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La saga delle Mitford Girls

Michele Masneri

Sei sorelle, élite e bizzarria inglesi: naziste, romanziere, in tailleur tra le galline. Il romanzo di Mary S. Lovell tradotto in italiano

A chi si chiedesse ancora a che servono le élite basterebbero i fatturati, il merchandising e l’indotto che ancora generano le sorelle Mitford. Erano sei, Nancy, Pamela, Diana, Unity, Jessica e Deborah, la prima nata 115 anni fa, l’ultima morta da cinque, e anche adesso postume continuano a produrre libri e mitologia. Per Neri Pozza è andato da poco in libreria “Le sorelle Mitford”, traduzione di una classica biografia di Mary S. Lovell delle figlie del secondo barone Redersdale, insieme a un nuovo episodio dei “Delitti Mitford”, fortunato filone aristothriller ideato da Jessica Fellowes (nipote di Julian, inventore di Downton Abbey, che molto deve alla famiglia). Le sorelle Mitford, che fossero naziste, romanziere, che indossassero tiare di diamanti per far celebri foto nutrendo galline, hanno creato immaginario da esportazione almeno al pari dei Beatles. Nancy, la prima, fece libri spassosi e abili su infanzie di campagna, parenti fascisti, zii farlocchi in ambasciate parigine. Non aveva fatto altro insomma che prendere la sua famiglia e mettercela dentro. Autrice di titoli come “Non dirlo ad Alfred” o “Amore in un clima freddo”, era nata in una famigliola della più pura eccentricità inglese. I suoi genitori erano piccoli aristocratici legati a rendite modeste e idiosincrasie gentilizie. La madre Sydney, leggendaria economa, aveva trascorso gran parte dell’infanzia in mare, sulle navi del padre armatore.

 

Il diario di bordo, pubblicato, fornisce dettagli sulle terribili tempeste, sopportate con stoicismo dai quattro bambini orfani di madre mentre la governante e la domestica erano prostrate dal mal di mare. Le rimarrà un amore per la vela e per la pulizia (anche il marito David era ossessionato dal pulito e sbroccava per le briciole: cacciò di casa la cugina moglie di Churchill perché aveva osato sbriciolare a tavola). David, secondogenito del barone Redersdale, un editore di riviste, aveva vita e rendita grama e si imbarcò per Ceylon per tentare l’avventura di coltivatore di tè, poi cercò fortuna con le miniere nell’Ontario, dopo aver tentato senza successo di occuparsi dei giornali di famiglia (ma poi tornò e si dedicò soprattutto alla caccia ai topi nelle fatiscenti redazioni, con una mangusta, come usava nelle colonie). Abitavano un maniero fatiscente con fantasma, ereditato insieme al titolo all’improvviso quando il fratello primogenito muore (ed è subito Downton).

 

Nancy, la prima, fece libri spassosi e abili su infanzie di campagna, parenti fascisti, zii farlocchi in ambasciate parigine

Il nuovo Lord riluttante era un gran pattinatore, e trasmise la passione alle sei figlie, più volte richieste di entrare nella nazionale inglese (ma non si fece mai, pareva sconveniente per delle signorine dabbene). Andava in chiesa, la domenica, nella tenuta di Swimbrook, e verificava che il vicario non si prendesse delle libertà con la liturgia del messale infilando una composizione moderna tra gli inni tradizionali che lui stesso sceglieva (“Non vogliamo quelle dannate melodie straniere, troppo complicate”), e controllava che il sermone durasse dieci minuti esatti, misurati con il cronometro. Ma la sua attività principale fu generare le sei Mitford girls (copyright del poeta John Betjeman, che fece a lungo la corte a Pamela, “Pam”, detta “the quiet Mitford”), crescendole con troppe letture e tate variegate, contagiandole con humor involontario e parenti suonati, oltre che coi geni Mitford (leggendari occhi azzurri e pelle diafana).

 

Deborah (Debo), la più giovane delle sorelle, diventerà duchessa del Devonshire e role model dell’aristocrazia coi suoi tailleur Chanel tra le galline. Fu istruita ad allevarle dalla madre, che andava a vendere uova ai ristoranti londinesi per integrare la misera rendita di famiglia. La passione di mamma erano i libri contabili: blu, immancabilmente con cifre dorate in copertina, e far quadrare i conti la sua missione (infatti “Debo” prese in mano una delle tenute più sgangherate d’Inghilterra, Chatsworth House, 300 stanze, nessun bagno, e l’ha trasformata in una attrazione turistica da 500 mila visitatori l’anno). Ha scritto diversi libri anche lei, partecipando a quella “Mitford Industry” celebrata in Gran Bretagna.

