Foto Imagoeconomica

Il glamour che fu

Michele Masneri

Marina Cicogna l’ha abitato e fotografato. Una vita pazzesca tra genealogie, fortune e sventure. Chiacchierata in cima a via Veneto

In cima a via Veneto c’è un Harry’s Bar, un bar incongruo che strizza l’occhio a quello veneziano: nessuno ha mai capito se c’entri qualcosa, alla fine qualcuno ci va per questo (è un ottimo tema di conversazione); sensazione comunque di finzione e glamour appannato. Si arriva al sesto piano, tra candele al bergamotto e coffee table book: subito ecco una vista violenta sui pini di Roma; ma non sembra Roma, è Central Park, è un tappeto grigioverde però con le cupole di rame in lontananza. Dove siamo davvero? E chi è, Marina Cicogna? E’ vera o finta? E’ ricca o povera? E’ giovane o anziana? Nelle interviste in cui l’hanno spremuta a dovere dice che è indigente, che ha fatto solo un lifting. Che ama uomini e donne. Eccola qui appollaiata su via Veneto: animale mitologico, più aquila che cicogna. Con mani che sono artigli affilatissimi, e ai piedi delle Hogan nere brillantate: a Roma un manifesto politico, per chi non ha complessi culturali. Le usava Domietta del Drago, per esempio.

Nelle interviste in cui l’hanno spremuta a dovere dice che è indigente, che ha fatto solo un lifting. Che ama uomini e donne

Altre foto: ovviamente Florinda Bolkan; Fiona Thyssen,“secondo me la più bella di tutti i tempi”, Giorgio Bassani con pipa

Sfogliamo un suo libro di fotografie, “foto, testi, strafalcioni di Marina Cicogna”. In copertina, “queste sono le mani di mia mamma, coi gioielli di Angelini, un artigiano pazzesco di Tripoli”. Dice “pazzesco” tante volte, con la e aperta, lombarda, “adésso” invece strettissimo, “nessssuno” con tante esse (voce nasale, ogni tanto sprofonda in un risolino di sospensione: è diventata una bambina). Si alza in continuazione per mostrare, avrebbero detto ai suoi tempi, una taille perfetta, e una postura che nonostante l’incidente rimane drittissima. Perché è appena caduta a Gstaad, sugli sci, il colmo per chi teorizzava da anni che la vecchiaia non esiste, e se esiste arriva proprio quando si deve abbandonare lo skilift.

 

La casa però non è certo il tinello di pòra nonna: è piuttosto quella di una trentenne newyorchese o di uno stilista, international style, lampade di Noguchi, sculture di Niki de Saint Phalle, due cicogne enormi, “erano di mio padre, sono cinesi”, ride, è uno sketch collaudato.

 

Il nonno era Giuseppe Volpi, poi conte di Misurata, imprenditore, uomo di Stato, forse ascrivibile in quella categoria molto evocata, “anche nel fascismo ci fu del buono”. Ministro delle Finanze, inventore della Biennale di Venezia, governatore della Tripolitania. Lei ha prodotto film, ha vinto Oscar (per “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, 1971), ha viaggiato, ha fatto due libri da fotoreporter davvero belli, meglio di tanti giovinastri più celebrati. Con didascalie spiritose in tre lingue. Uno sulle celebrità che infestavano casa sua, e poi soprattutto questo sulla Libia che era feudo di famiglia “ma la casa editrice è fallita, non si trova più”. “Idrìs era molto liberale e Tripoli una meraviglia, il cristiano stava accanto all’arabo senza nessun problema” (Idris era ovviamente il Re).

 

Questa casa di Tripoli era “un palazzo dei principi locali, i Karamanli: quando mio nonno lasciò il governatorato, mia madre la volle in eredità; amava molto soprattutto il giardino”. Le foto sono impressionanti e raffigurano un casone che era una specie di ambasciata italiana di bellezze (“ma no, no, solo che chi passava di lì veniva a trovarci, non c’erano molte case di quel livello in Libia”); lindi candidi tra la sabbia, cappelli di paglia, occhiali da sole, languore. Tra Guadagnino e Bertolucci e un Visconti giovane (tra le tante, si vede il regista di “Morte a Venezia” che aleggia su Florinda Bolkan e Helmut Berger, stealing beauty come un insetto).

