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Operazione “bassa fedeltà”. Perché il fumetto in teatro non delude

Sara Di Carlo

Graphic novel e palcoscenico hanno trovato un modo di dialogare. Che non lascia lo spettatore scontento: nessuna trasposizione dalla carta ma un prodotto nuovo. Il racconto dei protagonisti

Fumetto e teatro sono due linguaggi che sempre più di frequente dialogano tra di loro per mettere in scena qualcosa di magico, di insolito ma emozionante e coinvolgente. Alla base, certo, ci sono sempre delle storie ben scritte, senza le quali difficilmente si potrebbe proporre tutto ciò al pubblico. Ma portare un fumetto sul palco non è esattamente come portarlo sul grande schermo. Dimensioni e immaginario sono completamente diversi. Il tempo e lo spazio vanno abbattuti e ricostruiti. Se nel cinema è il regista che offre la propria visione immaginaria del tempo di un racconto, a teatro accade qualcosa di diverso, e il pubblico ne diviene parte essenziale. Ma come si porta in scena un fumetto? Non c'è una sola via, né una ricetta standard. Una prima risposta ce la danno Emanuele Vietina, Cristina Poccardi e Nicola Zavagli che per Lucca Comics and Games hanno realizzato due spettacoli (un terzo è in arrivo in autunno). Un'altra via è quella intrapresa da Eleonora Pippo, al debutto con il suo nuovo spettacolo tratto da un fumetto “non ancora disegnato”. Scrittura pura, futuristica e d'avanguardia, per due visioni completamente diverse.

  

“Abbiamo deciso di introdurre il teatro a Lucca Comics and Games: un festival internazionale di cultura popolare che vuole fare scoprire qualcosa di nuovo al pubblico”, racconta al Foglio Vietina, direttore generale di Lucca Crea. “Sperimentare, creare, essere all'avanguardia. È anche un modo per esprimere gratitudine verso i grandi autori di graphic novel contemporanei, rispettando il nostro patrimonio monumentale. Il coinvolgimento del Teatro del Giglio, dove nasce la sincronia tra il teatro e il nuovo storytelling, crea senso di comunità e appartenenza. L'abbraccio della platea e dei palchetti del teatro – che sono anche nel manifesto ufficiale dell'edizione 2019 che si svolgerà dal 30 ottobre al 3 novembre – è sicuramente un modo meraviglioso di mettere in contatto queste nuove forme di comunicazione con il patrimonio storico e culturale della città”.

  

La produzione teatrale per Lucca Comics and Games vuole rompere la barriera tra attore e spettatore, lasciando che creino insieme qualcosa di unico. Basta girare per le strade di Lucca nei giorni del festival, tra giochi di ruolo nelle piazze storiche e cosplayer che addentano un panino sotto la torre Guinigi, per capire che non si è semplici spettatori ma parte integrante di uno spettacolo dove tutti sono protagonisti. Nulla però avviene per caso. Vietina ha introdotto qualche anno fa la letteratura fantasy, con il format Voci di Mezzo, embrione teatrale nato dall'idea di Cristina Poccardi (produttrice teatrale, attrice e doppiatrice ma sopratutto collaboratrice culturale di Lucca Comics da oltre 20 anni). Un reading disegnato e musicato nel Teatro del Giglio, dove sono state messe in scena le più grandi saghe fantasy, da Harry Potter al Trono di Spade, dal Signore degli Anelli alla Storia Infinita, combinando il disegno dal vivo degli artisti del fumetto con le voci dei grandi doppiatori di film e serie tv. “Mi dispiaceva che, con lo sviluppo dei film, le nuove generazioni non ricordassero che dietro a un grande film c'è sempre un grandissimo libro”, spiega al Foglio Poccardi. Insieme a Nicola Zavagli (drammaturgo, sceneggiatore e regista) hanno realizzato nel 2017 Una ballata per Corto Maltese. Il primo vero spettacolo teatrale proposto da Lucca Comics è nato dalla volontà di rendere vivo il personaggio di un grande autore di fumetti, in dialogo con il suo pubblico. “Anziché allestire l'ennesima mostra dedicata a Hugo Pratt e a Corto, abbiamo optato per una collisione di linguaggi, sviluppando qualcosa di innovativo”, dice Vietina.

