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I libri sui libri sono diventati cupio dissolvi e poco più. Sorokin incluso

Marco Archetti

La cultura è condannata a sopravvivere alla sua fine

L’odore di Cechov? Mogano essiccato, tabacco da pipa, liquirizia e squalo essiccato. L’odore di Kafka? Legno di quercia e piombo. L’odore di Dickens: ruggine, mele ed escrementi di gatto. L’odore di Nietzsche? Pelo d’asino. L’odore di Sade: Alghe marine e trementina. L’odore di Tolstoj? Pastilà di mele e bile d’orso.

  

Géza è un professionista e queste cose le sa. Gira l’Europa a chiamata, è un book’n’griller, e là dove richiedono, pagando a peso d’oro, la sua straordinaria competenza di biblio-piromane, là lo troverete. Competente e mondato di ogni strascico da jet lag grazie a una delle tre pulci intelligenti di cui dispone (quella in grado di stabilizzargli il sonno, definitivamente andati i tempi della melatonina a garganella), davanti agli occhi ammirati di una coppia di criminali italo rumeni o di altre variopinte famiglie della mala internazionale, lo potrete ammirare mentre, con la sua Excalibur gira pagine, è intento ad attizzare il fuoco di una pregiata e rarissima prima edizione (di cui conosce alla perfezione provenienza, tipo di carta e caratteristiche di rilegatura) per preparare le rinomate specialità che vanno ormai per la maggiore: carré di agnello alla don Chisciotte, bistecca di tonno alla Moby Dick, usignoli alla Puskin, testicoli di cavallo alla Majakovskij o musetto alla Pasternak. Del resto funziona così nell’Europa post bellica di questo imprecisato e non lontano futuro di cui Sorokin immagina le trasformazioni: la pressione del mondo islamico ha messo a ferro e fuoco mezzo continente e i ricchi malviventi compromessi con la politica, nel tempo libero, per festeggiare ricorrenze o semplicemente per togliersi uno sfizio, commissionano manicaretti sofisticati ai cuochi della cucina più à la page che esista.

  

L’idea che sta al centro di “Manaraga, La montagna dei Libri” (Bompiani), il nuovo romanzo di Vladimir Sorokin, parte proprio da qui, da una scintilla di commistione simbolica tra l’idea del rogo dei libri e l’attuale preminenza culturale dei cuochi, onnipresenti e onnipredicanti maître à penser – in quattro salti, dalla padella alla metafisica. Il mondo prefigurato e raccontato attraverso le parole di Géza, il nostro chef eroe e smaliziato aforista transoceanico (“se lo ami davvero, un libro sa darti tutto il suo calore”, dice; poi a pagina 7 dà del mediocre a Maksim Gor’kij), è attraversato dal freddo orrore che caratterizza ogni romanzo presagio di questo tipo.

  

Con la sinistra oggettività di chi all’orrore si è già abituato e ne ripercorre le traiettorie a posteriori, ci racconta di come il grill dei libri sia stato di fatto accettato nonostante le iniziali resistenze – “naturalmente gli uomini cercavano di proteggere il loro retaggio culturale” –, di come la vita digitale abbia inevitabilmente polverizzato qualunque valore concreto, e di come ovviamente l’idea di cultura non esista più, sostituita da una rete di pulci intelligenti capaci di rendere edotto chiunque, in tempo reale, su qualsiasi argomento (conoscere tutto e non sapere nulla, prospettiva già in piena affermazione).

   

La diavolina che ha acceso l’idea del romanzo sta proprio in questi terribili naturalmente, inevitabilmente, ovviamente, e qualche brivido lungo la schiena lo fanno correre, soprattutto quando descrivono il nuovo assetto mondiale.

  

Purtroppo il romanzo non riesce a essere altro che questo: una buona idea che suona sempre lo stesso accordo. Col risultato che l’epilogo nel cuore della Montagna dei Libri – oscura forgia di losche riproduzioni e grande deliquio di resa – non ci serve quel piatto freddo dell’orrore tanto atteso, ma un fanta epilogo un po’ slombato e poco cotto, che preferisce immergere il lettore nel cupio dissolvi e non nel vero dramma: quello di una cultura condannata a sopravvivere alla propria fine. Discorso a parte meritano il capitolo su Bulgakov e il suo bellissimo salto mortale: i manoscritti non bruciano, ma cosa succederebbe se per una volta non bruciassero nemmeno i libri?

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