante riservato ma attentissimo della cultura francese, c’era anche un libricino del filosofo Pierre Zaoui dedicato all’arte di scomparire, “La discrétion”. Scommetto di no (dubito fosse il suo genere), almeno quanto scommetto che nei suoi scaffali – quando la Società Dante Alighieri li renderà consultabili, come si prevede, in una stanza di Palazzo Firenze – troveremo tutti i Maigret e una miriade di polar francesi. Il primo sguardo indiscreto che ho potuto gettare sull’inventario riepilogativo dei suoi libri e delle sue carte, grazie alla generosità dell’archivista di Radio Radicale Andrea Maori, rivela anzitutto un lettore voracissimo di storia, politica e giustizia, come del resto era facile indovinare. Eppure, di quell’arte di scomparire, il “semplice cronista” – etichetta di un understatement così sfacciato da suonare sottilmente civettuola – è stato un maestro; nel suo saper vivere, perché gli riuscì di rendersi segreto e impenetrabile pur fornendo il sottofondo sonoro alle colazioni assonnate di mezza Italia (Bordin ci ha visti tutti in pigiama); e nel suo saper morire, fin troppo discreto, quasi a toglierci un disturbo che non ci aveva mai dato.

 

Maori sta mettendo ordine tra i suoi numerosissimi quaderni, taccuini, ritagli, un tesoro di appunti dove si resta colpiti dalla cura – “quasi estetizzante”, fa notare l’archivista – per la calligrafia e la qualità della carta. La prodigiosa memoria di Bordin per le minuzie di vicende politiche o giudiziarie di anni e luoghi perduti si fondava anche su questa catalogazione paziente, e sull’ordine rigoroso ma idiosincratico che sapeva camuffare – di nuovo: l’arte di scomparire – dietro il leggendario disordine della sua scrivania. “I giornali mi si parano davanti come un sipario”, annotava in “Nero su nero” Leonardo Sciascia. “Più esattamente come un velario, poiché qualcosa di quel che si muove dietro, della scena che si prepara, la lasciano intravedere. Solo che ci vuole un occhio abituato, un occhio allenato. Non acuto, ché non basta. Esperiente. Di un’esperienza che non tutti hanno”. Forse dalle minute manoscritte della rassegna stampa di Bordin, concreta e quotidiana attuazione del programma di Sciascia, potremo apprendere i segreti di bottega di quest’arte di leggere i giornali tra le righe e dietro le righe, di scostare il sipario e squarciare il velario. E anche se non sappiamo ancora quando potremo smarrirci nell’Archivio Bordin – e in mezzo secolo di storia italiana e radicale, dal 1975 al 2019, stipato in più di ottanta faldoni – sappiamo almeno, e questo è già consolante, di avere un appuntamento con la sua intelligenza.

 

 

“In un mare di ritagli. Su Sciascia raro e disperso”: così s’intitolava un libro dell’italianista Ivan Pupo, che si potrebbe trovare nella biblioteca di Bordin. E così mi piace immaginare che ritroveremo anche il nostro amico: raro e disperso, in un mare di ritagli.

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