Foto tratta dalla pagina Facebook Boites à lire

La seconda vita dei libri

Mauro Zanon

Una casetta per fumetti, romanzi, cataloghi. La Francia si innamora delle boîtes à livres

Parigi. Se ne trovano di ogni tipo, a forma di casetta, di armadio, di albero, di cabina telefonica, contengono romanzi, saggi, gialli, fumetti, settimanali, cataloghi di viaggio, e sono in piena espansione, soprattutto lungo le coste francesi. Sono le boîtes à livres, le biblioteche all’aria aperta dove ogni persona può prendere in prestito un libro, o depositarlo a beneficio del futuro lettore, spazi di condivisione e di intrecci culturali senza bisogno di tessere e in libero accesso ventiquattro ore su ventiquattro che stanno conquistando la Francia, dalla Costa Azzurra alla Bretagna.

 

Secondo il censimento del sito Boite-a-lire.com, nel dicembre 2017 erano circa 2 mila le casette dei libri sparse nel paese, nel giugno del 2018 sono salite a 2.700, e quest’anno superano ampiamente le 4 mila unità. “È un fenomeno che potrebbe strutturarsi, e anche istituzionalizzarsi nella misura in cui il successo di queste casette aumenterà”, ha osservato il Monde. Il libro dell’estate non è per forza quello che avevamo previsto di leggere, non figura sempre tra quelli che avevamo infilato nel bagaglio a mano, sperando che il personale di terra non ci facesse problemi per il peso: può trovarsi in una capannina di legno trasformata in biblioteca di una spiaggia deserta della Bretagna, o di qualsiasi altro lido. “Nello stesso modo in cui internet ha liberalizzato la produzione e lo scambio di informazioni, le boîtes à livres liberalizzano lo scambio dei libri”, ha scritto Stéphanie Stoll sul sito Actualitté, magazine letterario parigino fondato nel 2008.

 

C’è la bellezza della condivisione e dello scambio di idee, c’è la felicità di dare una seconda vita al libro che giaceva malinconico nella seconda fila della propria biblioteca, ma c’è anche la gioia di aver creato un legame sociale, fonte di piaceri semplici. “Queste casette migliorano concretamente la vita degli abitanti e la convivenza. Grazie al loro stesso principio di funzionamento, trasmettono un messaggio fraterno di condivisione della cultura, della conoscenza e del divertimento”, ha sottolineato Gilles Djeyaramane sul quotidiano Les Echos.

 

Al mare, vanno alla grande, soprattutto sul litorale bretone, ma anche in città si moltiplicano le iniziative per condividere i libri e migliorare, di conseguenza, il quadro di vita locale. Nel quartiere Mouton-Duvernet, situato nel Quattordicesimo arrondissement della capitale, è stata installata lo scorso anno una boîtes à livres in legno disegnata dall’artista Romain Monfort. “Trecento libri arrivano e ripartono nel giro di due ore”, ha detto entusiasta Renaud Lambert, consigliere comunale all’origine del progetto. “Ed è tutto gratuito”, ha aggiunto.

 

La presidente dell’Île-de-France, Valérie Pécresse, ha ufficializzato nel gennaio del 2018 l’installazione di duecento casette dei libri nelle stazioni ferroviarie della regione parigina, dando la possibilità ai viaggiatori di portarseli con sé durante il tragitto o anche solo di leggerli in attesa del Tgv ritardatario. Il fenomeno delle boîtes à livres, ricorda il Monde, non è nato in Francia, ma nemmeno negli Stati Uniti, come si tende a credere. L’invenzione è da attribuire a un duo di artisti israeliani residenti in Austria: Michael Clegg e Martin Guttmann che a Graz, nel 1991, hanno messo in piedi la loro prima “biblioteca aperta”. “Quando non era ancora alla moda come oggi, Clegg e Guttmann erano già in un’ottica di riciclaggio dell’arredo urbano, col desiderio di iscrivere la lettura nello spazio cittadino, aggirando le mediazioni istituzionali classiche”, ha spiegato Stéphanie Stoll di Actualité. A Londra, da diversi anni, molte delle mitiche cabine telefoniche rosse in disuso sono state trasformate in mini-librerie. E a Roma, nel quartiere Torresina, svetta dal 2014 la “bibliocabina”, diventata ormai un’istituzione per gli abitanti. Per molti, le boîtes à livres sono anche un messaggio eco-responsabile di lotta contro gli sprechi e un atto di resistenza contro l’onnipresenza del digitale.

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