Un'esposizione al Padiglione di arte contemporanea di Milano (foto LaPresse)

Incontri ravvicinati con un mondo pieno di vitalità. Arriva Il Foglio Arte

Giuseppe Fantasia

Parola a Francesco Stocchi, curatore del nostro nuovo inserto

Roma. L’idea è semplice, ma come accade spesso nel mondo dell’arte “nessuno ci aveva pensato prima”. Viva le opinioni e la libertà di esprimerle come si vuole, perché aiutano a vedere meglio: il che, davanti all’arte, è la cosa più importante. Parlare “di quello che ci interessa, e farlo quando ci sembra opportuno”. La pensa così Francesco Stocchi, romano, classe 1975, curatore di arte moderna e contemporanea che ora diventa anche curatore de Il Foglio Arte, il nuovo inserto del nostro giornale che uscirà, da domani, ogni ultimo venerdì di ogni mese. Quattro pagine dedicate all’arte, al suo mondo e ai suoi protagonisti visto molto da vicino: da chi lo frequenta e lo vive in prima persona. E come raccontarlo? Bisogna “scrivere al di là di quei codici superati e poco chiari di quel mondo e provare a romperne le barriere”. È il programma di Stocchi. Nessun box di notizie, ma tre pezzi di approfondimento, tra cui il ritratto di una figura artistica, un incontro dal vivo “a tu per tu” con un artista o un architetto o designer “volto allo scambio di idee” e un altro ancora dedicato ad un’opera d’arte in particolare “raccontata come se fosse un personaggio”.

 

Racconta Stocchi: “Il mondo dell’arte mi affascina da sempre, ma mi fa anche molto ridere, perché quasi sempre pecca di snobismo finendo con l’essere come una bolla all’interno del mondo reale. Ha il suo linguaggio, il suo codice, i suoi movimenti, gli eventi, l’editoria specializzata, i suoi eccessi e le sue follie”. Un mondo popolato da persone che parlano tra loro comprendendosi, e neppure sempre, solo tra loro. Ecco quindi che interviene lui, dal 2012 il primo curatore non olandese di arte moderna e contemporanea del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, con un passato non troppo lontano a Vienna e Basilea, nonché curatore alla Fondazione Carriero di Milano. Ha messo in pratica, in qualche maniera, quello che fece Medardo Rosso (1858-1928), il primo artista ad utilizzare la cera e il gesso come materiali di una scultura finita e che Palazzo Altemps, a Roma, fino al 2 febbraio prossimo omaggia con una grande mostra organizzata da Electa e curata, guarda caso, proprio da Stocchi con Paola Zatti e Alessandra Capodiferro. In quelle stanze a pochi passi da piazza Navona, troverete una selezione diversificata di opere, scultoree e fotografiche con cui il grande artista torinese pose le basi al pensiero moderno sull’idea di copia: non più intesa come riproduzione, ma come interpretazione, anticipando così le avanguardie artistiche del Novecento.

 

A suo modo, con questo nuovo e unico progetto editoriale non vuol copiare nessuno, ma solo lasciar interpretare opere, mostre, luoghi e quant’altro a persone competenti per far sì che questo “strano” mondo dell’arte di cui tutti parlano, ma di cui sono in pochi a conoscerlo, sia capito di più. Interpretare, dunque, spiegare, ma – soprattutto – prendere posizione, staccarsi della notizia, fare degli approfondimenti e non dare importanza al tempo per riscoprirne il valore. “Sarà una maniera per rallentare il passo che l’arte contemporanea offre che poi è sempre la fretta, la decisione immediata e quindi la superficialità, per poter vedere il tutto con più calma, con occhi nuovi e non solo attraverso le cifre”. Non mancherà una parte economica, come la definisce lui: sarà una piccola finestra (“Consigli per gli acquisti”) in cui non ci saranno numeri, ma solo tre o quattro nomi che Il Foglio Arte consiglia ai lettori per formarsi una propria collezione”. “Dare tempo al tempo mi affascina, così come mi affascina lavorare con gli artisti – precisa – è una cosa a cui mi sento molto vicino e mi interessa, ma tengo a precisare che non sono uno storico dell’arte”. “La cosa che mi ha sempre colpito di più – aggiunge – è la maniera con cui ci si relaziona all’arte contemporanea. Ci si arriva dopo quella moderna considerandola a parte, come se fosse una sorta di nuvola, finendo con l’essere quasi sempre criticata. È sempre vista come se fosse separata da tutte le altre, ma in realtà non è così e non deve fare paura. Sarà mia premura, quindi, regalare ogni volta al nostro attento pubblico di lettori un qualcosa di nuovo, un supplemento speciale che sia un tentativo di colloquiare con chi non è interno a questo codice facendolo interessare il più possibile”.

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