 

Le più matte erano Diana e Unity. Diana era la più bella, “l’unica di noi ad avere una faccia”, dicevano le altre. Sposò benissimo: Bryan Guinness, della famiglia della birra, una delle grandi fortune inglesi, accorciando il tempo del fidanzamento grazie a una strategia collaudata, tenere il muso sei mesi senza parlare più a nessuno, in casa, e alla fine i parenti pur di liberarsene la autorizzarono. Diana e Bryan erano giovani, intelligenti e belli, sfavillanti nella Londra degli anni Venti. Frequentavano scrittori e magnati, il jet set prima dell’invenzione del jet: i Cunard, gli Astor, Duff e Diana Cooper; Lytton Strachey e la sua amante Dora Carrington, John Betjeman e Noël Coward. La madre come regalo di nozze le procurò subito un libro dei conti blu, con le iniziali dorate, tutto suo, ma la suocera quando lo vede dirà “che barbarie!” di quella nuora risparmiosa. Nancy prende spunto da tutto e mette tutto nei romanzi, ma non solo lei: l’amico Evelyn Waugh campa praticamente coi personaggi di casa Mitford.

 

 

Oltre al barone Redersdale, un solo maschio in famiglia. Per Neri Pozza è andato da poco in libreria "Le sorelle Mitford", traduzione di una classica biografia Mary S. Lovell (Foto Wikipedia)


Ai balli delle debuttanti, Unity si presentava con la sua biscia al collo. S’infatuò di Hitler, diventarono intimi. Scoppiata la guerra, si uccise

 Da “Corpi vili” e “Ritordo a Brideshead” sul mondo che ruota attorno alle sorelle, al fratello Tom (c’è anche un fratello, ma poco rilevante) e ai loro amici. C’erano “i due Evelyn”: Evelyn-lui, che è Waugh, e Evelyn-lei, che è Gardner, e si sposano. L’amicizia con Evelyn-lui però finisce, perché è troppo geloso di Diana, adorata da tutti gli uomini della meglio società (anche il matrimonio con Evelyn-lei finisce, essendo lui molto gay). Nelle case come si vuole sempre sottoriscaldate dei Mitford arrivano intellettuali e dandy londinesi e il padre molto ruvido non gradisce questi che chiamano la guerra boera la bore war, la guerra noiosa, e si alzano a mezzogiorno. Li chiama “sewer!”, fogna, e per molti anni essere “fogna di Swimbrook” (dal nome della tenuta Mitford) era diventato un vanto in società (ma il padre gli diceva, a questi: ma non ce l’avete una casa?). Il padre pattinatore burbero avendo ereditato il titolo di Lord si recava alla Camera, e dovendo scegliendo una carica aveva optato per la presidenza del Comitato delle Tubature di Scarico, che cercava di migliorare l’antiquato impianto idraulico dell’edificio parlamentare. Le figlie, che lo adoravano, gli scrivevano lettere intestandole al “Geometra Redersdale”.

 

Jessica (Decca) è la comunista. In campagna si annoiava molto, e fin dall’infanzia mise su un conto “Fuga da casa”. Andò in banca. “Gentile signorina”, le rispose il direttore, “le confermiamo la ricezione dei suoi dieci scellini per l’apertura del suo Conto Fuga da Casa. Troverà qui incluso il libretto n. 437561. Restiamo a sua disposizione e le formuliamo, signorina, distinti saluti. Banca Drummonds”. Il conto “Fuga da casa” le venne utile poi a diciassette anni quando conobbe il cugino Esmond Churchill, nipote del primo ministro, e con lui fugge per la guerra di Spagna. I due scappano insieme senza dir nulla, prelevando tutti i soldi, pretendendo di sposarsi, ma sono minorenni. Tramite Churchill, il ministro degli Esteri Anthony Eden permise ai Mitford di andare a riprendersi la figlia a bordo di un cacciatorpediniere della regia Marina. Eden mandò anche un telegramma personale al console a Bilbao: “Trovi Jessica Mitford e la persuada a tornare”.

 

Altri telegrammi al giovane Churchill: “Miss Jessica Mitford è incapace di intendere e di volere. Se la sposa sarà arrestato!”. I giornali erano felici: “Il console dà la caccia alla figlia del Lord”, “Le spaesate ragazze Mitford disorientano l’Europa”. Il Daily Express fece confusione tra le sorelle e affermò che fosse stata Deborah Mitford a scappare. Debo li denunciò per diffamazione e ottenne mille sterline, che spese per comprarsi una pelliccia. Decca poi – oltre a scrivere due libri di grande successo, pure lei – avrà una seconda vita americana, sposando un attivista politico, e poi come popstar protagonista del gruppo “Decca and the Dectones”. Morì a San Francisco, dove s’era stabilita, nel 1996. In un articolo apparso il giorno della sua morte sul Chronicle si legge che “in questa strana èra della diversity, lei era davvero il più raro degli uccelli, una creatura esotica”.

