Christophe Guilluy

Le vere rovine della classe media

Giulio Meotti

Guilluy racconta il terremoto populista con la “fine della società”

Roma. “Non esiste una cosa come la società. Esistono solo gli individui e le famiglie”. Nell’autunno del 1987, Margaret Thatcher diede un’intervista a Women’s Own, una rivista che di solito pubblicava ricette e modelli di maglieria. Fu a dir poco strano trovarvi una dichiarazione di dottrina politica, ma quel “non esiste una cosa come la società” si distingue, ancora un quarto di secolo dopo, come una delle tesi più famose (ed esecrate dai suoi avversari) della Lady di ferro. Secondo Christophe Guilluy, si trattò di una autoprofezia. Lui è uno dei “sismografi” più famosi di Francia, ma gli spostamenti di faglia che studia non si misurano con la scala Richter, ma in trend culturali e sociali. “Fracture françaises” e “La France périphérique” sono i bestseller in cui Guilluy avrebbe mostrato l’esistenza di due paesi in via di separazione, le aree metropolitane e l’immensa provincia. Adesso Guilluy torna a interrogare l’opinione pubblica con un altro libro in uscita per Flammarion. “No society”. E il sottotitolo: “La fine della classe media occidentale”.

 

“L’osservazione della Thatcher descrive l’impasse in cui ora sono immersi tutti i paesi occidentali”, scrive Guilluy. “La società è finita”, scrive Guilluy, e al suo posto è subentrato “il caos della società relativa”. Ed è finita assieme al suo bastione, la classe media. “Nel 1994 lo storico Christopher Lasch ha evocato la secessione delle élite. Questo processo si è rivelato ancora più radicale”. Guilluy descrive il tracollo della società: “La crisi della rappresentanza politica, l’atomizzazione dei movimenti sociali, l’arroccamento della borghesia, le classi popolari e il comunitarismo, tutti segni dell’esaurimento di un modello che non fa più società”. E poi “la diserzione della borghesia, il collasso dello stato sociale, le tensioni fra identità e paranoia”. La tesi è suggestiva: “L’ondata populista che attraversa il mondo occidentale è solo la parte visibile” di un fenomeno più profondo, “le rovine della classe media occidentale”. Finora si è imposta “una rappresentazione sociale politicamente corretta, quella di una maggioranza inclusiva e di una minoranza di esclusi che, grazie alle politiche benevoli di inclusione, ne avrebbero beneficiato. E’ una favola per bambini, rassicurante per le società occidentali sempre più infantilizzate”. Sulla classe media è passato sopra l’elefante nel negozio di cristalleria: l’invecchiamento e la denatalità che colpiscono tutte le democrazie occidentali. A “tirare” la demografia, infatti, era sempre stata non la upper, ma la middle class. E questa, da tempo, riempie più cimiteri che culle. Come se avesse perso anche la propria legittimità fisica.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.