 

Petit déjeuner in diciotto, seduti, sotto un portico: Jeanne Moreau, Pierre Cardin, Brando Brandolini, Debo Devonshire, (la più piccola delle sorelle Mitford, nonna di Stenna Tennant) e “Nancy, con un ombrellino”. Ma come era possibile? “Erano amiche di mia madre, Nancy passava estati intere a Venezia, la invitò a casa una volta e poi passò molte estati con noi. Era un po’ complicato perché c’era anche la sorella Diana, l’amante di Mosley, il fondatore del partito fascista inglese, nella cabina accanto: e mia madre disapprovava”. E poi inviti ricambiati, a Londra, “solite magioni con moltissime stanze e pochissimi bagni, e dunque la mattina c’era sempre questa piccola processione con Cecil, Diana Cooper, tutti con un asciugamano e lo spazzolino da denti in mano”.

 

“Questo breakfast mi sembra che fosse prima o dopo il matrimonio di mio fratello”, il lutto della vita sua, Ascanio detto Bino, produttore anche lui, di classici come “C’era una volta in America” e “Il dottor Tersilli”. Suicida col gas. “A Sankt Moritz la moglie del proprietario del Palace mi fece il tema astrale e disse che la mia vita sarebbe cambiata completamente in peggio, perché il mio ascendente passava dai Gemelli alla Bilancia”. Non ci crede neanche lei, o forse l’ha solo raccontata troppe volte.

 

Altre foto. Henry Fonda con la quarta moglie, Afdera Franchetti, appoggiato a una palma. “Lui faceva yoga tutte le mattine, non mangiava porcate, è stato il primo che ho visto fare questa vita, che oggi è normale”. Se non ci fossero le immagini la si crederebbe mitomane. Cecil Beaton con sua madre Annamaria Cicogna, all’arrivo a Leptis Magna, il sito archeologico che il governatore Volpi aveva fatto scavare, “Il più maestoso luogo romano del Mediterraneo, costruito da Settimio Severo”. Ma appena si scende tra dolore e cultura, due cose che si fanno ma non si dicono, si alza, fa uno scarto, si risiede.

 

“Ah, questa è una coppia stupenda, Jeanne Moreau e Pierre Cardin. Lei era completamente pazza, un giorno mi disse che sarebbe salpata per prendere il piroscafo Liberté, perché lì sopra stava Cardin, e io le dissi che era matta: Piero, che era veneto, era gayssimo, mai una donna in vita sua, era sposato con uno praticamente. Ma lei niente, parte, gli sconvolge la vita, si mettono insieme parecchi anni”.

 

“Lui aveva fatto un sacco di soldi inventandosi le licenze, è stato il primo a vendere in Cina, in Giappone. C’era ancora in vita Coco Chanel, e quando fummo tutti invitati a una pazzesca festa a Parigi, disse – lei lo parla il francese?”. Sì. “A mon époque on allait pas dîner chez nous fournisseurs, non si andava a cena dai fornitori” (e ride). “Ma era anche lei fornitrice!”. “Poi Jeanne di nuovo impazzisce, lo lascia e si mette con Tony Richardson, rubandolo a Vanessa Redgrave”. “Cardin disperato”.

 

Altre foto, ovviamente Florinda “conosciuta a Parigi, con un gruppo di brasiliani che erano appena stati a Palm Beach dai Kennedy”. Vabbè (poi, quando la sospensione dell’incredulità sta per svanire, arriva una telefonata e segue lunga conversazione in portoghese stretto. “Ah, Rio, certo, è la mia città preferita”, dice). E i pini di Roma ritornano subito Central Park.