“L’adattamento è stato molto entusiasmante - ci racconta Zavagli – perché partivo dalla bellezza di una sceneggiatura che era un omaggio al grande cinema americano degli anni ’50 e naturalmente al romanzo d’avventura. Ho lavorato per ridurre la complicata trama concentrando il cuore della vicenda ai soli protagonisti principali. Mentre per restituire la seduzione delle tavole di Pratt, con Cosimo Pancini abbiamo trovato una soluzione semplice ed efficace: la proiezione video di alcune tavole, scelte in funzione sia narrativa che di ambientazione scenografica. E inserendo alcune animazioni per restituire le azioni sceniche più complesse come gli arrembaggi, le scazzottate e certe sequenze particolarmente suggestive. Emiliano ed Ennio Coltorti erano perfetti nel ruoli di Corto e Rasputin e altri attori provenienti dal mondo del doppiaggio davano un ironico sapore cinematografico allo spettacolo. Il pubblico ha risposto con entusiasmo”.

  

Nel 2018 un'altra sfida: mettere in scena Kobane Calling, la graphic novel di Zerocalcare. “Portiamo questo spettacolo, creato e nato per Lucca Comics, in diversi teatri italiani, tra un parterre che d'abitudine non mastica fumetto”. Si parte il 20 novembre 2019 da Grosseto (Teatro degli Industri - Fondazione Toscana Teatro). E poi al Puccini d Firenze, a Trieste, Siena, Roma. E ancora all'Arena del Sole di Bologna, a Napoli e Milano. “Il mio compito – conclude Zavagli – è realizzare prima un adattamento e poi uno spettacolo che possa essere amato dal pubblico e fedele all’originale. Ma non esiste una pozione magica per riuscirci. Ci provi e gestisci la paura. L’autore del fumetto deve gestire quella del tradimento. Zerocalcare alla fine è salito sul palcoscenico e si è preso la sua meritatissima dose di applausi, anche se dietro le quinte ha preso un foglio e ha schizzato una sua caricatura con un “Grazie! Ero terrorizzato!” e lo ha consegnato alla più giovane delle attrici della compagnia”. 

   

Nella prossima edizione di Lucca Comics, il Graphic Novel Theatre omaggerà Leo Ortolani, con il suo Cinzia. Il fumetto a teatro non è una trasposizione dalla carta al palco, ma un altro prodotto. E succede anche che svanisca quel senso di delusione che a volte percepisce chi guarda la rappresentazione di un fumetto al cinema, poiché il teatro è collettivo e partecipativo. Lo spettatore, al contrario di quanto succede in sala, non osserva l'adattamento di un romanzo proposto e confezionato dal regista, condivide il sogno attoriale e autoriale. Il teatro–fumetto, nella visione di Vietina, Poccardi e Zavagli, è un teatro di narrazione, essenziale ma corale. Minimalismo dei segni e simbolicità dei movimenti scenici, una grammatica di rumori. È un linguaggio sostanzialmente compartecipe, perché la visione del pubblico porta vibrazioni che modificano la performance dell'attore tutte le volte che calca il palcoscenico. Tra un'immagine, un movimento e un suono, è il pubblico che amplifica il tutto, assieme agli attori. Rispetto al cinema, è sempre qualcosa di unico: gli attori sono presenti fisicamente e si mettono in gioco con la loro emotività e creano una magia che si ripete ogni sera, ma in maniera sempre diversa. Lo spettatore non esce dalla sala scontento perché nessuno prova nemmeno per un secondo a ingannarlo: “Non c'è nessun riferimento visivo al fumetto”, spiega al Foglio Eleonora Pippo, regista e attrice. “Il pubblico può decidere di leggerselo, ma non c'è nessuna confezione, né illusione. C'è solo un tentativo di suscitare emozioni autentiche che, in un qualcosa di imperfetto, emergono sempre. Ad assistere ai miei spettacoli di fan del fumetto ne ho visti pochissimi, è un altro tipo di gusto”.

