Raccontare la malattia (a fumetti)

Dall'Alzheimer di “Rughe”, al cancro di “Triplo Guaio” di Isabella Di Leo. Che dice: “Ho cominciato a disegnare le prime vignette in una serata di grande sconforto. E mi sono sentita meglio”

Sara Di Carlo

Raccontare la malattia non è mai semplice. A volte le parole sono così pesanti che non si riescono neanche a pronunciare. Trattare a fumetti questo argomento è una soluzione che ne facilita il racconto e l'esperienza, anche se di fatto non è così semplice. Il fumetto è spesso associato a qualcosa di leggero, letto per svagarsi ed evadere dalla propria quotidianità. Come sempre più spesso accade però, sa raccontare storie più o meno drammatiche, intense ed emozionanti, con lo stesso entusiasmo e la stessa consapevolezza di narrazione. Anche le storie più intense e dure, riescono con il fumetto a divenire “digeribili” e a essere godibili, senza tralasciare il messaggio di fondo. Non c'è dunque da stupirsi se chi affronta la malattia, decide di raccontarla a fumetti. È il caso di Isabella Di Leo, autrice di Triplo Guaio (Becco Giallo). Questo fumetto è la realizzazione di un sogno, ma segna anche il debutto dell'autrice nel mondo delle nuvolette. “In Triplo Guaio ci sono io, in positivo e negativo. Il modo in cui parlo nel fumetto è come io parlo nella realtà coi miei amici. Sono sempre stata un libro aperto con le mie emozioni”, racconta Di Leo al Foglio.

  

La storia della fumettista ha un lieto fine, lo sveliamo subito. Lo spoiler in questo caso è concesso, poiché la storia dell'autrice è ricca di emozioni, ma soprattutto di ironia e divertimento. Di Leo è una ragazza di trent'anni, lavora come grafica pubblicitaria e ha, come tutti, tanti sogni e progetti. Finché un giorno le viene diagnosticato un carcinoma mammario triplo negativo a uno stato molto avanzato. Ma questo non le vietata di proseguire nel coltivare i suoi sogni. Anzi, Di Leo inizia un nuovo cammino di vita, senza lasciarsi abbattere. Inizialmente, spinta dalla duplice esigenza di raccontare e condividere con gli altri la sua esperienza, pubblica le vignette sul suo blog, raggiungendo moltissime persone, tra le quali altre nella sua stessa situazione.

   

“Quando molte donne che stavano affrontando il mio stesso percorso hanno cominciato a scrivermi per ringraziarmi di come le stavo facendo stare meglio coi miei disegni, ho provato una gioia indescrivibile”, racconta l'autrice. “Ho capito che volevo aiutare le persone e volevo essere vicina a loro nelle sale d'attesa: so bene cosa si prova a stare lì. Sono ore lunghe, noiosissime e spesso angoscianti. Come la malattia, anche ogni carattere è diverso. Ridere mi ha sempre aiutato a superare tutte le avversità, fin dai tempi della scuola. Non è però detto che quello che ha funzionato con me funzioni con tutti, ma almeno la risata non ha effetti collaterali”, racconta Di Leo. 

  

Sebbene affronti il tema di una grave malattia, il risultato del lavoro di Di Leo è molto leggero, ironico e divertente. “Per me questi disegni sono stati una linfa”, dice. “La ragione per cui ancora non sono impazzita è stata proprio la realizzazione di Triplo Guaio. Ho messo in forma grafica tutte le mie ansie e paure. Ho cominciato a disegnare le prime vignette in una serata di grande sconforto. Notando che nel farlo mi sentivo meglio, ho semplicemente continuato. Disegno da quando sono bambina, quindi il disegno per me è sempre stato presente, dovevo solo rendermene conto. La mia vicenda è stata anche una scusa per parlare della malattia in sé, dal mio punto di vista naturalmente”.

  

Una lettura terapeutica, quella di Triplo Guaio, che aiuta a sorridere alla vita, anche nei momenti più bui. “Sono una grande estimatrice del lavoro di Paolo Villaggio che affermava più o meno che Fantozzi è 'terapeutico', perché quando vedi che una persona affronta i tuoi stessi problemi, ridendoci sopra, improvvisamente senti di non essere solo e ciò ti solleva il morale. Risata e disegno hanno fatto funzionare questa terapia artistica”, afferma Di Leo. È comunque importante ribadire che in questo nuovo percorso di vita, Di Leo si è lasciata guidare dalla medicina e dai medici. “Bisogna stare alla larga il più possibile da Google – dice – quando si scopre di avere una malattia così grave. Anzitutto perché tra i risultati di ricerca vengono fuori anche molte fake news e quelle attecchiscono nei nostri momenti di massima debolezza. In secondo luogo, perché spesso i siti medici ufficiali parlano di percentuali di mortalità in maniera molto fredda. Ho trovato il coraggio di leggere qualcosa al riguardo solo molti mesi dopo la diagnosi e ricordo esattamente le parole usate per i casi specifici come il mio: 'la diagnosi peggiore'. Se lo avessi letto agli inizi penso che non ce l'avrei fatta”.

   

Isabella Di Leo, ora che ha sconfitto la malattia e realizzato il sogno di pubblicare il suo primo libro, è al lavoro anche su altri progetti. “Nei prossimi mesi sono in uscita una serie di libri dedicati ai bambini e agli adolescenti che verranno distribuiti gratuitamente nei reparti oncologici pediatrici”, racconta l'autrice. “Ho partecipato come soggettista e disegnatrice, la sceneggiatura invece è a cura Francesca Addarii, bravissima e giovane psicologa. In questi libri si aiutano i bambini ad affrontare il loro percorso di malattia, dando loro delle attività divertenti da fare e seguendo la storia dei protagonisti, mentre il libro per i ragazzi è più introspettivo, strutturato come se fosse un diario virtuale”. Un’esperienza simile a quella realizzata dai ragazzi del Progetto Giovani in cura al reparto di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori di Milano. Sotto la supervisione di Lorenza Guinelli, scrittrice e insegnante della Scuola Holden di Torino, e con il supporto grafico dei fumettisti di Mammaiuto Lab, i ragazzi hanno dato vita a sette storie con protagonisti eroi e i loro superpoteri, raccontando anche la malattia e il cambiamento affrontato a un certo punto della loro giovane vita. È nato così Loop. Indietro non si torna, pubblicato nel 2017 da Rizzoli Lizard, dedicato a un pubblico di adolescenti. Un pubblico 'difficile' per l'età piena di turbamenti e cambiamenti, messi oltremodo in difficoltà dalla malattia. Una graphic novel aiuta i giovani pazienti a tirare fuori il 'supereroe' nascosto in ognuno di noi, pronto ad affrontare e a sconfiggere la malattia con i suoi superpoteri oltre alle cure mediche.

 

E di malattia, in particolare di Alzheimer, parlava anche Rughe, graphic novel di Paco Roca pubblicato in Italia da Tunué nel 2008, dal quale è stato tratto un film di animazione nel 2011. Una storia emozionante che sa far anche sorridere. Una storia amara per le vicende che accadono al protagonista e a chi condivide con lui la malattia, che sa raccontare le vicende in maniera semplice e diretta. L'empatia è ciò che accomuna queste esperienze di vita raccontate attraverso il fumetto. Storie incredibilmente intense che sanno far riflettere e al contempo sorridere, così come la vita.

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