 

Diana, un po’ matta e la più bella, si sposò benissimo: Bryan Guinness, della famiglia della birra, una delle grandi fortune inglesi

Ma quando Decca partì per la guerra di Spagna i poveri genitori Mitford erano già provatissimi dalle avventure della nazista di casa (o meglio, la più nazista): Unity, anzi Unity Walkyre, non si sa per quale motivo destinataria di questi nomi, che lei interpretò come carmici, essendo stata oltretutto concepita a Swastika, oscura località nell’Ontario dove il padre a un certo punto s’era trasferito per far fortuna con le miniere. Era stata sempre assai bizzarra. Ai balli delle debuttanti si presentava con Enid, la sua biscia, attorcigliata al collo. Poi, fatalmente attratta dalla camicia nera: comincia a fare il saluto nazista anche all’ufficio postale, finalmente riesce a partire per la Germania, dove si insedia nella pensione di frau Laroche (molto Cabaret) e inizia a fare stalking a Hitler che va a mangiare ogni giorno all’Osteria Bavaria. Riesce finalmente a vederlo, a parlarci. “E’ il giorno più bello della mia vita”, racconterà alle sorelle. Diventano intimi (lui forse anche interessato al fatto che lei è parente stretta di Churchill). Lei diventa migliore amica del Führer, che la prende a benvolere ma non capisce bene le regole dell’aristocrazia inglese: siccome lei si chiama Mitford e non Reverdale come secondo lui dovrebbe (essendo figlia del barone Reverdale), le dice: “ah, povera ragazza”, desumendo sia una figlia illegittima. Si affeziona. Se la porta alle Olimpiadi di Monaco e al festival di Bayreuth facendola sedere accanto a Eva Braun.

 

Evelyn Waugh campava praticamente coi personaggi di casa Mitford. Jessica è la comunista: ha un conto “Fuga da casa”

 Si fanno tante confidenze: parlano del segreto della pelle Mitford (la pioggia inglese), e il Führer si esibisce nei suoi cavalli di battaglia: mimare l’atto di arrotolare con gran cura e fumare una sigaretta, o imitare Mussolini che cammina impettito, sbraita con una spada di cartapesta che estrae dal fodero e brandisce con gesti esagerati. Unity diventa un personaggio, fa discorsi di piazza, ottiene titoli di giornale: “La figlia del Lord che odia gli ebrei”. In Inghilterra sono tutti orrificati ma lei finalmente è una figura pubblica: tutti devono notarla per forza (finalmente, dopo una vita nell’oscurità delle sorelle più dotate). La famiglia Mitford, in visita in Germania, non rimane particolarmente colpita da Hitler. Con la madre il Führer non si trova d’accordo su niente tranne che sui benefici del pane integrale; a casa Mitford vigevano del resto regole dietetiche elaborate, niente molluschi, maiale, coniglio, lepre. Uno zio Geoff scriveva continuamente lettere al Times contro l’uso dello zucchero, e compose dei saggi collegando il declino dell’Inghilterra all’introduzione del latte pastorizzato (altro materiale per romanzi). Nancy sfotte la sorella nazista dicendo di avere svolto delle ricerche genealogiche e scoperto l’esistenza di una bisnonna Fish, il che significava che erano ebrei per un sedicesimo. Quando ricevono un invito da Joachim von Ribbentrop, diventato ambasciatore a Londra, Nancy declina con un biglietto scritto in yiddish.

 

Accanto a Unity nello sbrocco nazista c’è Diana, la sorella apparentemente più riuscita delle Mitford, “l’unica con una faccia”, che però a un certo punto avendo un’esistenza assolutamente perfetta – un titolo, ricchezza, un marito bello e liquido – distrugge sistematicamente tutto. Conosce sir Oswald Mosley, il fondatore del partito fascista britannico, uno strano personaggio: uno dei giovani politici più brillanti del suo tempo, tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta. Una specie di Salvini. Il più giovane deputato d’Inghilterra, eletto nei conservatori e poi passato ai laburisti, e poi fondatore di un suo partito, il “New party”, poi estremizzato nella British Union of Fascists. Bello e interessante (vabbè, non proprio Salvini), aveva sposato la figlia miliardaria di Lord Curzon, anche lei deputata, e si ergevano a paladini anti élite. Diana Guinness con fiuto inesorabile si butta su questo personaggio: nel ‘32 lo incontra a una festa, diventano amanti, divorzia dal marito gettando tutti nella costernazione. Per sovrappiù di sfiga, la moglie di Mosley muore di peritonite, che “il popolo” scambierà per crepacuore. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale Diana si farà tre anni di carcere per collaborazionismo ma non abiurerà mai (“sarebbe facile farlo oggi, ma non avrebbe senso”). Per Unity andrà peggio. Aveva sempre detto che se i suoi due paesi, la Gran Bretagna e la Germania, si fossero fatti guerra, si sarebbe sparata. Il 3 settembre del ‘39 il console inglese a Monaco la informa che Londra ha dichiarato guerra al suo amato Hitler. Lei prende la pistola che porta sempre con sé (manico di madreperla, forse dono del Führer), e lo fa.

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