     

Tra i suoi tanti spettacoli, Eleonora Pippo ha realizzato anche Cinque Allegri Ragazzi Morti - il musical lo-fi, tratto dall'omonima serie a fumetti disegnata da Davide Toffolo negli anni '90, che poi ha dato origine anche alla rock band Tre Allegri Ragazzi Morti. Da quel materiale, la regista ha creato un musical “a bassa fedeltà”: nel senso di sporco, decisamente imparagonabile a uno spettacolo di Broadway. Anzi tutto l'opposto. Dopo questa esperienza, ci ha riprovato con Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra (in scena il 30 giugno all'ex convento di San Francesco a Pordenone) tratto dalla graphic novel di Ratigher, fumettista e direttore editoriale di Coconino Press. “Ho scelto di raccontare queste storie perché a mio avviso l'unico tema valido a teatro, in questi tempi in cui la comunicazione è così mutata e gli altri linguaggi arrivano più a fondo, è quello della morte. Sono una amante della narrativa a fumetti, di quel modo di raccontare attraverso brevissimi sketch, pochissime parole, immagini e suggestioni. Mi piace anche quel modo di essere lettore autodeterminato nei tempi di fruizione”, dice Pippo.

  

Se il cinema detta il ritmo di una storia, la lettura regala una dimensione individuale al fruitore, seppure sui binari di un immaginario già suggerito. “Mi piace l'idea di poter partecipare a un evento teatrale senza i tempi imposti dalla narrazione tradizionale ma con quell'andatura di spettacolo più libera, più vicina a una performance d'arte contemporanea, che non alla narrazione di una storia lineare”. Con questi tempi più diluiti e dilatati, emerge lo spettatore che riempie il vuoto che un linguaggio come il fumetto, portato a teatro, fondamentalmente lascia. Perché nel fumetto ci sono poche parole mentre il teatro sostanzialmente è composto di quelle. “Non svolgo un lavoro sulla drammaturgia, scrivendo un copione teatrale della graphic novel, ma – aggiunge Pippo – prendo quelle pochissime parole che ritrovo nel fumetto e le porto in scena esattamente come sono. Se il materiale è buono, come quello sul quale ho lavorato, non ho bisogno di altro. Quelle poche frasi lasciano dei vuoti che il pubblico può riempire con la propria vita. Quei vuoti portati a teatro, fanno nascere dei sentimenti che riempiono gli spazi. Ho trattato il fumetto, proprio come la poesia, dove non ci sono parole, ma input”.

    

“Il mio lavoro – spiega Pippo – è fatto di comunicazione, lavorando su tutto ciò che avviene prima dello spettacolo e nella creazione di un immaginario per lo spettatore”. I personaggi in scena sono interpretati da attori non professionisti, giovanissimi. C'è una struttura generale da seguire, ma ogni volta lo spettacolo viene modificato a seconda di chi lo interpreta. Le giovani attrici cambiano sempre e sono in numero diverso. Può sembrare destabilizzante ma è proprio questo lo spettacolo che ha in mente Eleonora. “Il format di base si modifica sulla relazione che si instaura tra le ragazze e il pubblico in sala, che è chiamato a partecipare attivamente, a interpretare dei ruoli”. Oggi Pippo sta lavorando a La Notte è dei Fantasmi: la sceneggiatura di Ratigher per un fumetto non ancora disegnato. Sarà prodotto dal Teatro della Tosse e debutterà il 20 giugno ad Asti Teatro Festival, per poi andare in scena di nuovo il 19 luglio al Kilowatt Festival a Sansepolcro. È la storia di due ragazzini che organizzano una festa e decidono di vendere le immagini di questo evento a un sito di guardoni nel deep web, ma un gruppo di teppisti e uno spettro irrompono al party costringendo a scegliere chi tra i partecipanti debba seguirli e di conseguenza morire. Sulla scena questa volta compare un karaoke, con musica e video che i ragazzi preparano e seguono per raccontare lo spettacolo. Niente prove, tutto è realizzato in diretta. Un lavoro che Eleonora Pippo mette in scena dopo solo nove giorni di lavoro. Il suo lavoro è basato sulla velocità e il raggiungimento di un obiettivo comune, tra la regista e le attrici in scena. Un modus operandi basato anche sulla disponibilità nel condividere mancanze ed emozioni.

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