 

Altre foto, ancora Florinda e Berger, adolescenti, sulla sabbia, bellezza quasi tossica. “Anne-Marie Deschodt, che secondo Gianni era la donna più bella dell’epoca. Aveva sposato Louis Malle, che fu poi naturalmente un ottimo regista, ma che era soprattutto una delle grandi fortune di Francia. Zucchero”. “Fiona Thyssen, lei secondo me la più bella di tutti i tempi. Per un minuto è stata la modella più quotata al mondo. Poi ha sposato Thyssen”. Giorgio Bassani, con pipa. “Giocavamo sempre a tennis e voleva sempre vincere. Grande scrittore ma antipaticissimo, presenzialista, con tutte quelle cose di Italia Nostra, a un certo punto voleva presiedere tutto”.

 

Timidamente: ci sarà qualcosa di questo livello oggi nel mondo, a livello di glamour? Non alza manco la testa dal libro. “Ma no, ovvio”, discorso chiuso. “Vede, tante foto sono mosse, non sono certo una fotografa professionale”. Però la contemporaneità le piace. “Guardi qui, questa è Cher! Qui sono con Hilary Swank”. Delusa dalla mia reazione: “Ah, ma a lei le piacciono le cose antiche, di libri, l’ho capito”. Sono io il vecchio, chiaramente. Marella. E’ andata al funerale? “Ah, no, ce n’è stato uno ma era di casa, quindi no, non sono andata”. “Lei era molto di sinistra, come tutti i Caracciolo, non c’entrava niente con Gianni: lo chiamava l’ultimo dei mohicani; però alla fine si amavano molto, come altre coppie in apparenza squinternate, Come Paola e Alberto” (pausa) “del Belgio” (per vedere l’effetto che fa). “Ma lei era di un altro mondo, i suoi amici erano Niki de Saint Phalle, che mi ha fatto questa lampada, vede? O Intellettuali: lei era cresciuta in una famiglia molto per bene, aveva interesse e ammirazione per questo genere di persone, molto meno per le mondanità”. Pare un giudizio morale. Aneddoto immancabile su Gianni, in Costa Azzurra, che caccia via tutti gli amici di lei romani, “qui bisogna vuotare completamente la casa, arriva domani Adlai Stevenson, uno che doveva diventare presidente degli Stati Uniti” – ride – “e io non voglio fare brutta figura”. A Leptis Magna invece un grande bassorilievo con un fallo gigante dotato di zampe e coda, che “Gianni diceva portasse fortuna”.

 

Di sicuro i Volpi hanno avuto le case più belle d’Italia. Quella palladiana di Maser: sua la foto di Margaret d’Inghilterra in visita, alla guida il marito lord Snowdon; e poi quella di Sabaudia. “Ah, ma Sabaudia non è mica un granché. Tomaso Buzzi, l’architetto, non la fece molto bella. Però sa cosa mi piace? C’è un’entrata per le auto, di mattoni, un sottopassaggio che è la cosa più bella della casa. Ma il resto sono dei loculi. Camerette con dei bagnetti, dei materassini, dei lettini durissimi. Non so come facesse Lily Volpi, che era molto grassa”.

 

Lily Volpi, leggendaria socialite, fu la seconda moglie di suo nonno. “Pied noir, si chiamava Nathalie el Kanoui, algerina, simpatica. Fece fare quella assurda casa sulla spiaggia perché non aveva potuto ereditare Maser, che andò invece a mio zio Giovanni. Le rimase qua”. Margaret? “Antipatica, ma lì era contenta, si era appena sposata con quel Tony Armstrong-Jones”. Gayssimo anche lui? “Mah, no, medio, un po’ come tutti gli inglesi: poi si è risposato, ha avuto tante donne”.

 

Lily Volpi “faceva parte di quel gruppo di dame quasi tutte mediorientali che sposarono gli italiani, come Isabelle Colonna che era una Sursock, libanese, ed ebbe il più importante salotto di Roma”. “Ah, il Libano, che meraviglia, si può andare la mattina a sciare e il pomeriggio al mare, a nessuno viene in mente”, gorgheggia. Per quanto anche la California: “Ah, sì, certo. Nei miei anni c’erano soprattutto attori inglesi, sa, per sfuggire alla tassazione. Però ha notato anche lei che succede quella cosa strana in California? La prima volta pensi che sia il paradiso, la seconda ti piace molto, la terza vuoi fuggire. Ha qualcosa di troppo remoto. E’ troppo lontana”.

