“Io ovviamente non sono Solgenitsin, ma questo mi priva forse del diritto di esistere?”. Scacco matto in tre mosse. Niente di strano: lo scrittore russo Sergei Dovlatov aveva riflessi fulminei, denti per qualsiasi pane, schiocchi di lingua capaci di sfidare ogni retorica, pertanto affrontò senza perdersi in chiacchiere anche la spinosa questione della propria specificità letteraria. Lo fece nel bellissimo e imprevedibilmente comico Regime speciale, romanzo che solo in modo sommario si potrebbe definire “di prigionia”, difendendo la visione del...
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