“Il problema non sono gli sconti ma la gente che non legge”, dice Mario Curia

David Allegranti

Il dibattito sulla legge sul libro. Parla un piccolo editore: “Politiche come questa sono come dare l’aspirina a un malato terminale. Serve un’azione politica di ampio respiro, bisogna investire nel futuro”

Roma. “Il vero problema non sono gli sconti di cui tutti state parlando, anche sul Foglio”, dice Mario Curia, presidente e fondatore di Mandragora, casa editrice fiorentina. “I libri oggi si trovano anche a 3,99 euro. Il problema è che in Italia non si fa una politica seria per favorire la lettura. Non lo fanno i ministri dell’Istruzione e dell’Università, non lo fa la scuola, non lo fanno i ministri dello Sviluppo economico. Non è solo questione di formazione culturale: una popolazione che legge di più ha una produttività più alta”.

 

I problemi secondo Curia, ai vertici di Confindustria Firenze e responsabile cultura della Camera di commercio di Firenze, sono dunque altri: “Il punto reale eluso da tutti, compresi i fratelli Laterza ieri su Repubblica, è l’anomalia tutta italiana rappresentata da una concentrazione che non ha eguali in nessun altro paese del mondo; il mercato è in mano a pochi editori grandi che controllano orizzontalmente e verticalmente tutta la filiera ad esclusione del settore tipografico: promozione e distribuzione, catene librarie e in alcuni casi anche i principali media cioè radio, tv, quotidiani e riviste, internet”. In questo modo “ammazzi, per usare un termine molto abusato in altri settori, la biodiversità dell’editoria. La legge appena approvata dal Senato vuole aiutare le librerie indipendenti, che sono l’anello debole, ma io credo che politiche come questa siano come dare l’aspirina a un malato terminale. Serve un’azione politica di ampio respiro, bisogna investire nel futuro: non serve a niente aiutare una libreria in difficoltà se il problema è che la gente non legge e quindi non compra libri”.

   

A questo, dice Curia, “aggiungiamo la totale disattenzione della politica – sintomatica la cifra ridicola assegnata al Centro per il libro di neanche 3 milioni, mentre nel Regno Unito il governo dà 100 milioni di sterline — che non mette alcun impegno nella promozione della lettura, delegata solo a qualche isolata eccezione di pochissime istituzioni locali”. Anche la Regione Toscana, “che si riempie la bocca di cultura, non ha una legge sul libro. Non vengono dati fondi alle biblioteche per comprare i libri, non ci sono investimenti per la comunicazione e per il personale. Le biblioteche sono perenni cenerentole del sistema dei beni culturali. La loro colpa? Non sono considerate ancillari al settore turistico”. Insomma quello dell’editoria è un mercato complesso, “è un tema fondamentale di sviluppo di questo paese. Quindi la riflessione deve essere più ampia e non riguardare solo gli sconti sui libri. La questione non interessa nemmeno solo gli editori, ma dovrebbe essere sentita da tutti, compresi gli intellettuali che invece non dicono un tubo. Io in questi anni non ho sentito niente a parte qualche flebile voce. Certo, è difficile sperare in un’inversione di tendenza quando, persino qualcuno che dovrebbe occuparsi di cultura a livello politico, ammette quasi con fierezza di non leggere”.

  

Insomma, “il tema non sono gli sconti: se non si incrementa lo sviluppo della lettura non cambia niente. A leggere saranno sempre le stesse classi sociali. Se non si riesce ad allargare la platea dei lettori, a risentirne saranno comunque librai, editori, distributori. E il paese sarà comunque ignorante. Eppure la lettura è strategica, è come avere o non avere Internet. Senza lettura non può esistere spirito critico. E’ un fattore di democrazia. A me sembrano banalità da dire ma vanno comunque dette. E purtroppo, lo dico da socio, non vedo questa attenzione da parte dell’Aie, l’Associazione Italiana Editori. Ho rispetto per il presidente Ricardo Franco Levi, che è un giornalista, ma il fatto che nessun editore si sia esposto in prima linea per presiedere l’associazione la dice lunga”. Da qui l’appello di Curia: “Mettiamo su un gruppo di studio vero per capire come fare per favorire la lettura, un gruppo serio, interdisciplinare, una commissione come si faceva una volta per altri settori strategici. Ora tutto ruota attorno alla polemica sullo sconto, ma cambia davvero i termini della partita o no? Io dico di no. E visto che c’è un’attenzione apparente, in questo momento, occupiamocene per davvero e facciamo, che so?, un piano quinquennale per usare termini di un’altra epoca. Attenzione, noi non vogliamo risorse. Io non voglio sussidi, altrimenti non sarei un imprenditore. Voglio un mercato che funziona. Se la scuola funziona, se l’università funziona, io vendo il triplo”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.