 

Il nonno era Giuseppe Volpi, poi conte di Misurata, imprenditore, ministro delle colonie, inventore del Festival di Venezia

Ha prodotto film, viaggiato, ha fatto due libri da fotoreporter. “Ah, questa è una coppia stupenda, Jeanne Moreau e Pierre Cardin”

Ma la storia di Marella che andava da Lily Volpi a imparare l’arte della casa? “Mah, mi sembra una cosa senza senso, Lily urlava coi camerieri, non era certo un modello di grande disciplina casalinga, credo Gianni non la considerasse un esempio. Forse l’avrebbe mandata da Isabelle, lei sì che era brava. Certo, erano tutte abbastanza tremende, trattavano malissimo i domestici.

 

A Venezia si andava al mare, si andava al cinema e si andava ai balli. “C’erano le prime cabine, quella di mia madre e quella di Lily, ma io non andavo mai al ballo Volpi, l’evento di ogni anno, perché sapevo che mia madre non aveva piacere. Non si erano mai parlate, lei non avendo mai preso bene il secondo matrimonio di suo padre con questa donna. Ma era il 1960, c’erano le Olimpiadi, c’erano tutti. Così un giorno, al Lido, Lily va da mia madre, che si sta asciugando, e le dice: ‘Bonjour Annamaria, vorrei che sua figlia venisse al ballo’. Io ho una foto in cui danzo con Porfirio Rubirosa”. “Poi non si sono mai più parlate fino alla morte”.

Sono storie di quando il jet set nasceva, letteralmente. “I Niarchos furono i primi ad avere un aereo privato: Stavros aveva un Dc3 con cui venne giù a Tripoli e poi ci dette uno strappo fino a Gadames, un sito che avevo sempre voluto visitare, un’oasi molto a sud. Attraversammo immense distese di deserto, poi all’improvviso comparve per miracolo la visione di un giardino verdissimo al cui centro si ergeva un piccolo, candido villaggio”. “Niarchos era seccatissimo, faceva troppo caldo, voleva tornare in piscina”. Nelle foto: Brando Brandolini e Cristiana Agnelli, con un vestito a fiori, le mani incrociate dietro la vita, che guarda perplessa dei bambini che fanno il bagno in una fontana. Irene Galitzine e il marito. Franco Rossellini e l’allora fidanzata Ljuba Rosa non ancora Rizzoli. Jacqueline de Ribes, che Visconti avrebbe voluto come duchessa de Guermantes per la sua impossibile Recherche. Due sciure milanesissime, seccate forse per la polvere: Emilia Brichetto Arnaboldi, madre di Letizia Moratti, e Anna Bonomi Bolchini. Fulco di Verdura, mitico disegnatore di gioielli, “l’italiano più divertente di New York”. Narra la leggenda che morì per incidente stradale, a Londra, esalando un “sixtyeight!” quando il poliziotto disse: età apparente “seventyeight”. Il fidanzato portò le ceneri in Italia, disse “ashes” alla domanda doganale su cosa contenesse l’anfora, capirono hascish e fu arrestato.

 

Cala il tramonto. “Roma” sospira. “Alla fine poteva scegliere tra essere medio oriente o Parigi. Ha scelto di essere medio oriente”. A differenza di Roma, lei però cambia in meglio. E’ più bella adesso di cinquant’anni fa. “Diceeee?”. Eh, sì. Ha fatto delle migliorie? “Mah, no, non sostanziali. Non è che mi sono rifatta i connotati”. E poi i capelli. “Eh, i capelli sono importanti. I capelli aiutano”. “Non vuole vedere questa foto con Hilary Swank? Pazzèsca”; non demorde. Allora la si fa felice, “si sieda che le faccio io una foto”: e lei si mette tutta contenta a cavalcioni sul divano, come una teenager, come un cowboy in un film di Hollywood. Comunque, davvero “pazzèsca”.

Di più su questi argomenti: